Ergastolo e sei mesi di isolamento diurno. È questa la condanna emessa dalla prima corte d'0assise d'appello di Roma nei confronti di Romulus Nicolae Mailat, il romeno accusato per l'omicidio di Giovanna Reggiani, la donna aggredita e ammazzata a Roma il 30 ottobre 2007 nei pressi della stazione ferroviaria di Tor di Quinto. Accolta la richiesta del sostituto procuratore Alberto Cozzella che voleva un inasprimento della condanna di primo grado. In primo grado, infatti, i giudici ridotto la pena a 29 anni di carcere concedendo qualche attenuante per la sua giovane età di Mailat (oggi 29enne) e il suo essere incensurato.
NESSUNA ATTENUANTE - Mailat in primo grado venne condannato per omicidio, rapina e violenza sessuale. Di fronte ad una richiesta di ergastolo fatta dal pubblico ministero Maria Bice Barborini, i giudici decisero che Mailat nonostante l'odiositá del crimine commesso potesse ottenere qualche attenuante se non altro per la sua giovane età e l'incensuratezza. Ciò determinò una condanna a 29 anni di reclusione. Il procuratore Cozzella, però, ha chiesto di nuovo l'ergastolo: nessuna attenuante deve essere riconosciuta al rumeno perchè il fatto contestato è di una gravità e crudeltà inaudite. I giudici d'appello gli hanno dato ragione: Mailat è stato condannato all'ergastolo perchè gli sono state revocate le attenuanti generiche riconosciute in primo grado. La Corte ha condannato l'imputato anche al pagamento delle spese processuali pari a 2.500 euro confermando del resto anche la sentenza di primo grado che riconosceva al vedovo della Reggiani il risarcimento danni che in via provvisoria era stato fissato in 500 mila euro. Contro la sentenza ovviamente il difensore Piero Piccinini ha giá preannunciato ricorso in cassazione.
LA DIFESA CHIEDEVA L'ASSOLUZIONE - Per la difesa invece, l'imputato doveva essere assolto. Davanti ai giudici, l'avvocato Piero Piccinini ha sostenuto che le prove a carico del suo assistito «non ci sono» e che alcune tracce di sangue trovate sul portafoglio della vittima e una impronta digitale rilevata nella borsa della donna non sono state prese in considerazione dagli inquirenti e dai giudici di primo grado. Sempre secondo il legale, anche i racconti dei testimoni presentano contraddizioni e zone d'ombra mai chiarite.
3 commenti:
Mi offro volontaria per buttare la chiave nel Tevere. Mi auguro che questo (bip) marcisca in galera per tutti e trenta gli anni, senza lo sconto neanche di un secondo.
Ma temo che non sarà così...
Nicoletta
Eh, Nico anche io temo che ci sarà la buona condotta e lo sconto di pena...
Giustiza è fatta. Ora la pena deve essere applicata fin nelle virgole.
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