Roma - Tutti se lo chiedono e nessuno risponde. Nemmeno il ministro Roberto Calderoli, anche se mercoledì aveva stuzzicato la curiosità di tutti annunciando che il nuovo codice delle autonomie, appena approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri, avrebbe fatto risparmiare allo Stato «diversi miliardi». Bocche cucite anche perché il confronto con le autonomie locali deve ancora iniziare e i margini della delega sono molto ampi. Per capire quanto ci guadagneranno le casse dello Stato (quindi, si spera, i contribuenti) dall’abolizione degli enti intermedi, ridefinizione delle Province, snellimento di consigli e giunte, bisogna andare a spanne. Ma si capisce subito che il riferimento ai miliardi non è casuale e che le risorse pubbliche risparmiate - se il codice dovesse essere applicato per intero e senza troppe modifiche - si potrebbero avvicinare a quella di una manovra. Per arrivare alla cifra a nove zeri basta mettere nel conto l’abolizione delle comunità montane, messa nero su bianco nel Codice. Costano, in trasferimenti, una cifra tra i tre e i cinque miliardi all’anno che - questa la ragione dell’abolizione - impegnano in larga parte per fare funzionare la macchina amministrativa. Se si vuole aggiungere un altro miliardo, basta considerare altre due misure. I consorzi di bonifica, che sono tra i soggetti che dovranno essere riorganizzati oppure aboliti, ogni anno incassano circa 520 milioni di contributi. Sono meno di 200. Se si contassero le altre migliaia di enti che secondo il piano di Calderoli dovrebbero essere aboliti, è facile immaginare che al conto si dovrebbe aggiungere qualche zero. Risparmi notevoli anche da misure apparentemente minori, come l’eliminazione della figura del direttore generale dai comuni più piccoli. Attualmente sono 2.800 quelli che ce l’hanno, Calderoli vorrebbe lasciarli solo a circa 400 amministrazioni. Anche in questo caso il risparmio potrebbe essere intorno al mezzo miliardo. Considerando solo queste misure si arriva a quasi sei miliardi di euro all’anno. E non fanno parte del conto le altre misure, anche se c’è chi scommette che somme rilevanti si risparmieranno anche dal drastico taglio ai difensori civici, che dovrebbero rimanere solo nelle amministrazioni provinciali. Poi l’eliminazione delle circoscrizioni nei comuni sotto i 250 mila abitanti. Enti minori, ma dove ormai i gettoni per i consiglieri e i costi di funzionamento hanno raggiunto livelli di tutto rispetto. Difficile da definire quanto si risparmierà dalla razionalizzazione delle province. La delega al governo è ampia e non è possibile dire se e quanti enti saranno aboliti. Razionalizzazioni in vista anche per le prefetture. Il disegno di legge, che ora passa all’esame della conferenza unificata per poi tornare a palazzo Chigi per l’approvazione definitiva, prevede che tutti gli uffici decentrati del governo siano accentrati in un unico organismo. Restano fuori, quindi autonome, le amministrazioni periferiche degli Affari esteri, della Giustizia e della Difesa.
venerdì 17 luglio 2009
Calderoli e gli enti
Casta, subito a casa 18mila pesi morti: risparmiati sei miliardi di Antonio Signorini
Roma - Tutti se lo chiedono e nessuno risponde. Nemmeno il ministro Roberto Calderoli, anche se mercoledì aveva stuzzicato la curiosità di tutti annunciando che il nuovo codice delle autonomie, appena approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri, avrebbe fatto risparmiare allo Stato «diversi miliardi». Bocche cucite anche perché il confronto con le autonomie locali deve ancora iniziare e i margini della delega sono molto ampi. Per capire quanto ci guadagneranno le casse dello Stato (quindi, si spera, i contribuenti) dall’abolizione degli enti intermedi, ridefinizione delle Province, snellimento di consigli e giunte, bisogna andare a spanne. Ma si capisce subito che il riferimento ai miliardi non è casuale e che le risorse pubbliche risparmiate - se il codice dovesse essere applicato per intero e senza troppe modifiche - si potrebbero avvicinare a quella di una manovra. Per arrivare alla cifra a nove zeri basta mettere nel conto l’abolizione delle comunità montane, messa nero su bianco nel Codice. Costano, in trasferimenti, una cifra tra i tre e i cinque miliardi all’anno che - questa la ragione dell’abolizione - impegnano in larga parte per fare funzionare la macchina amministrativa. Se si vuole aggiungere un altro miliardo, basta considerare altre due misure. I consorzi di bonifica, che sono tra i soggetti che dovranno essere riorganizzati oppure aboliti, ogni anno incassano circa 520 milioni di contributi. Sono meno di 200. Se si contassero le altre migliaia di enti che secondo il piano di Calderoli dovrebbero essere aboliti, è facile immaginare che al conto si dovrebbe aggiungere qualche zero. Risparmi notevoli anche da misure apparentemente minori, come l’eliminazione della figura del direttore generale dai comuni più piccoli. Attualmente sono 2.800 quelli che ce l’hanno, Calderoli vorrebbe lasciarli solo a circa 400 amministrazioni. Anche in questo caso il risparmio potrebbe essere intorno al mezzo miliardo. Considerando solo queste misure si arriva a quasi sei miliardi di euro all’anno. E non fanno parte del conto le altre misure, anche se c’è chi scommette che somme rilevanti si risparmieranno anche dal drastico taglio ai difensori civici, che dovrebbero rimanere solo nelle amministrazioni provinciali. Poi l’eliminazione delle circoscrizioni nei comuni sotto i 250 mila abitanti. Enti minori, ma dove ormai i gettoni per i consiglieri e i costi di funzionamento hanno raggiunto livelli di tutto rispetto. Difficile da definire quanto si risparmierà dalla razionalizzazione delle province. La delega al governo è ampia e non è possibile dire se e quanti enti saranno aboliti. Razionalizzazioni in vista anche per le prefetture. Il disegno di legge, che ora passa all’esame della conferenza unificata per poi tornare a palazzo Chigi per l’approvazione definitiva, prevede che tutti gli uffici decentrati del governo siano accentrati in un unico organismo. Restano fuori, quindi autonome, le amministrazioni periferiche degli Affari esteri, della Giustizia e della Difesa.
Roma - Tutti se lo chiedono e nessuno risponde. Nemmeno il ministro Roberto Calderoli, anche se mercoledì aveva stuzzicato la curiosità di tutti annunciando che il nuovo codice delle autonomie, appena approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri, avrebbe fatto risparmiare allo Stato «diversi miliardi». Bocche cucite anche perché il confronto con le autonomie locali deve ancora iniziare e i margini della delega sono molto ampi. Per capire quanto ci guadagneranno le casse dello Stato (quindi, si spera, i contribuenti) dall’abolizione degli enti intermedi, ridefinizione delle Province, snellimento di consigli e giunte, bisogna andare a spanne. Ma si capisce subito che il riferimento ai miliardi non è casuale e che le risorse pubbliche risparmiate - se il codice dovesse essere applicato per intero e senza troppe modifiche - si potrebbero avvicinare a quella di una manovra. Per arrivare alla cifra a nove zeri basta mettere nel conto l’abolizione delle comunità montane, messa nero su bianco nel Codice. Costano, in trasferimenti, una cifra tra i tre e i cinque miliardi all’anno che - questa la ragione dell’abolizione - impegnano in larga parte per fare funzionare la macchina amministrativa. Se si vuole aggiungere un altro miliardo, basta considerare altre due misure. I consorzi di bonifica, che sono tra i soggetti che dovranno essere riorganizzati oppure aboliti, ogni anno incassano circa 520 milioni di contributi. Sono meno di 200. Se si contassero le altre migliaia di enti che secondo il piano di Calderoli dovrebbero essere aboliti, è facile immaginare che al conto si dovrebbe aggiungere qualche zero. Risparmi notevoli anche da misure apparentemente minori, come l’eliminazione della figura del direttore generale dai comuni più piccoli. Attualmente sono 2.800 quelli che ce l’hanno, Calderoli vorrebbe lasciarli solo a circa 400 amministrazioni. Anche in questo caso il risparmio potrebbe essere intorno al mezzo miliardo. Considerando solo queste misure si arriva a quasi sei miliardi di euro all’anno. E non fanno parte del conto le altre misure, anche se c’è chi scommette che somme rilevanti si risparmieranno anche dal drastico taglio ai difensori civici, che dovrebbero rimanere solo nelle amministrazioni provinciali. Poi l’eliminazione delle circoscrizioni nei comuni sotto i 250 mila abitanti. Enti minori, ma dove ormai i gettoni per i consiglieri e i costi di funzionamento hanno raggiunto livelli di tutto rispetto. Difficile da definire quanto si risparmierà dalla razionalizzazione delle province. La delega al governo è ampia e non è possibile dire se e quanti enti saranno aboliti. Razionalizzazioni in vista anche per le prefetture. Il disegno di legge, che ora passa all’esame della conferenza unificata per poi tornare a palazzo Chigi per l’approvazione definitiva, prevede che tutti gli uffici decentrati del governo siano accentrati in un unico organismo. Restano fuori, quindi autonome, le amministrazioni periferiche degli Affari esteri, della Giustizia e della Difesa.
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