domenica 15 marzo 2009

Il ritorno di Prodi

"Adesso lo coprono di complimenti, ma fu proprio il Pd a far fuori il Prof" di Emanuela Fontana

Segretario Ferrero, la irrita o la fa sorridere il coro di lodi per Prodi che si leva dal Partito Democratico ora che il Professore ha rinnovato la tessera? «Prodi è stato affossato dall’interno del Pd, quindi mi fa un po’ impressione questo insieme di complimenti quando invece la campagna elettorale di Veltroni nel 2008 è stata fatta all’insegna di una discontinuità totale rispetto al governo Prodi».

Se l’aspettava? «La cosa impressionante nel Pd è che c’è un tirare su le persone e poi un distruggerle, uno in fila all’altro».

Una maledizione? «Pensiamo a Rutelli candidato nel 2001, e poi a Prodi, Veltroni, domani chissà. Ma il fatto è che non si affronta mai il problema politico. Il progetto del Pd si è mostrato fallimentare e mi stupisce che invece di una discussione seria ci sia questo sotterrare le persone e risuscitarle in modo sorprendente».

Qual è il problema principale del Pd secondo lei? «È pieno di industriali del Pd che licenziano, non c’è la capacità di prospettare un’alternativa a Berlusconi. E poi il Pd non ha l’autonomia né da Confindustria né dal Vaticano per fare le cose che ha fatto Zapatero o che sta facendo Obama».Da ministro, lei ha vissuto da vicino la fine politica del Professore prima delle elezioni.

Cosa ha visto? «Penso che l’errore di Prodi, di cui ho la massima stima sul piano personale, sia stato quello di essere troppo moderato, il contrario di quello per cui l’accusavano. C’era la possibilità di fare una politica di allargamento dei diritti sociali, di fare un passo vero contro la precarietà. Non si è fatto. Ricordo però che la tassazione delle rendite finanziarie venne decisa in consiglio dei ministri e firmata da Prodi, ma poi rimase bloccata alla Camera da Franceschini».

Dario Franceschini? «Adesso propone i 500 milioni di una tantum per i disoccupati, ma fu Franceschini il principale esponente del centrosinistra che bloccò in un braccio di ferro con Visco la tassazione delle rendite».

Parliamo di Veltroni, si può dire che il suo progetto è fallito? «Se uno pensa all’enfasi delle primarie.... Uno degli elementi che uccise Prodi fu quella delegittimazione, Veltroni riuscì ad “ammazzarlo” in quel passaggio delle primarie».

Alla fine Veltroni ha «ammazzato» anche voi. «Il governo Prodi è caduto a destra con Mastella e con Dini. E il problema principale è stato quello di non aver rispettato il programma elettorale. Poi Veltroni ha fatto un gran guaio, un guaio che segue il disastro fatto negli anni ’90 quando Segni introdusse il sistema bipolare in Italia. Correndo da solo, ha regalato l’Italia a Berlusconi. Spero che il Pd faccia un’autocritica portando avanti la battaglia per un sistema proporzionale alla tedesca».

È stata l’ambizione a far tornare Prodi o l’hanno scongiurato dal Pd? «Ha fatto due volte il presidente del consiglio battendo Berlusconi, è stato presidente della Commissione europea. Non mi sembra uno che abbia bisogno di altri riconoscimenti. Magari in questa crisi sono andati a chiedergli di dare una mano».

Potrebbe essere possibile un riavvicinamento del Pd a Rifondazione? «Se il Pd cominciasse a dire e a fare delle cose di sinistra, se ad esempio sostenesse la Cgil nella battaglia per la difesa del contratto nazionale di lavoro».

E sareste disposti a un’alleanza politica? «Ovviamente sì, sarebbe utile per il Paese. Ma noi intanto lavoriamo per costruire una sinistra alternativa».

Alcuni esponenti del Pd erano alla manifestazione della Cgil a Roma. «È la testimonianza di un partito inutile: metà con Confindustria, metà con la Cgil. Non è un partito, è un amalgama mal riuscito, come dice D’Alema».

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