mercoledì 25 marzo 2009

A che santo votarsi?

Franceschini e l'imbroglio europeo

Dario Franceschini ha giurato che per tutta la campagna elettorale per le Europee griderà ai quattro venti contro "l'imbroglio Berlusconi", per ricordare agli elettori che voteranno per il presidente del Consiglio che questi non potrà rispettare l'impegno di parlamentare europeo a causa dell'incompatibilità con l'incarico di governo. Franceschini così vuole additare all'opinione pubblica che nelle liste del Pdl, a cominciare da Berlusconi, per finire con ministri e governatori, molti dei candidati, una volta eletti, saranno costretti a dimettersi. Ammettiamo pure che Franceschini non abbia tutti i torti e che la pratica di candidare a Bruxelles personalità di richiamo elettorale ma incompatibili con quel ruolo non è proprio il modo migliore per porre al centro dell'appuntamento elettorale l'Europa, il suo governo e il suo futuro. Bisognerebbe però ricordargli che in casa Pd le cose non vanno in modo molto diverso. E' evidente a tutti infatti come le elezioni europee rappresentino per il partito di Franceschini una sorta di "congresso anticipato", in cui si gioca soprattutto la partita sulle future leadership del Pd. Tutto, dalle dimissioni di Veltroni, alla scelta di evitare il ricorso alle primarie, rinviare il congresso di fondazione, fino all'elezione di Franceschini, tutto è stato fatto e pensato tenendo conto del voto europeo. Difficile dunque sostenere come sembra voler fare il segretario del Pd, che dalle loro parti si ha a cuore l'Europa mentre nel Pdl si pensa solo al ritorno di politica interna. Ma c'è un altro aspetto forse più sostanziale. Nel 2004 l'Ulivo presentò alle elezioni europee il meglio dei suoi uomini e delle sue donne affinchè rappresentassero l'Italia in quel consesso al meglio delle loro possibilità. Quegli uomini e quelle donne raccolsero insieme milioni di voti di preferenza personale. Ma poi cosa è successo? Vediamolo: Massimo D'Alema è stato eletto al Parlamento Europeo nel giugno 2004 e si è dimesso nell'aprile 2006 per entrare come ministro nel governo Prodi. Lo stesso è accaduto per Pierluigi Bersani ed Enrico Letta: dimessi anche loro dopo meno di due anni con destinazione governo. Mercedes Bresso, anche lei eletta nel 2004, resiste anche di meno: a maggio del 2005 si dimette per fare il governatore del Piemonte. Dura un po' di più Marta Vincenzi che lascia nel 2007 per fare il sindaco di Genova. Più recentemente si sono dimessi anche Lapo Pistelli, per fare il deputato italiano e Nicola Zingaretti per presiedere la provincia del Lazio. Ma non basta, vi ricordate di Michele Santoro? La vittima del famigerato "editto di Sofia" venne trionfalemente portato a Strasburgo da ben 730.000 voti di preferenza. Ma si dimette e torna in tivvù appena gli è possibile, lascia infatti già nell'ottobre del 2005 per fare l'ospite di Celentano a Rockpolitik. Va un po' meglio con un'altra eroina del piccolo schermo, Lilly Gruber, che, grazie ai suoi 1.100.000 voti, resiste fino a settembre 2008. Insomma, chi prima, chi dopo, chi per un motivo chi per l'altro, gli uomini e le donne migliori dell'allora Ulivo, hanno tutti mollato anzitempo. Oggi se si paragonano gli eletti che ancora siedono al Parlamento Europeo con le liste presentate nel 2004, si trovano ben poche corrispondenze. Negherebbe il buon Franceschini che anche qui gli elettori hanno subìto più di un imbroglio? Si potrebbe anzi dire che si tratta di un imbroglio più grave: gli elettori che voteranno per Berlusconi sanno che il Cav. non andrà a fare il parlamentare europeo. Sarà magari un voto di testimonianza e di apprezzamento per l'anno di governo appena passato o semplicemente il segno che le alternative non convincono. Chi nel 2004 votò per quei candidati dell'Ulivo poteva legittimamente aspettarsi che portassero a termine il loro lavoro.

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