sabato 28 marzo 2009

Cgil

Ora anche le fabbriche bocciano Epifani: più soldi, meno ideologia di Antonio Signorini

Roma - «Dobbiamo riflettere», ha detto Guglielmo Epifani. Dove la riflessione non serve tanto a prendere atto degli errori per poi cambiare rotta, quanto a cercare un qualche schema che renda meno dura la realtà: i lavoratori vogliono intascare aumenti di salario e se la Cgil non glieli garantisce, loro gli voltano le spalle. La cartina di tornasole è stato un referendum che ha dato ragione a tutti i sindacati, Cisl e Uil in testa, e torto alla Cgil, proprio in una roccaforte del sindacato di sinistra: la Piaggio. In sintesi, il premio di 1.760 euro lordi l’anno ai lavoratori di Pontedera non era gradito alla Fiom. Insufficiente anche l’assunzione a tempo pieno dei 266 lavoratori a tempo e l’ingresso con contratto part-time di 300 stagionali. Quindi i duri della Cgil hanno deciso di non firmare e tentare il referendum, sicuri di spuntarla. Le cose sono andate diversamente. Hanno votato in 2.632 su 2.940 aventi diritto, con 1.490 che si sono espressi a favore (pari al 56,61 per cento) e 1096 che hanno votato contro. Come dire, al di fuori della militanza, nessuno ha seguito la Fiom. Come se le docce fredde non fossero bastate, si è poi scoperto che a votare contro la Cgil, sono stati proprio i lavoratori più deboli. Ne ha preso atto lo stesso segretario generale: «Dispiace e credo che debba essere motivo su cui deve riflettere la Fiom e la Cgil, che il voto dei precari sia stato a favore dell’accordo». E a quanto spiega il segretario generale della Uilm Antonino Regazzi, gli atipici, hanno qualche ragione di essere arrabbiati con Epifani, Gianni Rinaldini e compagnia. «Il negoziato è durato un anno. In giugno avremmo potuto chiudere con condizioni migliori sia sul piano salariale, sia su quello delle tutele ai lavoratori a tempo determinato. Ancora la crisi non si era manifestata del tutto». A dire no, manco a dirlo, è stata la Fiom. «Ormai - spiega ancora Regazzi - i lavoratori, e non solo alla Piaggio, sono convinti che la Fiom non sia più un sindacato». O meglio che sia «un sindacato antagonista». Nemmeno quando parlano di riforma delle regole, spiega Regazzi, quelli della Fiom fanno sul serio. «A loro preme solo fare naufragare il sindacato concertativo» quindi quello che fa accordi. «E la Cgil li segue». Un bel cambiamento rispetto a qualche mese fa. Quando lo stesso Regazzi diceva che la Fiom-Cgil era tornata ai tavoli per chiudere gli accordi e ottenere aumenti per i lavoratori. La spiegazione del cambiamento di rotta sta tutta in una coincidenza di date: «Il ritorno della Fiom al sindacalismo antagonista e le elezioni politiche». Si ripropone, quindi, il più classico incantesimo del sindacalismo italiano: con Berlusconi al governo, la Cgil non può dire sì. È successo con il pubblico impiego, con il commercio e, soprattutto, sulla riforma dei contratti. Poi anche in azienda: alla Ferrari e ora alla Piaggio. Ma adesso tutto può cambiare. Quello con l’azienda di Colaninno, «è un accordo importante. Non è un’azienda qualsiasi, è il palcoscenico da oltre 30 anni della lotta politica della Fiom e proprio qui» l’organizzazione delle tutte blu Cgil «è stata sconfitta». L’interpretazione del segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni è apparentemente semplice. «In tempo di crisi i lavoratori tengono i piedi per terra scegliendo una collaborazione con l’azienda e non l’imposizione di condizioni astratte». Dove astratte sta per politiche. Il sostegno alla linea antagonista pagata negando soldi in busta paga ai lavoratori dipendenti. E ora lo scenario rischia di ripetersi anche in un’altra azienda simbolo delle lotte della Cgil: la Fincantieri. La Fiom ha detto no e ha fatto sciopero contro un’ipotesi di accordo da circa 1600 euro lorde all’anno. Salario fresco, che - assicurano sindacalisti del gruppo - fa gola anche ai dipendenti della Fiom. Sicuri che sia una tassa troppo alta per mantenere una linea antagonista.

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