giovedì 1 ottobre 2009

Matrimoni

Perché l’islam ufficiale legittima i matrimoni con le minori di Maurizio De Santis

Lo scorso anno, il teologo marocchino Cheikh Maghraoui, giustificò i matrimoni fra adulti e bambine. Colti da intestinale imbarazzo, i “dialogatori” nostrani sdrammatizzarono, rilevando come ci si riferisse ad una teologia al tramonto. Non paghi, precisarono quanto fosse meglio parlare di “minori”, piuttosto che di “bambini”. Come se maritare una ragazzina di 13 anni fosse accettabile per la “nostra” civiltà, che qualifica come “ragazze”, donne che hanno palesemente superato le 35 primavere. Ma tant’è. Ounni soit qui mal y pense… Ora, è successo che domenica 14 settembre, il succitato islamista, dal suo sito cheikh Mohamed ben Abderrahman Al-Maghraoui, ha ribadito ai fedeli musulmani il permesso di sposare “ragazze” musulmane minori, ancorché di solo 9 anni. All’immancabile lamento degli europoidi scandalizzati, ha risposto: “Il matrimonio di “ragazze” dell'età di 9 anni non è vietato. E questo perché gli hadith (resoconti che riportano un atto o una parola del Profeta), attestano che il Profeta, all'età di 52 anni, sposò Aisha. Che di anni ne aveva soltanto 6 (o 7 per alcuni interpreti ottimisti). E che con essa ebbe rapporti sessuali una volta raggiunta l'età di 9 anni”. Cheikh Maghraoui, ha snocciolato le imprescindibili fonti, in Sacro Arabo Chiaro: Sahih Bukhari 5:58: 234, 5:58: 236, 7:62: 64, 7:62: 65, 7:62: 88Sahih Muslim 8:3309, 8:3310, 8:3311Sunnan Abu Dawud 41:4915, 41:4917 Maometto è “modello virtuoso” (Corano dixit), che i retti musulmani dovrebbero imitare. Anche impalmando “ragazze” dai 9 ai 13 anni. Dall’alto del proprio “superiority complex”, i multiculturalisti di scuola “Metropoli” (braccio delatorio dell’italiota medio, con uscita domenicale, targato La Repubblica), ci hanno sempre assicurato che tali costumanze ci scandalizzano perché non sappiamo porci dal punto di vista dell’”altro”. Incapaci di dialogare (noi…). Hai voglia a festeggiare, su “Metropoli”, matrimoni misti fra musulmani e non islamici. Obliando, volutamente, il dettaglio che i convertiti siano sempre “gli altri”. Mai i musulmani. Perché, in casa “La Repubblica”, sanno bene che parlare di un matrimonio con protagonista un musulmano apostata significherebbe maledirlo. Egli cesserebbe di vivere in pace, esponendosi ad un’esistenza prossima a quella di un pentito di mafia. Ma questo è poco “multiculturale”. Meglio omettere… Dunque silenzio anche sulle migliaia di famiglie poligame. O sui matrimoni combinati. E, semmai se ne parlasse, farlo sempre presentandone i lati positivi (tranquilli, in redazione sono capaci di trovarne, anche nella poligamia). Sono le stesse menti che palesano “bocche a cul di gallina”, non appena si verificano tragedie poco multiculturali come quelle di Hijna e Sanaa. O paradossi clamorosi come quello della scuola Pisacane, ridotta ad essere un Istituto ghetto da un manipolo di “multiculturalisti a senso unico”, bravissimi nell’intento di far scappare tutti i genitori dei bambini italiani. Ovviamente, tutti razzisti!

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