Si ricomincia. È solo questione di giorni: il tempo per la Corte Costituzionale di depositare formalmente la sentenza e di notificarla alle parti in causa. Poi la procura della Repubblica di Milano farà ripartire a tamburo battente tutti i processi contro Silvio Berlusconi che l'entrata in vigore del lodo Alfano aveva congelato. Che si andasse verso una bocciatura della Corte Costituzionale, il pm Fabio De Pasquale - titolare di tutti i tre fascicoli che vedono formalmente sotto accusa il Cavaliere - ne era quasi certo. E così già nei giorni scorsi si era preparato a rimettere in moto la macchina giudiziaria a carico del suo imputato numero 1. De Pasquale ha fretta. Perché nel momento stesso in cui verrà depositata la sentenza, ripartirà a decorrere la prescrizione dei reati. Stiamo parlando di reati che risalgono ormai a parecchi anni fa: e su una parte consistente di essi la prescrizione è prossima. Anzi, secondo alcuni legali che si stanno occupando del caso, è già scattata. Non sarà facile, il percorso che attende De Pasquale. Il guaio per il pubblico ministero milanese è che i due processi più vicini al traguardo, quelli che più a breve potrebbero arrivare ad una sentenza per il capo del governo, sono - pirandellianamente parlando - processi in cerca di giudice. Allo stato degli atti, nessuno sa chi sarà il magistrato incaricato di condurre in porto sia il cosiddetto «processo Mills», quello che vede il Cavaliere accusato di corruzione in atti giudiziari, né chi sarà il giudice destinato a pronunciare la sentenza del processo per i diritti televisivi Mediaset, dove la Procura contesta al fondatore della Fininvest i reati di appropriazione indebita e frode fiscale.Per il processo Mills, l'unica certezza è che a giudicare Berlusconi non potrà essere Nicoletta Gandus, il magistrato che il capo del governo - quando era ancora imputato davanti a lei - aveva cercato invano di ricusare accusandola di essere una militante dell'ultrasinistra e una sua nemica dichiarata. Al momento dell'entrata in vigore del lodo Alfano, infatti, la Gandus aveva deciso di continuare il processo a carico del solo David Mills, l'avvocato londinese accusato di avere incassato 600 milioni dalla Fininvest per non raccontare alla Procura milanese i segreti dei conti del Biscione. Il processo a Mills è andato avanti, sono stati sentiti tutti i testimoni ed è arrivato a sentenza: 5 anni e mezzo di galera per il legale britannico. Nelle motivazioni della sentenza, la Gandus e i suoi colleghi hanno calcato pesantemente la mano sul ruolo di Berlusconi, accusandolo di essere il mandante della corruzione di Mills. Ma così facendo la Gandus si è resa incompatibile col processo che ora riparte a carico di Berlusconi, avendo già espresso - e molto chiaramente - il suo convincimento sulla colpevolezza del premier. Nuovo processo e nuovo giudice, dunque. Il pm De Pasquale sicuramente proverà a chiedere che vengano ritenute valide tutte le testimonianze già rese in aula prima che Berlusconi uscisse di scena per l'entrata in vigore del lodo Alfano. Ma per fare questo è indispensabile il consenso dei legali dell'imputato. Ed è assai improbabile che Nicolò Ghedini voglia fare questo regalo alla pubblica accusa. Il processo Mills, insomma, riparte dal via. Più complessa la situazione nel processo per i diritti televisivi. Il processo, al momento dell'entrata in vigore del lodo Alfano, si stava tenendo davanti al giudice Edoardo d'Avossa, che aveva preso una decisione diversa da quella della Gandus: anziché andare avanti senza Berlusconi, aveva bloccato «per ragioni di economia processuale» l'intero dibattimento. Quindi, non essendo stata pronunciata alcuna sentenza, il giudice d'Avossa potrebbe riprendere a celebrarlo e portarlo a conclusione. Peccato che nel frattempo se ne sia andato da Milano, avendo ottenuto la nomina a presidente del tribunale di La Spezia. Per consentire a d'Avossa di tornare a Milano per concludere il processo, servirebbe un via libera dal Consiglio superiore della magistratura. In caso contrario, anche questo processo dovrebbe ripartire dall'inizio, e lottare contro il tempo per schivare la prescrizione.Ma non è tutto. Il vero effetto che la sentenza di ieri della Corte Costituzionale potrebbe avere sull’attività «anti-Cav» della Procura milanese è quello di sancire ufficialmente la riapertura delle ostilità, accelerando bruscamente le inchieste a carico di Berlusconi ancora in fase di indagini preliminari. Tra queste, la più vicina a scadenza è quella relativa alla vicenda Mediatrade, dove Berlusconi è indagato per appropriazione indebita e dove De Pasquale aspettava solo la sentenza della Consulta per chiudere l'inchiesta e proporre il premier per un nuovo rinvio a giudizio. Ma il vero, imperscrutabile buco nero è l'inchiesta che - nel segreto quasi totale - Ilda Boccassini ha riaperto sulle stragi mafiose del 1993. Il nuovo filone d'inchiesta, scaturito dalle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza, è stato suddiviso tra le Procure di Palermo, Firenze, Roma e Milano. E per sé, la dottoressa Boccassini ha chiesto e ottenuto di tenere il fascicolo sui rapporti tra i mandanti mafiosi e il «terzo livello», quello dei loro presunti contatti nel mondo della politica.
giovedì 8 ottobre 2009
Guerre
Ecco come i giudici riprenderanno l’attacco al premier di Luca Fazzo
Si ricomincia. È solo questione di giorni: il tempo per la Corte Costituzionale di depositare formalmente la sentenza e di notificarla alle parti in causa. Poi la procura della Repubblica di Milano farà ripartire a tamburo battente tutti i processi contro Silvio Berlusconi che l'entrata in vigore del lodo Alfano aveva congelato. Che si andasse verso una bocciatura della Corte Costituzionale, il pm Fabio De Pasquale - titolare di tutti i tre fascicoli che vedono formalmente sotto accusa il Cavaliere - ne era quasi certo. E così già nei giorni scorsi si era preparato a rimettere in moto la macchina giudiziaria a carico del suo imputato numero 1. De Pasquale ha fretta. Perché nel momento stesso in cui verrà depositata la sentenza, ripartirà a decorrere la prescrizione dei reati. Stiamo parlando di reati che risalgono ormai a parecchi anni fa: e su una parte consistente di essi la prescrizione è prossima. Anzi, secondo alcuni legali che si stanno occupando del caso, è già scattata. Non sarà facile, il percorso che attende De Pasquale. Il guaio per il pubblico ministero milanese è che i due processi più vicini al traguardo, quelli che più a breve potrebbero arrivare ad una sentenza per il capo del governo, sono - pirandellianamente parlando - processi in cerca di giudice. Allo stato degli atti, nessuno sa chi sarà il magistrato incaricato di condurre in porto sia il cosiddetto «processo Mills», quello che vede il Cavaliere accusato di corruzione in atti giudiziari, né chi sarà il giudice destinato a pronunciare la sentenza del processo per i diritti televisivi Mediaset, dove la Procura contesta al fondatore della Fininvest i reati di appropriazione indebita e frode fiscale.Per il processo Mills, l'unica certezza è che a giudicare Berlusconi non potrà essere Nicoletta Gandus, il magistrato che il capo del governo - quando era ancora imputato davanti a lei - aveva cercato invano di ricusare accusandola di essere una militante dell'ultrasinistra e una sua nemica dichiarata. Al momento dell'entrata in vigore del lodo Alfano, infatti, la Gandus aveva deciso di continuare il processo a carico del solo David Mills, l'avvocato londinese accusato di avere incassato 600 milioni dalla Fininvest per non raccontare alla Procura milanese i segreti dei conti del Biscione. Il processo a Mills è andato avanti, sono stati sentiti tutti i testimoni ed è arrivato a sentenza: 5 anni e mezzo di galera per il legale britannico. Nelle motivazioni della sentenza, la Gandus e i suoi colleghi hanno calcato pesantemente la mano sul ruolo di Berlusconi, accusandolo di essere il mandante della corruzione di Mills. Ma così facendo la Gandus si è resa incompatibile col processo che ora riparte a carico di Berlusconi, avendo già espresso - e molto chiaramente - il suo convincimento sulla colpevolezza del premier. Nuovo processo e nuovo giudice, dunque. Il pm De Pasquale sicuramente proverà a chiedere che vengano ritenute valide tutte le testimonianze già rese in aula prima che Berlusconi uscisse di scena per l'entrata in vigore del lodo Alfano. Ma per fare questo è indispensabile il consenso dei legali dell'imputato. Ed è assai improbabile che Nicolò Ghedini voglia fare questo regalo alla pubblica accusa. Il processo Mills, insomma, riparte dal via. Più complessa la situazione nel processo per i diritti televisivi. Il processo, al momento dell'entrata in vigore del lodo Alfano, si stava tenendo davanti al giudice Edoardo d'Avossa, che aveva preso una decisione diversa da quella della Gandus: anziché andare avanti senza Berlusconi, aveva bloccato «per ragioni di economia processuale» l'intero dibattimento. Quindi, non essendo stata pronunciata alcuna sentenza, il giudice d'Avossa potrebbe riprendere a celebrarlo e portarlo a conclusione. Peccato che nel frattempo se ne sia andato da Milano, avendo ottenuto la nomina a presidente del tribunale di La Spezia. Per consentire a d'Avossa di tornare a Milano per concludere il processo, servirebbe un via libera dal Consiglio superiore della magistratura. In caso contrario, anche questo processo dovrebbe ripartire dall'inizio, e lottare contro il tempo per schivare la prescrizione.Ma non è tutto. Il vero effetto che la sentenza di ieri della Corte Costituzionale potrebbe avere sull’attività «anti-Cav» della Procura milanese è quello di sancire ufficialmente la riapertura delle ostilità, accelerando bruscamente le inchieste a carico di Berlusconi ancora in fase di indagini preliminari. Tra queste, la più vicina a scadenza è quella relativa alla vicenda Mediatrade, dove Berlusconi è indagato per appropriazione indebita e dove De Pasquale aspettava solo la sentenza della Consulta per chiudere l'inchiesta e proporre il premier per un nuovo rinvio a giudizio. Ma il vero, imperscrutabile buco nero è l'inchiesta che - nel segreto quasi totale - Ilda Boccassini ha riaperto sulle stragi mafiose del 1993. Il nuovo filone d'inchiesta, scaturito dalle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza, è stato suddiviso tra le Procure di Palermo, Firenze, Roma e Milano. E per sé, la dottoressa Boccassini ha chiesto e ottenuto di tenere il fascicolo sui rapporti tra i mandanti mafiosi e il «terzo livello», quello dei loro presunti contatti nel mondo della politica.
Si ricomincia. È solo questione di giorni: il tempo per la Corte Costituzionale di depositare formalmente la sentenza e di notificarla alle parti in causa. Poi la procura della Repubblica di Milano farà ripartire a tamburo battente tutti i processi contro Silvio Berlusconi che l'entrata in vigore del lodo Alfano aveva congelato. Che si andasse verso una bocciatura della Corte Costituzionale, il pm Fabio De Pasquale - titolare di tutti i tre fascicoli che vedono formalmente sotto accusa il Cavaliere - ne era quasi certo. E così già nei giorni scorsi si era preparato a rimettere in moto la macchina giudiziaria a carico del suo imputato numero 1. De Pasquale ha fretta. Perché nel momento stesso in cui verrà depositata la sentenza, ripartirà a decorrere la prescrizione dei reati. Stiamo parlando di reati che risalgono ormai a parecchi anni fa: e su una parte consistente di essi la prescrizione è prossima. Anzi, secondo alcuni legali che si stanno occupando del caso, è già scattata. Non sarà facile, il percorso che attende De Pasquale. Il guaio per il pubblico ministero milanese è che i due processi più vicini al traguardo, quelli che più a breve potrebbero arrivare ad una sentenza per il capo del governo, sono - pirandellianamente parlando - processi in cerca di giudice. Allo stato degli atti, nessuno sa chi sarà il magistrato incaricato di condurre in porto sia il cosiddetto «processo Mills», quello che vede il Cavaliere accusato di corruzione in atti giudiziari, né chi sarà il giudice destinato a pronunciare la sentenza del processo per i diritti televisivi Mediaset, dove la Procura contesta al fondatore della Fininvest i reati di appropriazione indebita e frode fiscale.Per il processo Mills, l'unica certezza è che a giudicare Berlusconi non potrà essere Nicoletta Gandus, il magistrato che il capo del governo - quando era ancora imputato davanti a lei - aveva cercato invano di ricusare accusandola di essere una militante dell'ultrasinistra e una sua nemica dichiarata. Al momento dell'entrata in vigore del lodo Alfano, infatti, la Gandus aveva deciso di continuare il processo a carico del solo David Mills, l'avvocato londinese accusato di avere incassato 600 milioni dalla Fininvest per non raccontare alla Procura milanese i segreti dei conti del Biscione. Il processo a Mills è andato avanti, sono stati sentiti tutti i testimoni ed è arrivato a sentenza: 5 anni e mezzo di galera per il legale britannico. Nelle motivazioni della sentenza, la Gandus e i suoi colleghi hanno calcato pesantemente la mano sul ruolo di Berlusconi, accusandolo di essere il mandante della corruzione di Mills. Ma così facendo la Gandus si è resa incompatibile col processo che ora riparte a carico di Berlusconi, avendo già espresso - e molto chiaramente - il suo convincimento sulla colpevolezza del premier. Nuovo processo e nuovo giudice, dunque. Il pm De Pasquale sicuramente proverà a chiedere che vengano ritenute valide tutte le testimonianze già rese in aula prima che Berlusconi uscisse di scena per l'entrata in vigore del lodo Alfano. Ma per fare questo è indispensabile il consenso dei legali dell'imputato. Ed è assai improbabile che Nicolò Ghedini voglia fare questo regalo alla pubblica accusa. Il processo Mills, insomma, riparte dal via. Più complessa la situazione nel processo per i diritti televisivi. Il processo, al momento dell'entrata in vigore del lodo Alfano, si stava tenendo davanti al giudice Edoardo d'Avossa, che aveva preso una decisione diversa da quella della Gandus: anziché andare avanti senza Berlusconi, aveva bloccato «per ragioni di economia processuale» l'intero dibattimento. Quindi, non essendo stata pronunciata alcuna sentenza, il giudice d'Avossa potrebbe riprendere a celebrarlo e portarlo a conclusione. Peccato che nel frattempo se ne sia andato da Milano, avendo ottenuto la nomina a presidente del tribunale di La Spezia. Per consentire a d'Avossa di tornare a Milano per concludere il processo, servirebbe un via libera dal Consiglio superiore della magistratura. In caso contrario, anche questo processo dovrebbe ripartire dall'inizio, e lottare contro il tempo per schivare la prescrizione.Ma non è tutto. Il vero effetto che la sentenza di ieri della Corte Costituzionale potrebbe avere sull’attività «anti-Cav» della Procura milanese è quello di sancire ufficialmente la riapertura delle ostilità, accelerando bruscamente le inchieste a carico di Berlusconi ancora in fase di indagini preliminari. Tra queste, la più vicina a scadenza è quella relativa alla vicenda Mediatrade, dove Berlusconi è indagato per appropriazione indebita e dove De Pasquale aspettava solo la sentenza della Consulta per chiudere l'inchiesta e proporre il premier per un nuovo rinvio a giudizio. Ma il vero, imperscrutabile buco nero è l'inchiesta che - nel segreto quasi totale - Ilda Boccassini ha riaperto sulle stragi mafiose del 1993. Il nuovo filone d'inchiesta, scaturito dalle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza, è stato suddiviso tra le Procure di Palermo, Firenze, Roma e Milano. E per sé, la dottoressa Boccassini ha chiesto e ottenuto di tenere il fascicolo sui rapporti tra i mandanti mafiosi e il «terzo livello», quello dei loro presunti contatti nel mondo della politica.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
0 commenti:
Posta un commento