venerdì 13 marzo 2009

Merloni

Merloni (Pd) manda a casa 600 operai. Quelli che licenziano sono del Pd. Mentre Dario Franceschini urla e sgomita per difendere le proposte anticrisi del Pd, dall'assegno mensile di disoccupazione (bocciato da Camera e Senato) al contributo obbligatorio per i redditi superiori a 120mila euro, la "sua deputata", Maria Paola Merloni annuncia la chiusura dello stabilimento Indesit di None (Torino).

Non sempre, per mettere in difficoltà un partito, serve una sconfitta elettorale. A volte basta una lavastoviglie. Lo sa bene Dario Franceschini che, mentre urla e sgomita per difendere le proposte anticrisi del Pd, dall'assegno mensile di disoccupazione al contributo obbligatorio per i redditi superiori ai 120mila euro, deve affrontare la prima grande spaccatura della sua gestione. Il tutto per una lavastoviglie. O meglio per quelle 770.000 lavastoviglie che, nel 2008, sono state prodotte nello stabilimento Indesit di None in provicia di Torino. Ebbene, lo scorso 5 marzo, con un comunicato stampa piuttosto asettico, l'azienda di Fabriano ha comunicato di aver proposto all'unione industriali torinese la chiusura dell'impianto. Risultato? Circa 600 persone a rischio licenziamento. «Malgrado gli sforzi - ha spiegato Indesit - la domanda di mercato è stata molto al di sotto delle previsioni. Di conseguenza l'azienda non ritiene sostenibile la produzione in entrambi gli stabilimenti di None e Radomsko (Polonia). La decisione di mantenere lo stabilimento polacco a scapito di quello torinese è dovuta esclusivamente a criteri di competitività internazionale». Cose che purtroppo succedono, soprattutto in un periodo in cui la crisi sta mettendo in ginocchio l'economia di molti Paesi. E non c'è dubbio che quei 600 disoccupati abbiano scatenato l'indignazione di Franceschini e del Pd tanto quanto i cassintegrati Fiat o i dipendenti in mobilità di grandi aziende come Motorola. Chissà, forse è stato pensando a loro che il segretario Democratico ha deciso di lanciare l'idea di un assegno mensile di disoccupazione. Ma Indesit non è né Fiat, né Motorola. Soprattuto per il Pd. A largo del Nazareno Indesit vuol dire anzitutto Maria Paola Merloni, deputata Democratica e figlia di Vittorio, presidente dell'azienda (lei siede nel consiglio di amministrazione ndr). E a questo punto la domanda sorge spontanea: ma come, Franceschini si preoccupa dei disoccupati e Merloni licenzia? Più o meno lo stesso dubbio è venuto a un gruppo di deputati piemontesi del Pd capitanati dal responsabile Lavoro del partito Cesare Damiano, che ieri ha presentato un'interrogazione al ministro del Lavoro per chiedergli di intervenire sulla vicenda promuovendo un tavolo di confronto tra governo e sindacati. Il testo fa riferimento alla delicata situazione dello stabilimento di None e sottolinea come «fino alla vigilia delle ferie estive la Indesit affermava che, nonostante alcuni problemi di concorrenza, l'azienda era da considerarsi sana». Quindi, citando «notizie di stampa», spiega che l'intenzione del gruppo dirigente aziendale sarebbe di licenziare in Italia per assumere in Polonia dove, proprio per questo, riceverebbe risorse statali. Il tutto «con un vero e proprio "dumping sociale" a scapito dei nostri lavoratori». Il tutto dopo che, ricordano i deputati Pd, il governo ha varato lo scorso 10 febbraio un decreto legge che «prevede incentivi anche per l'acquisto di elettromestici». Misura «sicuramente parziale», ma che potrà comunque servire a rimettere in moto il mercato. Insomma, che senso ha lasciare a casa 600 lavoratori? Anche per questo tre dei firmatari, i parlamentari Stefano Esposito, Giorgio Merlo e Antonio Boccuzzi, si rivolgono direttamente alla collega Merloni, chiedendole dopo giorni di «silenzio assordante della proprietà», di far sentire la propria voce. In fondo, spiegano, «i lavoratori ci chiedono coerenza tra le parole e i fatti».

3 commenti:

Massimo ha detto...

Perchè ? E' una novità che gli imprenditori e i manager di sinistra, al riparo dello scudo politico, facciano i loro comodi ?
E si lamentano di Berlusconi che non licenzia nessuno ?

Anonimo ha detto...

Chiude lo stabilimento Berloni in Piemonte, ma non il suo omologo in Polonia... questa è la difesa dei diritti dei lavoratori italiani che vogliono i comunisti!

In Francia e Germania, il Governo ha erogato i bonus alle imprese sotto la precisa condizione di mantenere i livelli occupazionali dei lavoratori autoctoni. Perchè non si è avuto il coraggio di farlo anche in Italia... troppa paura di sentire il gallinaccio Fini starnazzare di razzismo?

Anonimo ha detto...

Mons, ma percarità, cose che si sapevano. Ma bisogna avere proprio la faccia come il culo però.

Antikomunistra, ti correggo, è Merloni, Berloni è altra cosa. Comunque, c'è un altro stabilimento Merloni a Fabriano ed i lavoratori sono sotto cassa integrazione da un bel pò. Ne sono circa 1000 se non sbaglio. Io a 'ste aziende così toglierei tutto. Fanno soldi con gli stabilimenti fuori dall'italia e mandano a spasso gli italiani.