La cattura dei romeni che hanno perpetrato l’orrendo stupro di Guidonia non segna un punto d’arrivo. Segna un punto di partenza. Sicuramente ci conforta la rapidità e la bravura con cui i carabinieri hanno identificato e rintracciato i criminali (auguriamoci che non si parli, in questo caso, di arresti domiciliari). Ma rimane sul tappeto il problema della sicurezza, e d’una delinquenza importata che ci sgomenta per la sua selvaggia ferocia. In proposito il discorso dev’essere pacato, senza isterie; però anche senza i tabù ipocriti del politicamente corretto. Diamo per detto ciò che tutti sappiamo, ossia che tanti immigrati sono onesti e laboriosi. Gli episodi che hanno suscitato negli ultimi tempi emozione e indignazione riguardano gli altri immigrati: gli sbandati, i violenti, gli aggressivi, i ladri, i rapinatori, gli affiliati alla malavita organizzata. Loro sì costituiscono un pericolo grave. Esistono, e non è razzismo, etnie nelle quali la presenza malavitosa è poco significativa, e altre nelle quali è impressionante. Le carceri non scoppiano per i filippini, numerosissimi nella società ma non in galera. Scoppiano per l’apporto di extracomunitari africani e per l’apporto di nuovi comunitari dell’Est. Tra essi il primato dei reati spetta ai romeni: che grazie al trattato di Schengen hanno quasi uno status da cittadini italiani, possono entrare in Italia e uscirne liberamente.Cosa si deve fare per fronteggiare - dal punto di vista dell’azione poliziesca e dal punto di vista della capienza carceraria - questa inquietante ondata romena del più truce malaffare? I governi di Roma e di Bucarest possono rispondere ricordando che è in atto un accordo di collaborazione tra le polizie dei due Paesi e che l’accordo ha dato risultati. Si dovrebbe soltanto insistere. Il parere dell’uomo della strada è diverso. I romeni guidano la graduatoria delle nazionalità cui sono fatti risalire reati comuni o sessuali, seguiti da albanesi e marocchini. La routine non basta. Schengen non può diventare una copertura per i primi della classe nel violare la legge. Non vogliamo che vengano da noi a delinquere, e non vogliamo mantenerli quando l’hanno fatto. Potremmo rispedirli, una volta processati, al loro Paese, perché vi scontino la pena. Ma andrebbe a finire che sconterebbero ancor meno che restando in Italia. Allora si provi magari a bloccare l’afflusso dei disonesti, sospendendo per qualche tempo nei confronti della Romania - l’Olanda ha già preso una misura di questo genere - il trattato di Schengen. Visto quel che sta succedendo, un controllo, e severo, ci vuole.
mercoledì 28 gennaio 2009
Schenger
Sospendere Schengen di Mario Cervi
La cattura dei romeni che hanno perpetrato l’orrendo stupro di Guidonia non segna un punto d’arrivo. Segna un punto di partenza. Sicuramente ci conforta la rapidità e la bravura con cui i carabinieri hanno identificato e rintracciato i criminali (auguriamoci che non si parli, in questo caso, di arresti domiciliari). Ma rimane sul tappeto il problema della sicurezza, e d’una delinquenza importata che ci sgomenta per la sua selvaggia ferocia. In proposito il discorso dev’essere pacato, senza isterie; però anche senza i tabù ipocriti del politicamente corretto. Diamo per detto ciò che tutti sappiamo, ossia che tanti immigrati sono onesti e laboriosi. Gli episodi che hanno suscitato negli ultimi tempi emozione e indignazione riguardano gli altri immigrati: gli sbandati, i violenti, gli aggressivi, i ladri, i rapinatori, gli affiliati alla malavita organizzata. Loro sì costituiscono un pericolo grave. Esistono, e non è razzismo, etnie nelle quali la presenza malavitosa è poco significativa, e altre nelle quali è impressionante. Le carceri non scoppiano per i filippini, numerosissimi nella società ma non in galera. Scoppiano per l’apporto di extracomunitari africani e per l’apporto di nuovi comunitari dell’Est. Tra essi il primato dei reati spetta ai romeni: che grazie al trattato di Schengen hanno quasi uno status da cittadini italiani, possono entrare in Italia e uscirne liberamente.Cosa si deve fare per fronteggiare - dal punto di vista dell’azione poliziesca e dal punto di vista della capienza carceraria - questa inquietante ondata romena del più truce malaffare? I governi di Roma e di Bucarest possono rispondere ricordando che è in atto un accordo di collaborazione tra le polizie dei due Paesi e che l’accordo ha dato risultati. Si dovrebbe soltanto insistere. Il parere dell’uomo della strada è diverso. I romeni guidano la graduatoria delle nazionalità cui sono fatti risalire reati comuni o sessuali, seguiti da albanesi e marocchini. La routine non basta. Schengen non può diventare una copertura per i primi della classe nel violare la legge. Non vogliamo che vengano da noi a delinquere, e non vogliamo mantenerli quando l’hanno fatto. Potremmo rispedirli, una volta processati, al loro Paese, perché vi scontino la pena. Ma andrebbe a finire che sconterebbero ancor meno che restando in Italia. Allora si provi magari a bloccare l’afflusso dei disonesti, sospendendo per qualche tempo nei confronti della Romania - l’Olanda ha già preso una misura di questo genere - il trattato di Schengen. Visto quel che sta succedendo, un controllo, e severo, ci vuole.
La cattura dei romeni che hanno perpetrato l’orrendo stupro di Guidonia non segna un punto d’arrivo. Segna un punto di partenza. Sicuramente ci conforta la rapidità e la bravura con cui i carabinieri hanno identificato e rintracciato i criminali (auguriamoci che non si parli, in questo caso, di arresti domiciliari). Ma rimane sul tappeto il problema della sicurezza, e d’una delinquenza importata che ci sgomenta per la sua selvaggia ferocia. In proposito il discorso dev’essere pacato, senza isterie; però anche senza i tabù ipocriti del politicamente corretto. Diamo per detto ciò che tutti sappiamo, ossia che tanti immigrati sono onesti e laboriosi. Gli episodi che hanno suscitato negli ultimi tempi emozione e indignazione riguardano gli altri immigrati: gli sbandati, i violenti, gli aggressivi, i ladri, i rapinatori, gli affiliati alla malavita organizzata. Loro sì costituiscono un pericolo grave. Esistono, e non è razzismo, etnie nelle quali la presenza malavitosa è poco significativa, e altre nelle quali è impressionante. Le carceri non scoppiano per i filippini, numerosissimi nella società ma non in galera. Scoppiano per l’apporto di extracomunitari africani e per l’apporto di nuovi comunitari dell’Est. Tra essi il primato dei reati spetta ai romeni: che grazie al trattato di Schengen hanno quasi uno status da cittadini italiani, possono entrare in Italia e uscirne liberamente.Cosa si deve fare per fronteggiare - dal punto di vista dell’azione poliziesca e dal punto di vista della capienza carceraria - questa inquietante ondata romena del più truce malaffare? I governi di Roma e di Bucarest possono rispondere ricordando che è in atto un accordo di collaborazione tra le polizie dei due Paesi e che l’accordo ha dato risultati. Si dovrebbe soltanto insistere. Il parere dell’uomo della strada è diverso. I romeni guidano la graduatoria delle nazionalità cui sono fatti risalire reati comuni o sessuali, seguiti da albanesi e marocchini. La routine non basta. Schengen non può diventare una copertura per i primi della classe nel violare la legge. Non vogliamo che vengano da noi a delinquere, e non vogliamo mantenerli quando l’hanno fatto. Potremmo rispedirli, una volta processati, al loro Paese, perché vi scontino la pena. Ma andrebbe a finire che sconterebbero ancor meno che restando in Italia. Allora si provi magari a bloccare l’afflusso dei disonesti, sospendendo per qualche tempo nei confronti della Romania - l’Olanda ha già preso una misura di questo genere - il trattato di Schengen. Visto quel che sta succedendo, un controllo, e severo, ci vuole.
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