sabato 31 gennaio 2009

Magistratura

Apertura dell'anno giudiziario nelle corti d'appello italiane. La denuncia dei magistrati: «Politica, difficile rapporto». Santacroce, Roma: «Situazione allarmante». Grechi, Milano: numero impressionante di cause civili pendenti

MILANO
- L'apertura dell'anno giudiziario, in tutte le corti d'appello italiane, offre oggi l'occasione di riflettere sui «mali» della giustizia del nostro Paese. Occhi puntati in particolare su Milano e Roma. Il presidente della corte d'appello di Milano, Giuseppe Grechi, nella sua relazione inaugurale ha sottolineato come in Italia si facciano troppi processi: «L'Italia detiene, con largo margine, il primo posto assoluto in Europa per numero di affari penali relativi a infrazioni qualificate come gravi, pendenti dinnanzi ai tribunali di primo grado». «Quanto al numero di reati per abitanti - ha sottolineato l'alto magistrato -, siamo secondi solo alla Bosnia Erzegovina». «Sono poche invece in Italia, rispetto agli altri Paesi, le infrazioni minori per le quali non viene innescato il complesso meccanismo del processo penale - ha concluso Grechi -. È evidente che non siamo al cospetto della malvagità di un popolo ma di una politica di "pan-penalizzazione" che si dimostra da sempre di fatto incontenibile, anche perché non sa affidare a organi amministrativi efficienti l'accertamento e la sanzione delle infrazioni meno gravi».

CAUSE CIVILI PENDENTI - Il «dato più impressionante», per Grechi, è l'entità del contenzioso civile: «Per limitarci al primo grado di giudizio, abbiamo un "debito pubblico" di cause civili pendenti che è quasi il doppio della Germania, più del triplo della Francia, più del quadruplo della Spagna». E in fatto di capacità di smaltimento degli affari civili l'Italia è in fondo alla classifica europea, seguita solo da Andorra e Georgia; quanto alla durata delle cause siamo al sest'ultimo posto (precedendo solo Bosnia Erzegovina, Cipro, Andorra, Croazia e Slovenia).

IL CASO ENGLARO - Sul caso di Eluana Englaro, Grechi ha sottolineato che la corte d'appello civile di Milano che è stata chiamata a decidere «non ha invaso territori altrui». «La Costituzione è fondata sulla separazione dei poteri, per cui un potere non può interferire nelle decisioni di un altro». Quindi, né il potere esecutivo né quello legislativo possono annullare le sentenze definitive.

INGERENZE DELLA POLITICA- «La situazione è di estrema drammaticità», ha detto Giorgio Santacroce, presidente della corte d'appello di Roma. «In tutte le nazioni esistono contrasti tra magistratura e politica», ha ricordato Santacroce, «ma da noi la situazione si rivela più grave e sconfortante perché questi contrasti sono vissuti e usati quasi sempre per scatenare sterili polemiche, o servono ad alimentare campagna di vera e propria delegittimazione del ruolo della magistratura nella sua interezza». E ancora: «La crisi della giustizia è grave e allarmante, come mai in passato. Ma il giudice italiano non può continuare a vivere il suo rapporto con la politica in modo perennemente teso e conflittuale».

PROCESSI TROPPO LUNGHI - Santacroce ha anche puntato il dito sull'eccessiva lentezza dei processi in Italia. Per Santacroce occorre una vera e propria «rivoluzione culturale, l'affermazione di un'etica pubblica fondata su una ritrovata legalità, anziché sull'idea fuorviante che l'illegalità degli altri sia sufficiente a giustificare la propria». Ha quindi auspicato «maggiore snellezza e celerità ai processi civili e penali»: «Rendere prontamente giustizia è indispensabile nell'interesse dei cittadini che aspettano un segno tangibile di giustizia».

AURIEMMA: «ATTACCHI DALLA TV» - Ancora sulle ingerenze della politica, durissimo l'intervento del presidente dell' Associazione nazionale magistrati del distretto Roma-Lazio, Paolo Auriemma, per il quale assistiamo a «una continua erosione della credibilità della magistratura con attacchi sempre più virulenti anche nel merito, con l'insistenza martellante degli imbonimenti televisivi di parzialità preconcette, formulate contro i giudici da rappresentanti anche elevati della classe politica». Auriemma ha parlato in sintesi «di una campagna di delegittimazione dei giudici che ha visto spesso in azione esponenti di rilievo» della politica.

LO SCONTRO TRA PROCURE - A Salerno era inevitabile, nella cerimonia di apertura dell'anno giudiziario, un riferimento alla «bufera» che ha travolto la procura nelle scorse settimane, con la sospensione da funzioni e stipendio del capo dei pm Luigi Apicella dopo lo scontro con i colleghi di Catanzaro, in seguito al caso De Magistris. Molto cauto il presidente facente funzione della Corte di Appello di Salerno, Matteo Casale: «L'estrema vicinanza degli accadimenti, la doverosa riservatezza, la non perfetta conoscenza degli atti giudiziari, il dovuto rispetto agli organi istituzionali ed a quelli giudiziari mi impongono di tenere il massimo riserbo». Casale ha ribadito la preoccupazione per quanto accaduto e che «la vicenda e la forte risonanza mediatica poteva incidere sulla già altalenante credibilità del Paese nelle istituzioni giudiziaria». «Posso soltanto affermare con fermezza - ha aggiunto - che la capacità di recupero che caratterizza da sempre gli operatori giudiziari ha consentito di mantenere alta la serenità di giudizio in tutto l'ambiente distrettuale».

E JANNELLI CITA BERLINGUER - Alla stessa vicenda il presidente della Corte di Appello di Catanzaro, Pietro Antonio Sirena, ha dedicato una pagina della sua relazione, dicendo di aver «reso edotto il Csm della situazione che andava maturando, già qualche tempo prima che questa precipitasse» e rallegrandosi perché «si è avuto un tempestivo intervento degli organi disciplinari e dello stesso nostro organo di autogoverno». Il procuratore generale di Catanzaro, Enzo Jannelli, nel suo intervento parlato dei rapporti tra politica e magistratura, citando il segretario del Pci Enrico Berlinguer.

PALERMO SENZA FONDI E PERSONALE - «Non siamo alla bancarotta ma siamo messi abbastanza male», ha riferito il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, a margine dell’apertura dell’anno giudiziario nel capoluogo siciliano. «Paghiamo i trasferimenti di tasca nostra - denuncia il pm - i rimborsi sono fermi, dobbiamo economizzare sulla carta, stampanti, toner, pc e fax e non ci sono fondi per gli straordinari». Il magistrato ha quindi ricordato come subito dopo le stragi di Falcone e Borsellino, anche nel pomeriggio, gli uffici giudiziari fossero pieni di personale. «Adesso i magistrati nel pomeriggio sono soli e non c’è personale».

0 commenti: