... e se il buongiorno si vede dal mattino... dal blog di Lexi
Per fortuna la prima settimana del nuovo Presidente è stata una settimana corta. Dico questo perché dopo soli tre giorni dall’ingresso alla Casa Bianca, i giornali americani (compresi quelli dichiaratamente pro-Obama) cominciano a registrare alcune perplessità sul modo in cui è avvenuto l’approccio ai problemi da parte della nuova Presidenza. Che poi sarebbe proprio l’aspetto che, secondo i Bush-haters di professione, avrebbe dovuto marcare la differenza rispetto alla precedente gestione. Siccome in Italia i giornali sono ancora imbevuti dall’odore dell’incenso e si limitano acriticamente a blablare di speranza, di cambiamento, di se po’ ffa e dei tailleurs di Michelle, vediamo sinteticamente quali sono state le decisioni prese da Obama in questi tre giorni e le effettive reazioni.
1) Iniziamo dalla notizia che, forse, nessun giornale italiano ha registrato e che, di sicuro, se fosse avvenuta in era Bush avrebbe guadagnato i titoli di prima pagina. Ieri c’è stato un raid americano in Pakistan. Un Predator ha lanciato tre missili nei dintorni della città di Mirali, nel nord Waziristan, regione in territorio pakistano a una trentina di miglia dal confine con l’Afghanistan. I morti accertati sono almeno 20. Ai giornalisti che, durante il consueto briefing, chiedevano conferma dell’accaduto, il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, si è rifiutato di rispondere.
2) Nell’ambito della crisi di Gaza, le uniche telefonate fatte da Obama a capi di stato esteri sono state con Olmert, Abu Mazen, Mubarak e re Abd Allah II di Giordania. Nessun consulto con gli europei. Non con Sarkozy che si era personalmente sbattuto nei giorni scorsi, non con la Merkel, non con Berlusconi o Gordon Brown.
3) Dopo aver incontrato il generale David Petraeus (l’artefice del vittorioso surge “bushiano” in Iraq, nonché, per quanto prevedo, prossimo Presidente degli Stati Uniti), Obama ha stabilito, per i mesi a venire, un consistente aumento di truppe da inviare in Afghanistan. A questo proposito chiederà agli alleati europei di darsi una svegliata e di fare la loro parte. Ma Londra, Parigi, Berlino e Roma hanno già fatto sapere che la loro risposta sarà “no”. A dire il vero, analoga richiesta era già stata fatta da Obama durante il tour europeo svolto durante la campagna elettorale, ma in quell’occasione i giornali italiani erano troppo impegnati a contare le persone nelle piazze e le bandierine americane vendute e sventolate per ricordarsi anche di riportare quella frase del loro nuovo dio.
4) Come proprio sottosegretario alla Difesa, Obama ha nominato William J. Lynn. Il suo compito sarà quello di dirigere il comitato preposto all’acquisto di nuovi armamenti. Nulla di strano, se non che Lynn (che pure fino a oggi non ha nemmeno un profilo su Wikipedia, pezzente!) è uno dei più noti e chiacchierati lobbisti dell’odiata industria delle armi. Per la precisione è un executive della Raytheon, la più importante società produttrice di missili e sistemi di difesa. Siccome Obama aveva sempre detto che non avrebbe mai portato lobbisti nel suo governo, i giornalisti gliene hanno chiesto conto. Risposta: uno stizzito “no comment” e sospensione anzi tempo dalla conferenza stampa
5) Questione Guantanamo. La decisione di chiudere il carcere (non oggi, in un anno) e di sospendere i processi (metterli in frigorifero, non annullarli), è stata accompagnata dalle immagini del momento solenne della firma e, ovviamente, è stata accolta dal plauso mondiale. Ma, al di là del fumo, si tratta per lo più di una mossa dovuta e di un colpo di maquillage per la propria immagine. Il fatto è che il governo non sa letteralmente cosa fare di questo esercito di terroristi e tagliagole. In Europa non li vogliono, nelle carceri americane non li vogliono, se sottoposti a processo rischiano di finire in libertà dal momento che, per l’Occidente, dare due calci in culo a chi vuole farti saltare in aria o tagliarti la testa è considerato un esercizio di macelleria. Senza contare che tutti quelli che sono stati rimessi in libertà sono prontamente ritornati a combattere nelle fila di al-Qaeda. Il problema quindi, al di là di una firma in mondovisione, è tutt'altro che risolto.
6) Altrettanto “platealmente”, Obama ha passato la spugna sulle restrizioni volute da Bush circa i finanziamenti alle organizzazioni non governative pro-choice (abortiste). Ora, fare una corretta informazione sui metodi contraccettivi e diffondere una maggiore responsabilità in termini di pianificazione familiare, è senz’altro una cosa giusta. Nello stesso tempo, però, è lecito anche chiedersi perché la “filosofia” corrente debba essere quella del ricorso finale all’aborto anziché garantire un sostegno, aiuti concreti e incentivi, per far nascere il bambino, poterlo crescere o al limite darlo in affidamento. Non dimenticherei mai che, negli Stati Uniti, a ricorrere in misura maggiore all’aborto sono donne che non vogliono danneggiare la propria carriera o minorenni spinte a questa scelta dai genitori per paura che un bambino possa condizionare o rovinare il futuro della figlia. Può sembrare brutto dirlo, ma citare esclusivamente l’ignoranza e la povertà come le ragioni principali del ricorso all’aborto è ipocritamente falso. La questione è filosofica e morale ma non è detto che la soluzione “giusta” debba portare solo in una direzione.
7) In tema di rapporti commerciali, il ministro del Tesoro, Timothy Geithner, ha apertamente e in forma ufficiale accusato il governo cinese di manipolare artificialmente il valore della propria moneta al fine di ottenere illeciti vantaggi economici. Gli Stati Uniti, ha aggiunto Geithner, reagiranno “in maniera aggressiva” per porre termine a questa situazione. Qui Obama, oltre a rivelare la propria natura iper protezionistica in campo economico (non dimentichiamo la sua uscita di voler ridiscutere il NAFTA, il trattato di libero commercio con Canada e Messico), paga dazio ai sindacati americani che, nella concorrenza cinese, vedono la causa principale della scomparsa di tanti posti di lavoro.
8) Nello stesso campo, è stata presa la decisione, dal prossimo 23 marzo, di aumentare del 200% i dazi sull’importazione delle acque minerali italiane. Questo è ritenuto più che preoccupante dalle società italiane, per le quali il mercato americano rappresenta quasi il 50% delle esportazioni. Se verrà attuata questa politica da parte del governo americano, a pagare potrebbero essere molti italiani che lavorano in questo settore e che rischierebbero la perdita del loro posto. Analoghi aumenti sono stati presi per l’importazione di prosciutto, salsiccie, cioccolato, tartufi, formaggi francesi, il Roquefort in primis (in questo caso i dazi aumentano del 300%).
Risultato: in soli tre giorni, Obama ha già fatto incazzare: i giornalisti, i governi e le diplomazie di mezza Europa, la Cina, i cattolici d’America (che pure l’hanno votato in massa), il Vaticano, quelli che si aspettavano di vedere i colori dell’arcobaleno sul nuovo tappeto dell’Ufficio Ovale, i formaggiai francesi, Reinhold Messner, Alessandro Del Piero e pure il suo passerotto. Ma forse tutto questo, per ora, i giornali non lo diranno.
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