La sagoma nera sta seduta su una grande poltrona rossa e dorata. Invisibile il volto - pure gli occhi. Si vedono solo le mani bianche, che tagliano l’aria con gesti ampi, e il microfono che spunta all’altezza della bocca. Dalla sagoma nera proviene una voce decisa, che recita i versi di una poesia: «Mi hanno imposto il burqa, ma io sono libera come un uccello. Anche la spada nascosta nel fodero non è meno tagliente». Aydah Al Jahani, quarantenne saudita, è l’unica partecipante donna rimasta in gara nel concorso della tv di Abu Dhabi Il poeta milionario. Il popolarissimo show, nato nel 2006, giunto alla terza edizione, vede 8 professionisti e dilettanti fronteggiarsi ogni giovedì sera recitando nel dialetto del Golfo composizioni da loro scritte di poesia nabati, un genere di tradizione beduina. Erano 48 all’inizio (altre due donne, entrambe giordane, sono state eliminate). Aydah ha superato la prima selezione a dicembre (partecipando con una poesia sui diritti delle donne), e ieri ha passato la seconda: è stato il pubblico da casa (oltre 7 milioni di spettatori) a sceglierla, con il 59% dei voti inviati via sms nel corso di una settimana. Ora è una dei 20 poeti rimasti nella fase finale (ancora 6 settimane) a contendersi i 5 milioni di dirham (1 milione di euro) in palio (e altri ricchi premi. La tribù Al Jahani, cui Aydah appartiene, e il suo stesso padre però non sono d’accordo. Il sito saudita Elaph scrive che l’avrebbero minacciata di morte, perché poco importa che Aydah nasconda il proprio corpo: la voce femminile è in sé erotica e sufficiente a suscitare pensieri peccaminosi. Secondo un aneddoto sulla vita del Profeta, Maometto l’avrebbe definita awra e cioé un’onta, raccomandando a un fedele dal quale era andato a pranzo di far abbassare la voce alla moglie che lo chiamava gridando dal reparto delle donne. Hana Al Hirsi, PR della compagnia Pyramedia che produce lo show, conferma che Aydah «ha ricevuto pressioni dalla sua tribù», ma non minacce di morte. «Proviene dalla regione del Golfo. La tribù è come una grande famiglia e molti sono contrari che partecipi al programma. Ma il fatto stesso che lo abbia fatto è una conquista», dice Al Hirsi al Corriere. «E d’altra parte ci sono anche molti che l’appoggiano e che si sono sintonizzati ieri sera solo per vedere lei». Aydah ha cominciato a comporre poesie da bambina, unendo dialetto e lingua colta. A 5 anni pubblicò la prima sul mensile culturale del Kuwait Al Yaqdha (il risveglio). La poetessa si definisce «wahida saudiya» (l’unica saudita) nella sua prima raccolta del 1999. Da allora ha conquistato premi letterari e alcuni cantanti del Golfo hanno messo in musica le sue poesie. Diverso però è apparire di persona in tv davanti a milioni di persone, con quella «voce incantevole» e quei «modi raffinati», scrive Elaph. Ma Aydah ha due alleati: il pubblico e il marito. I giurati in studio (cinque uomini) selezionano ogni giovedì un poeta che passa al round successivo: in nessuno dei due round hanno scelto lei. Ma anche gli spettatori possono dire la loro: sono stati loro a promuoverla. Ieri tre quarti della platea in studio era composta da donne, rigorosamente sedute in una sezione separata rispetto agli uomini. Aydah ha accolto la notizia di essere passata al terzo round (l’ultimo prima della finale del 26 marzo) dicendosi orgogliosa a nome di tutte le donne. La poetessa non scrive però solo sui diritti femminili, ma anche di questioni che riguardano tutti. «Molte delle composizioni in gara sono su Gaza, sul nazionalismo, sulla guerra, sulle difficoltà economiche», spiega Al Hirsi. L’ultima poesia recitata da Aydah, «Dedicato al piccolo Basem», è la storia vera di un bambino povero morto di fame e di freddo nel nord dell’Arabia Saudita. E mentre lei siede sulla scena, nascosta nel suo involucro nero, il marito seduto tra il pubblico applaude. Prima di poetare, come tutti i partecipanti Aydah ringrazia sempre Dio. Poi, con quella sua voce matura e forte, rivolge al compagno parole tenerissime: «Mi inchino, con rispetto, con gratitudine e con amore, al più coraggioso degli uomini, mio marito».
Viviana Mazza (Ha collaborato Farid Adly)
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