domenica 25 gennaio 2009

Femministe e stupri

La difesa dell'uomo, un 40enne italiano accusato di aver violentato la donna. "Un momento di debolezza che mi ha portato a perdere lavoro, compagna e figlia". Roma, romena stuprata da un italiano. "Ma ora il sindaco l'ha dimenticata". Presidio delle femministe davanti al tribunale: "La violenza non ha nazionalità"

ROMA
- Gli episodi di violenza sessuale fanno sempre clamore, in particolare se le vittime sono giovani e i carnefici stranieri. Non è stato così per Magdalena, la donna romena stuprata in un call center a Roma da un quarantenne italiano, compagno della titolare della società dove la vittima faceva le pulizie. Un caso che ha spinto l'Assemblea romana di femministe e lesbiche a organizzare un presidio davanti al tribunale a sostegno di Magdalena, protestando contro il sindaco di Roma Gianni Alemanno che all'epoca dei fatti, lo scorso maggio, aveva parlato di "fatto gravissimo" annunciando che avrebbe aiutato la donna, annuncio finito nel nulla. "Il Comune ha sfruttato la vicenda mediaticamente" hanno riferito in una nota le femministe, "dichiarando sui giornali che si sarebbe costituito parte civile, fatto mai accaduto, e che le avrebbe offerto un altro posto di lavoro. Dopo mesi di silenzio e senza aver fornito alcun sostegno, il Comune ha offerto a Magdalena un posto di lavoro con contratto di 3 mesi". Intanto il processo contro Alessio Amadio, accusato di aver minacciato e stuprato Magdalena, va avanti. Dopo la testimonianza della vittima, è toccato all'uomo che ha rilasciato una dichiarazione spontanea in cui ha dato al sua versione dei fatti: "Quella mattina non è avvenuta alcuna violenza. Era consenziente. Ho solo avuto un momento di debolezza che mi ha portato a perdere il lavoro, la compagna e la figlia". Secondo la ricostruzione dell'accusa Magdalena la mattina del 15 maggio scorso all'alba è stata minacciata con un taglierino e stuprata nel call center dove lavorava. La vittima conosceva il suo aggressore: era il compagno della titolare della società dei servizi telefonici per cui lavorava e che l'aveva assunta anche per occuparsi della casa. Lui la corteggiava da tempo ma quella volta l'aveva seguita perché sapeva che a quell'ora l'avrebbe trovata da sola. Amadio l'ha aggredita e violentata, poi l'ha insultata: "Noi italiani non ci accontentiamo di una donna sola, non riusciamo a essere fedeli". Magdalena ha chiesto aiuto e ha avuto il coraggio di denunciare la violenza. Lui è stato arrestato poco dopo. Lei è stata licenziata. L'uomo ai primi di giugno era agli arresti domiciliari. Dalla fine di settembre è tornato a piede libero. Lo scorso ottobre Magdalena, accompagnata dal marito con il quale vive in Italia da dieci anni (hanno due figli), ha testimoniato in tribunale durante il processo al suo aggressore. Ha raccontato tutto nei minimi particolari, rivivendo quella drammatica mattina. Nella nuova udienza Amadio, assistito dagli avvocati Giuseppe Merlino e Raffaele Castellani, con le sue dichiarazioni ha in sostanza sostenuto di essere stato "incoraggiato" dalla donna negando poi di essere fuggito. "Fino al 15 maggio avevo un ottimo lavoro e una vita tranquilla - ha detto l'uomo - Dopo quei fatti ho perso il lavoro, ho difficoltà a incontrare la mia bambina nata dalla relazione con la mia convivente che mi ha anche lasciato. Quella mattina non è avvenuta alcuna violenza, solo effusioni precedute nei giorni precedenti da ammiccamenti, sguardi e battute. Ho avuto un momento di debolezza che mi ha portato ha perdere lavoro, compagna e figlia. Sono stato scorretto. La mia unica colpa è quella di aver commesso un fatto eticamente scorretto che ho pagato duramente". Nel corso dell'udienza sono stati sentiti anche gli investigatori che hanno svolto le indagini, nonché l'ex compagna dell'imputato, responsabile del call center dove nel maggio scorso si sarebbe svolto l'abuso. L'udienza è stata poi aggiornata al 18 marzo prossimo, quando dovrebbe esserci anche la sentenza nei confronti di Alessio Amodio. La donna è invece costituita in giudizio con l'assistenza dell'avvocato Carlo Testa Piccolomini. Per la prossima udienza l'Assemblea romana di femministe e lesbiche ha annunciato un nuovo presidio perché "le istituzioni strumentalizzano la violenza contro le donne per fini razzisti e per giustificare leggi repressive, mentre gli stupratori non hanno nazionalità, l'unica cosa che li accomuna è che sono tutti uomini. Questo caso infatti rovescia completamente la 'regola' su cui hanno costruito il pacchetto sicurezza, per cui è lo 'straniero' a mettere a rischio la sicurezza delle donne italiane".

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