Cagliari - Tiscali che lascia a casa 250 persone (su 850 dipendenti in Italia) vale soltanto un piccolo titolo di prima pagina sui quotidiani della Sardegna. Il governatore Renato Soru, fondatore e primo azionista dell’azienda di telefonia, che un mese fa annuncia in tv da Fabio Fazio che «per l’azienda i lavoratori vengono al primo posto» e ora non spende una sola parola di solidarietà verso chi perderà il posto, non è una grande notizia. Tuttavia lo scarso risalto dato ai licenziamenti non è una svista: in Sardegna le difficoltà dell’azienda telefonica sono note, tant’è che già un centinaio di dipendenti di Tiscali hanno approfittato degli incentivi offerti e se ne sono andati. C’è tempo fino alla fine del mese per sfruttare gli scivoli. Poi si vedrà: per il 3 febbraio è fissato un incontro tra l’azienda e i sindacati per decidere come smaltire il personale ritenuto eccedente. Intanto, ieri il titolo della società sarda in Borsa ha perso il 17,8 per cento. Ma non sembrano fare più notizia nemmeno le sparate di Soru. Su Raitre aveva detto «non lasceremo a casa nessuno» benché 4 giorni prima della trasmissione, il 3 dicembre, Tiscali avesse concordato gli esuberi in un vertice nella sede dell’Associazione industriali di Cagliari. Per lui i licenziamenti non sono un grosso problema: da quando è governatore della Sardegna ha assunto in regione parecchia gente che proveniva proprio dalla sua azienda. Manager come Sergio Benoni, direttore editoriale messo a capo della Sardinia Media Factory, o Chicco Porcu, pubblicitario con seggio in consiglio regionale. Ma anche parecchia gente normale. In questi anni la politica del personale decisa da Soru ha fatto arrabbiare parecchi dipendenti della regione. In procura è arrivato un esposto di impiegati che si sono ritrovati improvvisamente disoccupati pur conservando il posto di lavoro. Entravano al mattino, timbravano e per sei ore stavano a non far nulla. In compenso le loro mansioni venivano girate a un esercito di precari, per lo più provenienti da Tiscali. Questo è accaduto soprattutto nel settore Trasparenza e comunicazione, dove Soru ha assunto la bellezza di 118 persone. Contratti più o meno lunghi, lavori più o meno importanti, nonostante la regione abbia un ufficio stampa nutrito e ben pagato. Del disagio si sono fatti portavoce due consiglieri, Mario Diana e Antonello Liori, che in un’interrogazione hanno denunciato il meccanismo. Soru assumeva giornalisti professionisti e pubblicisti «che in gran parte avevano collaborato con la redazione del portale Tiscali», li inquadrava con contratti di consulenza invece del contratto giornalistico e assegnava loro per lo più incarichi tecnici (grafici e «web master») legati allo sviluppo del sito della regione. I cui server, per inciso, si trovano a Sa Illetta, sede dell’azienda di telefonia fondata da Soru e ancora in mano sua. Da dipendenti Tiscali a consulenti della regione, con l’Associazione della stampa sarda a combattere invano per ottenere l’applicazione del contratto nazionale di lavoro. Soru ha sempre tirato dritto. Ha sempre trattato a modo suo amici e nemici. Un altro esempio? Nel 2007, nell’ambito dei finanziamenti alle associazioni culturali, ha elargito 72.871,10 euro a «Piero Marras projects» (la richiesta era di 73.200 euro) e altri 80.132,22 a «Elena Ledda vox» (su 120mila) per organizzare concerti di musica popolare. Oggi Piero Marras ed Elena Ledda appaiono nel listino di Soru, tra i nomi che in caso di vittoria hanno il seggio garantito. Dal giorno delle dimissioni, come ha denunciato il candidato del centrodestra Ugo Cappellacci, la giunta regionale ha approvato raffiche di delibere che distribuiscono denari pubblici a pioggia. Due milioni di euro per la tangenziale di Orosei, un milione 200mila per «opere di interesse locale» a Villasimius, un milione e mezzo per una casa di riposo a San Sperate, due milioni 700mila per riqualificare la viabilità nel centro storico di Lanusei. E ancora sistemazione di piazze, arredo urbano, ristrutturazioni, palestre, scuole, musei, strade, ponti. Ce n’è per tutti. Soru stava anche per varare un concorso per selezionare dieci nuovi dirigenti regionali su 21: una rivoluzione in una fase in cui ci si dovrebbe limitare all’ordinaria amministrazione. Era prevista anche la nomina del nuovo segretario generale di via Roma, l’ufficio di presidenza era convocato per la fine del mese. Ma i sindacati si sono messi di traverso e il colpo di mano è saltato. Per la sfilza di nomine, appuntamento a dopo le elezioni. Forse.
venerdì 23 gennaio 2009
Sardegna
Tiscali, dipendenti assunti in Regione di Stefano Filippi
Cagliari - Tiscali che lascia a casa 250 persone (su 850 dipendenti in Italia) vale soltanto un piccolo titolo di prima pagina sui quotidiani della Sardegna. Il governatore Renato Soru, fondatore e primo azionista dell’azienda di telefonia, che un mese fa annuncia in tv da Fabio Fazio che «per l’azienda i lavoratori vengono al primo posto» e ora non spende una sola parola di solidarietà verso chi perderà il posto, non è una grande notizia. Tuttavia lo scarso risalto dato ai licenziamenti non è una svista: in Sardegna le difficoltà dell’azienda telefonica sono note, tant’è che già un centinaio di dipendenti di Tiscali hanno approfittato degli incentivi offerti e se ne sono andati. C’è tempo fino alla fine del mese per sfruttare gli scivoli. Poi si vedrà: per il 3 febbraio è fissato un incontro tra l’azienda e i sindacati per decidere come smaltire il personale ritenuto eccedente. Intanto, ieri il titolo della società sarda in Borsa ha perso il 17,8 per cento. Ma non sembrano fare più notizia nemmeno le sparate di Soru. Su Raitre aveva detto «non lasceremo a casa nessuno» benché 4 giorni prima della trasmissione, il 3 dicembre, Tiscali avesse concordato gli esuberi in un vertice nella sede dell’Associazione industriali di Cagliari. Per lui i licenziamenti non sono un grosso problema: da quando è governatore della Sardegna ha assunto in regione parecchia gente che proveniva proprio dalla sua azienda. Manager come Sergio Benoni, direttore editoriale messo a capo della Sardinia Media Factory, o Chicco Porcu, pubblicitario con seggio in consiglio regionale. Ma anche parecchia gente normale. In questi anni la politica del personale decisa da Soru ha fatto arrabbiare parecchi dipendenti della regione. In procura è arrivato un esposto di impiegati che si sono ritrovati improvvisamente disoccupati pur conservando il posto di lavoro. Entravano al mattino, timbravano e per sei ore stavano a non far nulla. In compenso le loro mansioni venivano girate a un esercito di precari, per lo più provenienti da Tiscali. Questo è accaduto soprattutto nel settore Trasparenza e comunicazione, dove Soru ha assunto la bellezza di 118 persone. Contratti più o meno lunghi, lavori più o meno importanti, nonostante la regione abbia un ufficio stampa nutrito e ben pagato. Del disagio si sono fatti portavoce due consiglieri, Mario Diana e Antonello Liori, che in un’interrogazione hanno denunciato il meccanismo. Soru assumeva giornalisti professionisti e pubblicisti «che in gran parte avevano collaborato con la redazione del portale Tiscali», li inquadrava con contratti di consulenza invece del contratto giornalistico e assegnava loro per lo più incarichi tecnici (grafici e «web master») legati allo sviluppo del sito della regione. I cui server, per inciso, si trovano a Sa Illetta, sede dell’azienda di telefonia fondata da Soru e ancora in mano sua. Da dipendenti Tiscali a consulenti della regione, con l’Associazione della stampa sarda a combattere invano per ottenere l’applicazione del contratto nazionale di lavoro. Soru ha sempre tirato dritto. Ha sempre trattato a modo suo amici e nemici. Un altro esempio? Nel 2007, nell’ambito dei finanziamenti alle associazioni culturali, ha elargito 72.871,10 euro a «Piero Marras projects» (la richiesta era di 73.200 euro) e altri 80.132,22 a «Elena Ledda vox» (su 120mila) per organizzare concerti di musica popolare. Oggi Piero Marras ed Elena Ledda appaiono nel listino di Soru, tra i nomi che in caso di vittoria hanno il seggio garantito. Dal giorno delle dimissioni, come ha denunciato il candidato del centrodestra Ugo Cappellacci, la giunta regionale ha approvato raffiche di delibere che distribuiscono denari pubblici a pioggia. Due milioni di euro per la tangenziale di Orosei, un milione 200mila per «opere di interesse locale» a Villasimius, un milione e mezzo per una casa di riposo a San Sperate, due milioni 700mila per riqualificare la viabilità nel centro storico di Lanusei. E ancora sistemazione di piazze, arredo urbano, ristrutturazioni, palestre, scuole, musei, strade, ponti. Ce n’è per tutti. Soru stava anche per varare un concorso per selezionare dieci nuovi dirigenti regionali su 21: una rivoluzione in una fase in cui ci si dovrebbe limitare all’ordinaria amministrazione. Era prevista anche la nomina del nuovo segretario generale di via Roma, l’ufficio di presidenza era convocato per la fine del mese. Ma i sindacati si sono messi di traverso e il colpo di mano è saltato. Per la sfilza di nomine, appuntamento a dopo le elezioni. Forse.
Cagliari - Tiscali che lascia a casa 250 persone (su 850 dipendenti in Italia) vale soltanto un piccolo titolo di prima pagina sui quotidiani della Sardegna. Il governatore Renato Soru, fondatore e primo azionista dell’azienda di telefonia, che un mese fa annuncia in tv da Fabio Fazio che «per l’azienda i lavoratori vengono al primo posto» e ora non spende una sola parola di solidarietà verso chi perderà il posto, non è una grande notizia. Tuttavia lo scarso risalto dato ai licenziamenti non è una svista: in Sardegna le difficoltà dell’azienda telefonica sono note, tant’è che già un centinaio di dipendenti di Tiscali hanno approfittato degli incentivi offerti e se ne sono andati. C’è tempo fino alla fine del mese per sfruttare gli scivoli. Poi si vedrà: per il 3 febbraio è fissato un incontro tra l’azienda e i sindacati per decidere come smaltire il personale ritenuto eccedente. Intanto, ieri il titolo della società sarda in Borsa ha perso il 17,8 per cento. Ma non sembrano fare più notizia nemmeno le sparate di Soru. Su Raitre aveva detto «non lasceremo a casa nessuno» benché 4 giorni prima della trasmissione, il 3 dicembre, Tiscali avesse concordato gli esuberi in un vertice nella sede dell’Associazione industriali di Cagliari. Per lui i licenziamenti non sono un grosso problema: da quando è governatore della Sardegna ha assunto in regione parecchia gente che proveniva proprio dalla sua azienda. Manager come Sergio Benoni, direttore editoriale messo a capo della Sardinia Media Factory, o Chicco Porcu, pubblicitario con seggio in consiglio regionale. Ma anche parecchia gente normale. In questi anni la politica del personale decisa da Soru ha fatto arrabbiare parecchi dipendenti della regione. In procura è arrivato un esposto di impiegati che si sono ritrovati improvvisamente disoccupati pur conservando il posto di lavoro. Entravano al mattino, timbravano e per sei ore stavano a non far nulla. In compenso le loro mansioni venivano girate a un esercito di precari, per lo più provenienti da Tiscali. Questo è accaduto soprattutto nel settore Trasparenza e comunicazione, dove Soru ha assunto la bellezza di 118 persone. Contratti più o meno lunghi, lavori più o meno importanti, nonostante la regione abbia un ufficio stampa nutrito e ben pagato. Del disagio si sono fatti portavoce due consiglieri, Mario Diana e Antonello Liori, che in un’interrogazione hanno denunciato il meccanismo. Soru assumeva giornalisti professionisti e pubblicisti «che in gran parte avevano collaborato con la redazione del portale Tiscali», li inquadrava con contratti di consulenza invece del contratto giornalistico e assegnava loro per lo più incarichi tecnici (grafici e «web master») legati allo sviluppo del sito della regione. I cui server, per inciso, si trovano a Sa Illetta, sede dell’azienda di telefonia fondata da Soru e ancora in mano sua. Da dipendenti Tiscali a consulenti della regione, con l’Associazione della stampa sarda a combattere invano per ottenere l’applicazione del contratto nazionale di lavoro. Soru ha sempre tirato dritto. Ha sempre trattato a modo suo amici e nemici. Un altro esempio? Nel 2007, nell’ambito dei finanziamenti alle associazioni culturali, ha elargito 72.871,10 euro a «Piero Marras projects» (la richiesta era di 73.200 euro) e altri 80.132,22 a «Elena Ledda vox» (su 120mila) per organizzare concerti di musica popolare. Oggi Piero Marras ed Elena Ledda appaiono nel listino di Soru, tra i nomi che in caso di vittoria hanno il seggio garantito. Dal giorno delle dimissioni, come ha denunciato il candidato del centrodestra Ugo Cappellacci, la giunta regionale ha approvato raffiche di delibere che distribuiscono denari pubblici a pioggia. Due milioni di euro per la tangenziale di Orosei, un milione 200mila per «opere di interesse locale» a Villasimius, un milione e mezzo per una casa di riposo a San Sperate, due milioni 700mila per riqualificare la viabilità nel centro storico di Lanusei. E ancora sistemazione di piazze, arredo urbano, ristrutturazioni, palestre, scuole, musei, strade, ponti. Ce n’è per tutti. Soru stava anche per varare un concorso per selezionare dieci nuovi dirigenti regionali su 21: una rivoluzione in una fase in cui ci si dovrebbe limitare all’ordinaria amministrazione. Era prevista anche la nomina del nuovo segretario generale di via Roma, l’ufficio di presidenza era convocato per la fine del mese. Ma i sindacati si sono messi di traverso e il colpo di mano è saltato. Per la sfilza di nomine, appuntamento a dopo le elezioni. Forse.
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