Roma - Stop alle provocazioni. I luoghi-simbolo della cristianità non potranno più essere invasi. Lo ha deciso il ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Nelle nostre città non si vedranno più manifestazioni-preghiera come quelle del 3 gennaio scorso, quando migliaia di persone, alla fine di un corteo «per la Palestina» occuparono simbolicamente (e senza autorizzazione) piazza Duomo a Milano, e piazza San Petronio a Bologna. Un trauma, per molti, l’invocazione ad Allah pronunciata da migliaia di fedeli musulmani prostrati verso La Mecca proprio davanti alle cattedrali cristiane. Per molti un’offesa, o ancora una mossa consapevole inserita in una precisa strategia di islamizzazione dello spazio pubblico delle città. Anche perché a condurre quella preghiera fu Abu Imad, imam del centro di viale Jenner, su cui grava una condanna appello per associazione a delinquere aggravata dalle finalità di terrorismo. L’arciprete del Duomo di Milano, monsignore Luigi Manganini, parlò di «mancanza di sensibilità». Nessun commento dall’arcivescovo ambrosiano Dionigi Tettamanzi, ma sei giorni dopo gli organizzatori del corteo dovettero bussare alla porta della Curia. Un incontro riparatore sancito da una dichiarazione in cui i promotori del corteo esprimevano «rammarico» «qualora il gesto avesse ferito la sensibilità cristiana», ripetendo che «non c’era intenzione di compiere una provocazione o mancare di rispetto». Un rammarico a cui alcune autorità del mondo islamico o arabo hanno aderito in modo poco convinto, se non controvoglia. Il giorno successivo, a Milano, un nuovo corteo. Tenuto a distanza dal Duomo grazie a un robusto servizio d’ordine controllato da centri islamici e organizzazioni filopalestinesi. Ma non esente dagli slogan violenti, dai roghi delle stelle di David, da una drammatica confusione fra politica e religione.Ora il ministro Maroni dice «basta»: «Ho preparato una direttiva che verrà inviata a tutti i prefetti affinché fatti come quelli avvenuti davanti al Duomo di Milano non abbiano a ripetersi», ha annunciato al «question time» alla Camera, rispondendo a un’interrogazione parlamentare presentata dal deputato di An-Pdl, e vicesindaco di Milano, Riccardo De Corato. L’obiettivo - ha detto il ministro leghista - è «meglio regolare le manifestazioni, garantendo il diritto di manifestare e allo stesso tempo il diritto dei cittadini a fruire pacificamente degli spazi della propria città». De Corato si è detto soddisfatto della risposta, e della direttiva: «Con questo provvedimento non dovrebbero più verificarsi fatti come quelli del 3 gennaio. L’importante però è rilevare che questa direttiva va applicata drasticamente», ha precisato, osservando come l’autorizzazione a sfilare fino al Duomo non fosse stata concessa neanche quel giorno: «Ora si tratta di impedire questa strategia della provocazione». Nessuna contestazione dai responsabili dei maggiori centri islamici di Milano. «È nelle prerogative del ministro decidere questa limitazione - ha detto Abdel Hamid Shaari, direttore dell’istituto di via Padova - noi ci siamo affrettati a chiedere scusa per quanto è accaduto, garantendo che non ci sarà più alcun gesto ritenuto offensivo». D’accordo anche il direttore della Casa della cultura islamica di via Padova, Asfa Mahmoud: «Non ci sono problemi. Non dobbiamo mischiare politica e religione, ma ricordo a tutti che i musulmani milanesi, 80mila persone, ancora aspettano un luogo degno dove riunirsi per pregare. Basta con capannoni, garage e scantinati».
venerdì 23 gennaio 2009
Esagerato? Ancora è poco
Islam, Maroni vieta le preghiere in piazza di Alberto Giannoni
Roma - Stop alle provocazioni. I luoghi-simbolo della cristianità non potranno più essere invasi. Lo ha deciso il ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Nelle nostre città non si vedranno più manifestazioni-preghiera come quelle del 3 gennaio scorso, quando migliaia di persone, alla fine di un corteo «per la Palestina» occuparono simbolicamente (e senza autorizzazione) piazza Duomo a Milano, e piazza San Petronio a Bologna. Un trauma, per molti, l’invocazione ad Allah pronunciata da migliaia di fedeli musulmani prostrati verso La Mecca proprio davanti alle cattedrali cristiane. Per molti un’offesa, o ancora una mossa consapevole inserita in una precisa strategia di islamizzazione dello spazio pubblico delle città. Anche perché a condurre quella preghiera fu Abu Imad, imam del centro di viale Jenner, su cui grava una condanna appello per associazione a delinquere aggravata dalle finalità di terrorismo. L’arciprete del Duomo di Milano, monsignore Luigi Manganini, parlò di «mancanza di sensibilità». Nessun commento dall’arcivescovo ambrosiano Dionigi Tettamanzi, ma sei giorni dopo gli organizzatori del corteo dovettero bussare alla porta della Curia. Un incontro riparatore sancito da una dichiarazione in cui i promotori del corteo esprimevano «rammarico» «qualora il gesto avesse ferito la sensibilità cristiana», ripetendo che «non c’era intenzione di compiere una provocazione o mancare di rispetto». Un rammarico a cui alcune autorità del mondo islamico o arabo hanno aderito in modo poco convinto, se non controvoglia. Il giorno successivo, a Milano, un nuovo corteo. Tenuto a distanza dal Duomo grazie a un robusto servizio d’ordine controllato da centri islamici e organizzazioni filopalestinesi. Ma non esente dagli slogan violenti, dai roghi delle stelle di David, da una drammatica confusione fra politica e religione.Ora il ministro Maroni dice «basta»: «Ho preparato una direttiva che verrà inviata a tutti i prefetti affinché fatti come quelli avvenuti davanti al Duomo di Milano non abbiano a ripetersi», ha annunciato al «question time» alla Camera, rispondendo a un’interrogazione parlamentare presentata dal deputato di An-Pdl, e vicesindaco di Milano, Riccardo De Corato. L’obiettivo - ha detto il ministro leghista - è «meglio regolare le manifestazioni, garantendo il diritto di manifestare e allo stesso tempo il diritto dei cittadini a fruire pacificamente degli spazi della propria città». De Corato si è detto soddisfatto della risposta, e della direttiva: «Con questo provvedimento non dovrebbero più verificarsi fatti come quelli del 3 gennaio. L’importante però è rilevare che questa direttiva va applicata drasticamente», ha precisato, osservando come l’autorizzazione a sfilare fino al Duomo non fosse stata concessa neanche quel giorno: «Ora si tratta di impedire questa strategia della provocazione». Nessuna contestazione dai responsabili dei maggiori centri islamici di Milano. «È nelle prerogative del ministro decidere questa limitazione - ha detto Abdel Hamid Shaari, direttore dell’istituto di via Padova - noi ci siamo affrettati a chiedere scusa per quanto è accaduto, garantendo che non ci sarà più alcun gesto ritenuto offensivo». D’accordo anche il direttore della Casa della cultura islamica di via Padova, Asfa Mahmoud: «Non ci sono problemi. Non dobbiamo mischiare politica e religione, ma ricordo a tutti che i musulmani milanesi, 80mila persone, ancora aspettano un luogo degno dove riunirsi per pregare. Basta con capannoni, garage e scantinati».
Roma - Stop alle provocazioni. I luoghi-simbolo della cristianità non potranno più essere invasi. Lo ha deciso il ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Nelle nostre città non si vedranno più manifestazioni-preghiera come quelle del 3 gennaio scorso, quando migliaia di persone, alla fine di un corteo «per la Palestina» occuparono simbolicamente (e senza autorizzazione) piazza Duomo a Milano, e piazza San Petronio a Bologna. Un trauma, per molti, l’invocazione ad Allah pronunciata da migliaia di fedeli musulmani prostrati verso La Mecca proprio davanti alle cattedrali cristiane. Per molti un’offesa, o ancora una mossa consapevole inserita in una precisa strategia di islamizzazione dello spazio pubblico delle città. Anche perché a condurre quella preghiera fu Abu Imad, imam del centro di viale Jenner, su cui grava una condanna appello per associazione a delinquere aggravata dalle finalità di terrorismo. L’arciprete del Duomo di Milano, monsignore Luigi Manganini, parlò di «mancanza di sensibilità». Nessun commento dall’arcivescovo ambrosiano Dionigi Tettamanzi, ma sei giorni dopo gli organizzatori del corteo dovettero bussare alla porta della Curia. Un incontro riparatore sancito da una dichiarazione in cui i promotori del corteo esprimevano «rammarico» «qualora il gesto avesse ferito la sensibilità cristiana», ripetendo che «non c’era intenzione di compiere una provocazione o mancare di rispetto». Un rammarico a cui alcune autorità del mondo islamico o arabo hanno aderito in modo poco convinto, se non controvoglia. Il giorno successivo, a Milano, un nuovo corteo. Tenuto a distanza dal Duomo grazie a un robusto servizio d’ordine controllato da centri islamici e organizzazioni filopalestinesi. Ma non esente dagli slogan violenti, dai roghi delle stelle di David, da una drammatica confusione fra politica e religione.Ora il ministro Maroni dice «basta»: «Ho preparato una direttiva che verrà inviata a tutti i prefetti affinché fatti come quelli avvenuti davanti al Duomo di Milano non abbiano a ripetersi», ha annunciato al «question time» alla Camera, rispondendo a un’interrogazione parlamentare presentata dal deputato di An-Pdl, e vicesindaco di Milano, Riccardo De Corato. L’obiettivo - ha detto il ministro leghista - è «meglio regolare le manifestazioni, garantendo il diritto di manifestare e allo stesso tempo il diritto dei cittadini a fruire pacificamente degli spazi della propria città». De Corato si è detto soddisfatto della risposta, e della direttiva: «Con questo provvedimento non dovrebbero più verificarsi fatti come quelli del 3 gennaio. L’importante però è rilevare che questa direttiva va applicata drasticamente», ha precisato, osservando come l’autorizzazione a sfilare fino al Duomo non fosse stata concessa neanche quel giorno: «Ora si tratta di impedire questa strategia della provocazione». Nessuna contestazione dai responsabili dei maggiori centri islamici di Milano. «È nelle prerogative del ministro decidere questa limitazione - ha detto Abdel Hamid Shaari, direttore dell’istituto di via Padova - noi ci siamo affrettati a chiedere scusa per quanto è accaduto, garantendo che non ci sarà più alcun gesto ritenuto offensivo». D’accordo anche il direttore della Casa della cultura islamica di via Padova, Asfa Mahmoud: «Non ci sono problemi. Non dobbiamo mischiare politica e religione, ma ricordo a tutti che i musulmani milanesi, 80mila persone, ancora aspettano un luogo degno dove riunirsi per pregare. Basta con capannoni, garage e scantinati».
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