Il divieto di indossare il niqab, il velo che lascia scoperti solo gli occhi della donna, arriva nelle aule della giustizia. Ad annunciare il ricorso in tribunale contro il provvedimento preso il 3 dicembre scorso, sono alcune studentesse della Ain Shams University, il secondo ateneo pubblico del Cairo, che ieri si sono viste vietare l'ingresso agli esami perché portavano il velo integrale. Si è scatenata una manifestazione di protesta e alcune ragazze hanno preferito rinunciare alla prova. La questione del niqab era esplosa in ottobre quando l'imam di Al Azhar aveva ordinato a una giovane allieva di toglierselo perché non aveva «nulla a che fare con la religione». Il consiglio supremo dell'università aveva ribadito il divieto, riprendendo una legge già in vigore in Egitto: le donne non devono indossare il niqab nei corsi frequentati e tenuti da altre donne, durante gli esami - solo se in assenza di uomini - e nei dormitori. Il passo successivo era stato fatto dal ministro dell'istruzione Yustri El Gamal, che aveva riesumato una direttiva ministeriale del 1995 per estendere il divieto alle scuole pubbliche. Da parte sua il gran mufti Ali Gomaa si era spinto a dire che il niqab non solo non è un obbligo religioso, ma è anche un capo tanto vistoso da essere in contrasto con l'insegnamento del Profeta, e che può essere vietato in luoghi di lavoro come banche ed ospedali. Il ministro degli Affari religiosi, infine, lo aveva bandito dagli uffici del ministero e aveva pubblicato un libro intitolato «Niqab: una tradizione, non un atto religioso». L'iniziativa legale, spiega l'avv. Nizar Ghorab che rappresenta alcune studentesse, non si basa sulla religione, ma sui principi della Costituzione e dei diritti dell'uomo. Quella di indossare il niqab è infatti una libertà costituzionale, «perché la donna che non lo porta ha il diritto di indossare ciò che vuole, mentre chi indossa il niqab non ce l'ha». Inoltre, aggiunge, l’intento è di mostrare come l'Egitto, «che pretende di essere uno stato islamico» e trova nella sharia la fonte principale delle sue leggi, «non applica la legge islamica». Quanto al fatto che il divieto negli istituti di Al Azhar riguardi i locali in cui siano presenti solo donne, Tantawi ha però anche detto in un'intervista, ha rilevato il legale, «che l'anno prossimo potrà vietare il niqab anche in presenza di uomini». «Bisogna capire - prosegue - che lo sheikh di Al Azhar dipende dallo Stato, impegnato in una guerra contro il niqab, e gli presenta oboli per conservare il posto». Inoltre, conclude, «il mufti aveva pubblicato una fatwa nel 2006, prima di assumere quell'incarico, in cui affermava che il niqab era un dovere per tutte le donne».
mercoledì 9 dicembre 2009
Niqab
Egitto, vietato il velo integrale a studentesse in tribunale
Il divieto di indossare il niqab, il velo che lascia scoperti solo gli occhi della donna, arriva nelle aule della giustizia. Ad annunciare il ricorso in tribunale contro il provvedimento preso il 3 dicembre scorso, sono alcune studentesse della Ain Shams University, il secondo ateneo pubblico del Cairo, che ieri si sono viste vietare l'ingresso agli esami perché portavano il velo integrale. Si è scatenata una manifestazione di protesta e alcune ragazze hanno preferito rinunciare alla prova. La questione del niqab era esplosa in ottobre quando l'imam di Al Azhar aveva ordinato a una giovane allieva di toglierselo perché non aveva «nulla a che fare con la religione». Il consiglio supremo dell'università aveva ribadito il divieto, riprendendo una legge già in vigore in Egitto: le donne non devono indossare il niqab nei corsi frequentati e tenuti da altre donne, durante gli esami - solo se in assenza di uomini - e nei dormitori. Il passo successivo era stato fatto dal ministro dell'istruzione Yustri El Gamal, che aveva riesumato una direttiva ministeriale del 1995 per estendere il divieto alle scuole pubbliche. Da parte sua il gran mufti Ali Gomaa si era spinto a dire che il niqab non solo non è un obbligo religioso, ma è anche un capo tanto vistoso da essere in contrasto con l'insegnamento del Profeta, e che può essere vietato in luoghi di lavoro come banche ed ospedali. Il ministro degli Affari religiosi, infine, lo aveva bandito dagli uffici del ministero e aveva pubblicato un libro intitolato «Niqab: una tradizione, non un atto religioso». L'iniziativa legale, spiega l'avv. Nizar Ghorab che rappresenta alcune studentesse, non si basa sulla religione, ma sui principi della Costituzione e dei diritti dell'uomo. Quella di indossare il niqab è infatti una libertà costituzionale, «perché la donna che non lo porta ha il diritto di indossare ciò che vuole, mentre chi indossa il niqab non ce l'ha». Inoltre, aggiunge, l’intento è di mostrare come l'Egitto, «che pretende di essere uno stato islamico» e trova nella sharia la fonte principale delle sue leggi, «non applica la legge islamica». Quanto al fatto che il divieto negli istituti di Al Azhar riguardi i locali in cui siano presenti solo donne, Tantawi ha però anche detto in un'intervista, ha rilevato il legale, «che l'anno prossimo potrà vietare il niqab anche in presenza di uomini». «Bisogna capire - prosegue - che lo sheikh di Al Azhar dipende dallo Stato, impegnato in una guerra contro il niqab, e gli presenta oboli per conservare il posto». Inoltre, conclude, «il mufti aveva pubblicato una fatwa nel 2006, prima di assumere quell'incarico, in cui affermava che il niqab era un dovere per tutte le donne».
Il divieto di indossare il niqab, il velo che lascia scoperti solo gli occhi della donna, arriva nelle aule della giustizia. Ad annunciare il ricorso in tribunale contro il provvedimento preso il 3 dicembre scorso, sono alcune studentesse della Ain Shams University, il secondo ateneo pubblico del Cairo, che ieri si sono viste vietare l'ingresso agli esami perché portavano il velo integrale. Si è scatenata una manifestazione di protesta e alcune ragazze hanno preferito rinunciare alla prova. La questione del niqab era esplosa in ottobre quando l'imam di Al Azhar aveva ordinato a una giovane allieva di toglierselo perché non aveva «nulla a che fare con la religione». Il consiglio supremo dell'università aveva ribadito il divieto, riprendendo una legge già in vigore in Egitto: le donne non devono indossare il niqab nei corsi frequentati e tenuti da altre donne, durante gli esami - solo se in assenza di uomini - e nei dormitori. Il passo successivo era stato fatto dal ministro dell'istruzione Yustri El Gamal, che aveva riesumato una direttiva ministeriale del 1995 per estendere il divieto alle scuole pubbliche. Da parte sua il gran mufti Ali Gomaa si era spinto a dire che il niqab non solo non è un obbligo religioso, ma è anche un capo tanto vistoso da essere in contrasto con l'insegnamento del Profeta, e che può essere vietato in luoghi di lavoro come banche ed ospedali. Il ministro degli Affari religiosi, infine, lo aveva bandito dagli uffici del ministero e aveva pubblicato un libro intitolato «Niqab: una tradizione, non un atto religioso». L'iniziativa legale, spiega l'avv. Nizar Ghorab che rappresenta alcune studentesse, non si basa sulla religione, ma sui principi della Costituzione e dei diritti dell'uomo. Quella di indossare il niqab è infatti una libertà costituzionale, «perché la donna che non lo porta ha il diritto di indossare ciò che vuole, mentre chi indossa il niqab non ce l'ha». Inoltre, aggiunge, l’intento è di mostrare come l'Egitto, «che pretende di essere uno stato islamico» e trova nella sharia la fonte principale delle sue leggi, «non applica la legge islamica». Quanto al fatto che il divieto negli istituti di Al Azhar riguardi i locali in cui siano presenti solo donne, Tantawi ha però anche detto in un'intervista, ha rilevato il legale, «che l'anno prossimo potrà vietare il niqab anche in presenza di uomini». «Bisogna capire - prosegue - che lo sheikh di Al Azhar dipende dallo Stato, impegnato in una guerra contro il niqab, e gli presenta oboli per conservare il posto». Inoltre, conclude, «il mufti aveva pubblicato una fatwa nel 2006, prima di assumere quell'incarico, in cui affermava che il niqab era un dovere per tutte le donne».
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5 commenti:
Scusa l'OT, ma l'imbecillaggine di certune non ha misura:
http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo468196.shtml#anchorCommenti
e pensare che al liceo l'insegnante di italiano di mia figlia faceva commentare articoli dell'unità e repubblica e quella di filosofia entrava con il manifesto sotto il braccio.forse queste insegnanti andrebbero bene per quelle madri
Idem quando andavo a scuola io, gli unici giornali di quasi tutti i miei professori erano l'unità e repubblica, per non parlare dei miei compagni di classe, quasi tutti attivisti di sinistra. Ma a me hanno fatto l'effetto contrario, sono diventata di destra.
sono riusciti a far diventar di destra anche i miei figli.
Maria Luisa, non esattamente. E' che mooolto probabilmente i tuoi figli sono mooolto intelligenti. ;) E sanno ragionare con le proprie teste e non con le teste del "collettivo".
sì, hanno la brutta abitudine di ragionare con la propria testa e di notare incongruenze e falsità di una certa parte della classe politica
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