«Da noi non c'è posto per i muezzin, per i minareti, per i falsi astemi, per il loro fottuto Medioevo, per il loro fottuto chador. E se ci fosse, non glielo darei». Questa - la riconosciamo - è Oriana Fallaci. È il suo famoso articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 29 settembre 2001, «La Rabbia e l'Orgoglio», che sarebbe presto divenuto un libro e avrebbe venduto milioni di copie. Ora, quell'articolo è entrato a far parte del nostro pantheon letterario: risulta infatti compreso nel Meridiano che il critico Franco Contorbia ha appena curato per la Mondadori, Giornalismo italiano, 1968-2001. E tanto più colpisce trovarlo lì, sotto forma di "letteratura", in quanto l'anatema è diventato nel frattempo, alle porte d'Italia, voto popolare. Pochi giorni fa, gli svizzeri si sono pronunciati per referendum contro l'edificazione di minareti sul territorio elvetico: gli stessi svizzeri che nel 2002 avevano chiesto all'Italia l'estradizione di Oriana Fallaci, per processare il contenuto anti-islamico della «Rabbia e l'Orgoglio»… Ma non è "minareto" la parola-chiave della faccenda. La parola decisiva è mille volte più nuova, ed è una parola-sciarada (con scarto): "Eurabia", cioè la somma - mostruosa, s'intende - dell' Europa e dell'Arabia. Parola cara alla Fallaci degli ultimi anni, ricorrente nelle sue denunce contro un'Europa asservita all'Islam. Parola ricorrente anche altrove, per esempio nel servizio di copertina di un Economist del 2006, dove l'incubo dell'Eurabia aveva la forma di una Tour Eiffel sulla cui sommità troneggiava la mezzaluna. Dietro l'idea di Eurabia sta un immaginario apocalittico secondo il quale l'Europa sarebbe destinata a divenire (ancora parole di Oriana Fallaci) «colonia dell'Islam». Gli immigrati musulmani arrivano a frotte e si riproducono come conigli. Potranno dunque imporre il simbolo maschilista del loro abbigliamento (il "fottuto chador") e la barbarie giuridica della loro legge (il "fottuto Medioevo") alla civiltà giudaico-cristiana, troppo compresa di tolleranza per riconoscere negli immigrati degli invasori e negli invasori dei carnefici. La vulgata sull'Eurabia suona così. E non soltanto nei peggiori siti di internet. Nel profondo Nord dell'Italia, non dicono nulla di molto diverso tanti civili amministratori di enti locali, cui tengono dietro civilissimi editorialisti di blasonati giornali. Come sembrano lontani i tempi in cui tutto il male del mondo minacciava di provenire da quell'altro mostro geografico espresso con una parola-sciarada, "Eurasia"! Cioè dal "dispotismo asiatico", che il cavallo di Troia del comunismo internazionale avrebbe immancabilmente finito per far vincere, e che dalle steppe dell'Urss o dai fiumi della Cina sarebbe subdolamente penetrato nelle nostre contrade... A ogni epoca il suo spauracchio. Dopo la fine della guerra fredda, è bastato cambiare una lettera - sostituire una "esse" con una "bi" - perché l'Occidente si trovasse, bello pronto, un nuovo nemico da battere e da abbattere. Tuttavia, proprio l'esempio storico della guerra fredda deve indurci alla cautela nel liquidare come spazzatura qualunque ragionamento sullo "scontro di civiltà". Fino al 1989, la rozzezza della propaganda anticomunista è servita da pretesto a tutti coloro che in Occidente rifiutavano di denunciare i dolori e gli orrori del "socialismo reale". Mutatis mutandis, la rozzezza dell'attuale propaganda anti-islamica non dovrebbe servire da pretesto per chiudere gli occhi di fronte alla gravità dei problemi causati dalla crescente presenza musulmana in Europa. Fresco di traduzione italiana, il libro di un analista conservatore d'oltreoceano, Christopher Caldwell, vale da esempio di come si possano tenere gli occhi aperti. L'ultima rivoluzione dell'Europa. L'immigrazione, l'Islam e l'Occidente (Garzanti) non contiene risposte particolarmente sottili; contiene però domande introvabili in molti volumi sul tema, quelli formattati sui cliché del politicamente corretto. Come sarà l'Europa fra pochi decenni, quando i musulmani rappresenteranno un quinto o anche un quarto dei suoi abitanti? E chi ci assicura che il processo d'integrazione dei musulmani contribuirà alla loro secolarizzazione, anziché rafforzare nelle comunità islamiche il sentimento di una sacrosanta, assoluta, irriducibile diversità? Quando Caldwell drammatizza troppo le domande, le pagine del suo libro somigliano alle pagine dei blog catastrofisti che annunciano imminente una colonizzazione musulmana dell'Europa. Nondimeno, Caldwell ha il merito di mettere il dito sulla piaga. Oggi, sia il modello assimilazionista di matrice francese, sia il modello multiculturalista di matrice anglosassone mostrano visibilmente la corda. E di là dai modelli, contano i fatti. A larghe maggioranze di musulmani integrati, che mandano i figli a scuola, pagano le tasse e non disturbano nessuno, fanno riscontro significative minoranze di musulmani che rigettano la cultura ospite, incoraggiano i comportamenti antisociali, brandiscono la religione come un'arma politica. Oriana Fallaci è morta. La paranoia dell'Eurabia non è morta con lei, perché dietro quella paranoia vive una realtà. L'immigrazione di massa esiste davvero. Il differenziale delle curve demografiche esiste davvero. Il contrasto fra una visione secolare del mondo e una visione religiosa esiste davvero. Il problema d'integrare comunità renitenti esiste davvero. Insomma esiste davvero - anche se dispiace definirla così - una "questione musulmana" in Europa, e non è rifiutando di ammetterlo che si può sperare di risolverla.
lunedì 21 dicembre 2009
La scoperta dell'acqua calda (2)
"Quella fobia chiamata Eurabia" di Sergio Luzzatto
«Da noi non c'è posto per i muezzin, per i minareti, per i falsi astemi, per il loro fottuto Medioevo, per il loro fottuto chador. E se ci fosse, non glielo darei». Questa - la riconosciamo - è Oriana Fallaci. È il suo famoso articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 29 settembre 2001, «La Rabbia e l'Orgoglio», che sarebbe presto divenuto un libro e avrebbe venduto milioni di copie. Ora, quell'articolo è entrato a far parte del nostro pantheon letterario: risulta infatti compreso nel Meridiano che il critico Franco Contorbia ha appena curato per la Mondadori, Giornalismo italiano, 1968-2001. E tanto più colpisce trovarlo lì, sotto forma di "letteratura", in quanto l'anatema è diventato nel frattempo, alle porte d'Italia, voto popolare. Pochi giorni fa, gli svizzeri si sono pronunciati per referendum contro l'edificazione di minareti sul territorio elvetico: gli stessi svizzeri che nel 2002 avevano chiesto all'Italia l'estradizione di Oriana Fallaci, per processare il contenuto anti-islamico della «Rabbia e l'Orgoglio»… Ma non è "minareto" la parola-chiave della faccenda. La parola decisiva è mille volte più nuova, ed è una parola-sciarada (con scarto): "Eurabia", cioè la somma - mostruosa, s'intende - dell' Europa e dell'Arabia. Parola cara alla Fallaci degli ultimi anni, ricorrente nelle sue denunce contro un'Europa asservita all'Islam. Parola ricorrente anche altrove, per esempio nel servizio di copertina di un Economist del 2006, dove l'incubo dell'Eurabia aveva la forma di una Tour Eiffel sulla cui sommità troneggiava la mezzaluna. Dietro l'idea di Eurabia sta un immaginario apocalittico secondo il quale l'Europa sarebbe destinata a divenire (ancora parole di Oriana Fallaci) «colonia dell'Islam». Gli immigrati musulmani arrivano a frotte e si riproducono come conigli. Potranno dunque imporre il simbolo maschilista del loro abbigliamento (il "fottuto chador") e la barbarie giuridica della loro legge (il "fottuto Medioevo") alla civiltà giudaico-cristiana, troppo compresa di tolleranza per riconoscere negli immigrati degli invasori e negli invasori dei carnefici. La vulgata sull'Eurabia suona così. E non soltanto nei peggiori siti di internet. Nel profondo Nord dell'Italia, non dicono nulla di molto diverso tanti civili amministratori di enti locali, cui tengono dietro civilissimi editorialisti di blasonati giornali. Come sembrano lontani i tempi in cui tutto il male del mondo minacciava di provenire da quell'altro mostro geografico espresso con una parola-sciarada, "Eurasia"! Cioè dal "dispotismo asiatico", che il cavallo di Troia del comunismo internazionale avrebbe immancabilmente finito per far vincere, e che dalle steppe dell'Urss o dai fiumi della Cina sarebbe subdolamente penetrato nelle nostre contrade... A ogni epoca il suo spauracchio. Dopo la fine della guerra fredda, è bastato cambiare una lettera - sostituire una "esse" con una "bi" - perché l'Occidente si trovasse, bello pronto, un nuovo nemico da battere e da abbattere. Tuttavia, proprio l'esempio storico della guerra fredda deve indurci alla cautela nel liquidare come spazzatura qualunque ragionamento sullo "scontro di civiltà". Fino al 1989, la rozzezza della propaganda anticomunista è servita da pretesto a tutti coloro che in Occidente rifiutavano di denunciare i dolori e gli orrori del "socialismo reale". Mutatis mutandis, la rozzezza dell'attuale propaganda anti-islamica non dovrebbe servire da pretesto per chiudere gli occhi di fronte alla gravità dei problemi causati dalla crescente presenza musulmana in Europa. Fresco di traduzione italiana, il libro di un analista conservatore d'oltreoceano, Christopher Caldwell, vale da esempio di come si possano tenere gli occhi aperti. L'ultima rivoluzione dell'Europa. L'immigrazione, l'Islam e l'Occidente (Garzanti) non contiene risposte particolarmente sottili; contiene però domande introvabili in molti volumi sul tema, quelli formattati sui cliché del politicamente corretto. Come sarà l'Europa fra pochi decenni, quando i musulmani rappresenteranno un quinto o anche un quarto dei suoi abitanti? E chi ci assicura che il processo d'integrazione dei musulmani contribuirà alla loro secolarizzazione, anziché rafforzare nelle comunità islamiche il sentimento di una sacrosanta, assoluta, irriducibile diversità? Quando Caldwell drammatizza troppo le domande, le pagine del suo libro somigliano alle pagine dei blog catastrofisti che annunciano imminente una colonizzazione musulmana dell'Europa. Nondimeno, Caldwell ha il merito di mettere il dito sulla piaga. Oggi, sia il modello assimilazionista di matrice francese, sia il modello multiculturalista di matrice anglosassone mostrano visibilmente la corda. E di là dai modelli, contano i fatti. A larghe maggioranze di musulmani integrati, che mandano i figli a scuola, pagano le tasse e non disturbano nessuno, fanno riscontro significative minoranze di musulmani che rigettano la cultura ospite, incoraggiano i comportamenti antisociali, brandiscono la religione come un'arma politica. Oriana Fallaci è morta. La paranoia dell'Eurabia non è morta con lei, perché dietro quella paranoia vive una realtà. L'immigrazione di massa esiste davvero. Il differenziale delle curve demografiche esiste davvero. Il contrasto fra una visione secolare del mondo e una visione religiosa esiste davvero. Il problema d'integrare comunità renitenti esiste davvero. Insomma esiste davvero - anche se dispiace definirla così - una "questione musulmana" in Europa, e non è rifiutando di ammetterlo che si può sperare di risolverla.
«Da noi non c'è posto per i muezzin, per i minareti, per i falsi astemi, per il loro fottuto Medioevo, per il loro fottuto chador. E se ci fosse, non glielo darei». Questa - la riconosciamo - è Oriana Fallaci. È il suo famoso articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 29 settembre 2001, «La Rabbia e l'Orgoglio», che sarebbe presto divenuto un libro e avrebbe venduto milioni di copie. Ora, quell'articolo è entrato a far parte del nostro pantheon letterario: risulta infatti compreso nel Meridiano che il critico Franco Contorbia ha appena curato per la Mondadori, Giornalismo italiano, 1968-2001. E tanto più colpisce trovarlo lì, sotto forma di "letteratura", in quanto l'anatema è diventato nel frattempo, alle porte d'Italia, voto popolare. Pochi giorni fa, gli svizzeri si sono pronunciati per referendum contro l'edificazione di minareti sul territorio elvetico: gli stessi svizzeri che nel 2002 avevano chiesto all'Italia l'estradizione di Oriana Fallaci, per processare il contenuto anti-islamico della «Rabbia e l'Orgoglio»… Ma non è "minareto" la parola-chiave della faccenda. La parola decisiva è mille volte più nuova, ed è una parola-sciarada (con scarto): "Eurabia", cioè la somma - mostruosa, s'intende - dell' Europa e dell'Arabia. Parola cara alla Fallaci degli ultimi anni, ricorrente nelle sue denunce contro un'Europa asservita all'Islam. Parola ricorrente anche altrove, per esempio nel servizio di copertina di un Economist del 2006, dove l'incubo dell'Eurabia aveva la forma di una Tour Eiffel sulla cui sommità troneggiava la mezzaluna. Dietro l'idea di Eurabia sta un immaginario apocalittico secondo il quale l'Europa sarebbe destinata a divenire (ancora parole di Oriana Fallaci) «colonia dell'Islam». Gli immigrati musulmani arrivano a frotte e si riproducono come conigli. Potranno dunque imporre il simbolo maschilista del loro abbigliamento (il "fottuto chador") e la barbarie giuridica della loro legge (il "fottuto Medioevo") alla civiltà giudaico-cristiana, troppo compresa di tolleranza per riconoscere negli immigrati degli invasori e negli invasori dei carnefici. La vulgata sull'Eurabia suona così. E non soltanto nei peggiori siti di internet. Nel profondo Nord dell'Italia, non dicono nulla di molto diverso tanti civili amministratori di enti locali, cui tengono dietro civilissimi editorialisti di blasonati giornali. Come sembrano lontani i tempi in cui tutto il male del mondo minacciava di provenire da quell'altro mostro geografico espresso con una parola-sciarada, "Eurasia"! Cioè dal "dispotismo asiatico", che il cavallo di Troia del comunismo internazionale avrebbe immancabilmente finito per far vincere, e che dalle steppe dell'Urss o dai fiumi della Cina sarebbe subdolamente penetrato nelle nostre contrade... A ogni epoca il suo spauracchio. Dopo la fine della guerra fredda, è bastato cambiare una lettera - sostituire una "esse" con una "bi" - perché l'Occidente si trovasse, bello pronto, un nuovo nemico da battere e da abbattere. Tuttavia, proprio l'esempio storico della guerra fredda deve indurci alla cautela nel liquidare come spazzatura qualunque ragionamento sullo "scontro di civiltà". Fino al 1989, la rozzezza della propaganda anticomunista è servita da pretesto a tutti coloro che in Occidente rifiutavano di denunciare i dolori e gli orrori del "socialismo reale". Mutatis mutandis, la rozzezza dell'attuale propaganda anti-islamica non dovrebbe servire da pretesto per chiudere gli occhi di fronte alla gravità dei problemi causati dalla crescente presenza musulmana in Europa. Fresco di traduzione italiana, il libro di un analista conservatore d'oltreoceano, Christopher Caldwell, vale da esempio di come si possano tenere gli occhi aperti. L'ultima rivoluzione dell'Europa. L'immigrazione, l'Islam e l'Occidente (Garzanti) non contiene risposte particolarmente sottili; contiene però domande introvabili in molti volumi sul tema, quelli formattati sui cliché del politicamente corretto. Come sarà l'Europa fra pochi decenni, quando i musulmani rappresenteranno un quinto o anche un quarto dei suoi abitanti? E chi ci assicura che il processo d'integrazione dei musulmani contribuirà alla loro secolarizzazione, anziché rafforzare nelle comunità islamiche il sentimento di una sacrosanta, assoluta, irriducibile diversità? Quando Caldwell drammatizza troppo le domande, le pagine del suo libro somigliano alle pagine dei blog catastrofisti che annunciano imminente una colonizzazione musulmana dell'Europa. Nondimeno, Caldwell ha il merito di mettere il dito sulla piaga. Oggi, sia il modello assimilazionista di matrice francese, sia il modello multiculturalista di matrice anglosassone mostrano visibilmente la corda. E di là dai modelli, contano i fatti. A larghe maggioranze di musulmani integrati, che mandano i figli a scuola, pagano le tasse e non disturbano nessuno, fanno riscontro significative minoranze di musulmani che rigettano la cultura ospite, incoraggiano i comportamenti antisociali, brandiscono la religione come un'arma politica. Oriana Fallaci è morta. La paranoia dell'Eurabia non è morta con lei, perché dietro quella paranoia vive una realtà. L'immigrazione di massa esiste davvero. Il differenziale delle curve demografiche esiste davvero. Il contrasto fra una visione secolare del mondo e una visione religiosa esiste davvero. Il problema d'integrare comunità renitenti esiste davvero. Insomma esiste davvero - anche se dispiace definirla così - una "questione musulmana" in Europa, e non è rifiutando di ammetterlo che si può sperare di risolverla.
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2 commenti:
Ecco un altro che si è svegliato con l'ultimo treno! Peccato che domani si voti sulla cittadinanza. Poteva farsi sentire prima questa brava gente!
Io però, per rispondere al tuo commento più sotto, non mi limiterei alla sola "questione islamica" (anche se questa richiede delle forti cautele) ma alla questione immigrazionista in quanto tale. Se mi arrivano dei suk dall'India, non è che sia gente facilmente integrabile. Se mi arrivano carovane di rom, è una iattura per chi abita davanti ai loro campi nomadi. Per farla breve: un territorio piccolo come l'Italia (338.000kmq) non può assorbire tutte queste legioni di diseredati. E con la crisi, la cornucopia dell'abbondanza è bell'esaurita. Se mai c'è stata.
Nessie, queste sono cose che noi (dico, gli xenofobi antiimmigrazionisti di nascita) sappiamo benissimo, ovvio che non mi limito al solo islam. Bisogna bloccare l'immigrazione per un bel pò di tempo. Infatti, il territorio italiano è quello e quello resta. Sta ai politici decidere una volta per tutte di avere coraggio. Noi col voto abbiamo fatto quel che dovevamo ma quanti altri chilometri di articoli così ci vorranno per convincerli?
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