In una scuola di Cremona hanno cancellato il Natale: ne hanno sfarinato il senso e gli hanno cambiato il nome. Il maestro che ha preso la decisione non ha ripensamenti o dubbi: ci sono molti bambini di fede e nazionalità diverse, si rischiava di urtare la loro sensibilità. La nascita di Gesù si chiamerà «Festa delle luci»: fa pensare più ad una notte bianca che alla magia del presepe. Forse bisognerebbe fermare l’eccesso di zelo chiamato politicamente corretto, sventolato come un modello di integrazione e di apertura: rischia di essere un boomerang. Perché il Natale strapazzato e modellato senza i simboli della sua storia è un’altra cosa. Ha ragione una mamma che protesta: «Tutti gli alunni dovrebbero festeggiare il Natale. È la nostra festa, bisogna rispettarla, approfittarne per far conoscere le tradizioni degli altri paesi: non è certo un buon esempio celebrarla con un altro nome». Diventerà un caso la decisione del maestro Eriberto Mazzotti e della scuola elementare Manzoni, nel centro storico di Cremona, o scivolerà via come un fatto passeggero legato ai tempi e alla multiculturalità? Per la Chiesa locale «non è azzerando la propria identità culturale e religiosa che si può onorare il dialogo con le persone provenienti da altri mondi». Per la Lega, che governa la città, «la simbologia e la tradizione sono valori di crescita che vanno salvaguardati». Per il maestro, semplicemente, «in una scuola ad alta concentrazione di bambini extracomunitari il Natale non deve escludere nessuno». Dietro la decisione mossa dal nobile scopo di dare a tutti un motivo per far festa si insinua una domanda: se il Natale inteso alla maniera tradizionale, quello con la stalla, il bue, l’asinello e un bambino in una culla, è un motivo di esclusione per tanti stranieri, un evento di luci e colori non è allo stesso modo una sottrazione, di storia e di identità, per gli altri coetanei? Viviamo in un Paese di paradossi, dove si tolgono i crocifissi dalle aule e si importano le zucche di Halloween, e dove nel silenzio generale si perdono certi segni identitari, come aveva denunciato con rabbia e orgoglio Oriana Fallaci. Evitiamo di cancellare a poco poco anche il Natale, in nome di un buonismo multiculturale qualche volta a senso unico. Cerchiamo di salvare, oltre al made in Italy, anche quel poco che resta di una festa religiosa e non pagana, che svuotata dalla confezione consumista significa pace, speranza, intimità della famiglia, fratellanza tra le genti. Cremona discute e si interroga sulle parole di un maestro che forse non voleva suscitare polemiche: «La scuola è il luogo di tutti e quindi ci deve essere interscambio, non esclusione. I bambini di ogni classe lunedì usciranno con un lumino acceso e formeranno a terra una figura: una stella o un albero, un simbolo di pace». È bello immaginarli felici, a volte buffi e sorridenti mentre sfilano davanti i genitori: i bambini sono gli unici in grado di restituire al Natale il suo profumo, la sua magia. E questa gioia è un’emozione da difendere, un valore da proteggere senza esclusioni o divisioni inutili. Per questo lasciamo stare il Natale così com’è, senza mettergli addosso bandiere che non gli appartengono, senza usarlo per iniziative dal sapore discriminatorio e razzista come White Christmas, senza svenderlo in nome di un (ipocrita) buonismo. Non bisogna scomodare Benedetto Croce per ricordare le fondamenta sulle quali poggia la nostra identità: a volte basta il buon senso. E la consapevolezza che bisogna ogni tanto dire, sia a chi tenta di sostituire il Bambino Gesù con Cappuccetto Rosso, sia a chi vuole cambiare nome al Natale, che sbagliano. Non bisogna vergognarsi a difendere qualcosa che abbiamo nel cuore.
domenica 13 dicembre 2009
Imbecilli natalizi
Cremona. Se la «Festa delle luci» cancella il Natale. Molti alunni immigrati, scuola cambia nome alla ricorrenza cristiana di Giangiacomo Schiavi
In una scuola di Cremona hanno cancellato il Natale: ne hanno sfarinato il senso e gli hanno cambiato il nome. Il maestro che ha preso la decisione non ha ripensamenti o dubbi: ci sono molti bambini di fede e nazionalità diverse, si rischiava di urtare la loro sensibilità. La nascita di Gesù si chiamerà «Festa delle luci»: fa pensare più ad una notte bianca che alla magia del presepe. Forse bisognerebbe fermare l’eccesso di zelo chiamato politicamente corretto, sventolato come un modello di integrazione e di apertura: rischia di essere un boomerang. Perché il Natale strapazzato e modellato senza i simboli della sua storia è un’altra cosa. Ha ragione una mamma che protesta: «Tutti gli alunni dovrebbero festeggiare il Natale. È la nostra festa, bisogna rispettarla, approfittarne per far conoscere le tradizioni degli altri paesi: non è certo un buon esempio celebrarla con un altro nome». Diventerà un caso la decisione del maestro Eriberto Mazzotti e della scuola elementare Manzoni, nel centro storico di Cremona, o scivolerà via come un fatto passeggero legato ai tempi e alla multiculturalità? Per la Chiesa locale «non è azzerando la propria identità culturale e religiosa che si può onorare il dialogo con le persone provenienti da altri mondi». Per la Lega, che governa la città, «la simbologia e la tradizione sono valori di crescita che vanno salvaguardati». Per il maestro, semplicemente, «in una scuola ad alta concentrazione di bambini extracomunitari il Natale non deve escludere nessuno». Dietro la decisione mossa dal nobile scopo di dare a tutti un motivo per far festa si insinua una domanda: se il Natale inteso alla maniera tradizionale, quello con la stalla, il bue, l’asinello e un bambino in una culla, è un motivo di esclusione per tanti stranieri, un evento di luci e colori non è allo stesso modo una sottrazione, di storia e di identità, per gli altri coetanei? Viviamo in un Paese di paradossi, dove si tolgono i crocifissi dalle aule e si importano le zucche di Halloween, e dove nel silenzio generale si perdono certi segni identitari, come aveva denunciato con rabbia e orgoglio Oriana Fallaci. Evitiamo di cancellare a poco poco anche il Natale, in nome di un buonismo multiculturale qualche volta a senso unico. Cerchiamo di salvare, oltre al made in Italy, anche quel poco che resta di una festa religiosa e non pagana, che svuotata dalla confezione consumista significa pace, speranza, intimità della famiglia, fratellanza tra le genti. Cremona discute e si interroga sulle parole di un maestro che forse non voleva suscitare polemiche: «La scuola è il luogo di tutti e quindi ci deve essere interscambio, non esclusione. I bambini di ogni classe lunedì usciranno con un lumino acceso e formeranno a terra una figura: una stella o un albero, un simbolo di pace». È bello immaginarli felici, a volte buffi e sorridenti mentre sfilano davanti i genitori: i bambini sono gli unici in grado di restituire al Natale il suo profumo, la sua magia. E questa gioia è un’emozione da difendere, un valore da proteggere senza esclusioni o divisioni inutili. Per questo lasciamo stare il Natale così com’è, senza mettergli addosso bandiere che non gli appartengono, senza usarlo per iniziative dal sapore discriminatorio e razzista come White Christmas, senza svenderlo in nome di un (ipocrita) buonismo. Non bisogna scomodare Benedetto Croce per ricordare le fondamenta sulle quali poggia la nostra identità: a volte basta il buon senso. E la consapevolezza che bisogna ogni tanto dire, sia a chi tenta di sostituire il Bambino Gesù con Cappuccetto Rosso, sia a chi vuole cambiare nome al Natale, che sbagliano. Non bisogna vergognarsi a difendere qualcosa che abbiamo nel cuore.
In una scuola di Cremona hanno cancellato il Natale: ne hanno sfarinato il senso e gli hanno cambiato il nome. Il maestro che ha preso la decisione non ha ripensamenti o dubbi: ci sono molti bambini di fede e nazionalità diverse, si rischiava di urtare la loro sensibilità. La nascita di Gesù si chiamerà «Festa delle luci»: fa pensare più ad una notte bianca che alla magia del presepe. Forse bisognerebbe fermare l’eccesso di zelo chiamato politicamente corretto, sventolato come un modello di integrazione e di apertura: rischia di essere un boomerang. Perché il Natale strapazzato e modellato senza i simboli della sua storia è un’altra cosa. Ha ragione una mamma che protesta: «Tutti gli alunni dovrebbero festeggiare il Natale. È la nostra festa, bisogna rispettarla, approfittarne per far conoscere le tradizioni degli altri paesi: non è certo un buon esempio celebrarla con un altro nome». Diventerà un caso la decisione del maestro Eriberto Mazzotti e della scuola elementare Manzoni, nel centro storico di Cremona, o scivolerà via come un fatto passeggero legato ai tempi e alla multiculturalità? Per la Chiesa locale «non è azzerando la propria identità culturale e religiosa che si può onorare il dialogo con le persone provenienti da altri mondi». Per la Lega, che governa la città, «la simbologia e la tradizione sono valori di crescita che vanno salvaguardati». Per il maestro, semplicemente, «in una scuola ad alta concentrazione di bambini extracomunitari il Natale non deve escludere nessuno». Dietro la decisione mossa dal nobile scopo di dare a tutti un motivo per far festa si insinua una domanda: se il Natale inteso alla maniera tradizionale, quello con la stalla, il bue, l’asinello e un bambino in una culla, è un motivo di esclusione per tanti stranieri, un evento di luci e colori non è allo stesso modo una sottrazione, di storia e di identità, per gli altri coetanei? Viviamo in un Paese di paradossi, dove si tolgono i crocifissi dalle aule e si importano le zucche di Halloween, e dove nel silenzio generale si perdono certi segni identitari, come aveva denunciato con rabbia e orgoglio Oriana Fallaci. Evitiamo di cancellare a poco poco anche il Natale, in nome di un buonismo multiculturale qualche volta a senso unico. Cerchiamo di salvare, oltre al made in Italy, anche quel poco che resta di una festa religiosa e non pagana, che svuotata dalla confezione consumista significa pace, speranza, intimità della famiglia, fratellanza tra le genti. Cremona discute e si interroga sulle parole di un maestro che forse non voleva suscitare polemiche: «La scuola è il luogo di tutti e quindi ci deve essere interscambio, non esclusione. I bambini di ogni classe lunedì usciranno con un lumino acceso e formeranno a terra una figura: una stella o un albero, un simbolo di pace». È bello immaginarli felici, a volte buffi e sorridenti mentre sfilano davanti i genitori: i bambini sono gli unici in grado di restituire al Natale il suo profumo, la sua magia. E questa gioia è un’emozione da difendere, un valore da proteggere senza esclusioni o divisioni inutili. Per questo lasciamo stare il Natale così com’è, senza mettergli addosso bandiere che non gli appartengono, senza usarlo per iniziative dal sapore discriminatorio e razzista come White Christmas, senza svenderlo in nome di un (ipocrita) buonismo. Non bisogna scomodare Benedetto Croce per ricordare le fondamenta sulle quali poggia la nostra identità: a volte basta il buon senso. E la consapevolezza che bisogna ogni tanto dire, sia a chi tenta di sostituire il Bambino Gesù con Cappuccetto Rosso, sia a chi vuole cambiare nome al Natale, che sbagliano. Non bisogna vergognarsi a difendere qualcosa che abbiamo nel cuore.
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5 commenti:
propongo al solerte maestro:
continui ad ainsegnare anche il giorno di Natale,
oppure si prenda 15 giorni di ferie,
oppure, e sarebbe la soluzione migliore, se ne syia a casa per tuuto il periodo festivo senza percepire lo stipendio in quei giorni.
No, non deve chiudere la scuola per i 15 giorni di vacanze, altro che ferie. Faccia lezione anche di domenica. Se vuole cancellare le festività, è libero di farlo ma DEVE lavorare.
"Questa è, infatti, la verità: mischiando i popoli di diverse culture e religioni, si crede di poter giungere ad una coabitazione che scolori le tinte più vivide lasciando alla vista soltanto un comodo grigio. Ma i politici che lo credono, o che fingono di credervi, si sbagliano, così come si sbaglia la Chiesa se spera che un tale atteggiamento possa risparmiare i conflitti lasciando sopravvivere le credenze di tutti".
(da "La chiesa sbaglia, l'accoglienza a ogni costo non è integrazione" (Ida Magli).
Credo che questa sia la risposta migliore, contenuta nell'articolo che Elly ha pubblicato più sopra.
Purtroppo queste maesstre demenziali pigliano ordini dall'ONU e Unicef nelle circolari ministeriali che si ammucchiano nei tavoli delle direzione didattiche e delle segreterie delle scuole. La "feste delle luci" è un sincretismo religioso fra ebraismo, islamismo annacquando il cristianesimo. Io lo chiamo "sincretinismo".
Ciò non toglie che persone deputate alla cultura (maestri e professori) dovrebbero ragionare col loro cervello.
Nessie, dimentichi però che questi uomini e donne di "cul-tura" sono ideologizzati fin dentro le ossa. Quindi NON possono e NON vogliono ragionare col loro cervello.
Sincretinismo è vocabolo oltremodo appropriato.
ma guarda?
http://www.napolipuntoacapo.it/npc/articolo_del_giorno.asp?id=1536&pg=1&title=I+GIOVANI+COMUNISTI+ITALIANI+SOLIDALI+CON+IL+MAESTRO+DI+CREMONA+CHE+HA+%22SPENTO%22IL+NATALE%2E%2E%2E%2E%2E
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