Più stranieri che italiani in attesa per la casa popolare. I dati del Comune sono chiari: per aggiornare le graduatorie nel primo semestre del 2009 sono state presentate 26.627 domande (20.710 quelle idonee). (Erano state 17.295 nei primi 6 mesi del 2008 e 19.336 nei successivi sei). Di queste 26mila sono 12.737 quelle presentate da italiani, 13.211 da cittadini extracomunitari e 679 da stranieri comunitari. «Nelle graduatorie ci sono circa 20mila persone, circa la metà sono italiani», conferma l’assessore alla Casa Giovanni Verga. La fotografia dell’esistente (il 7,3 per cento di extracomunitari dentro gli alloggi Aler) corrisponde alla percentuale di stranieri sul totale dei residenti. Il dato impressionante invece è quello delle nuove assegnazioni agli stranieri. Un dato che si attesta negli ultimi anni intorno al 30 per cento. Ogni 12 mesi le nuove assegnazioni sono 900-1000. È il normale turn-over che dipende da decessi, nuove disponibilità o mutamenti delle condizioni economiche e personali degli assegnatari, a cui dovrebbe corrispondere una nuova assegnazione. Nel 2005 le assegnazioni ad extracomunitari sono state il 35 per cento. L’anno successivo il 34. Nel 2007 su 969 assegnazioni, 230 sono andate a vantaggio di extracomunitari. Nel 2008 323 su 1065. Circa un terzo dunque. Un numero che l’assessore regionale al Territorio e capodelegazione della Lega Nord, Davide Boni, vorrebbe comprimere con un intervento di legge, introducendo un tetto. Il progetto (per sua stessa ammissione «border line» dal punto di vista delle legittimità) prevede che venga inserito un limite massimo del 20 per cento di case ad extracomunitari. Il leghista ricorda come le case siano state costruite «attraverso i contributi che milanesi e lombardi hanno versato attraverso il proprio lavoro». Per questo «meritano una maggiore attenzione nel momento dell’assegnazione». Il rischio altrimenti, secondo Boni, è che i quartieri si trasformino in «piccole banlieue, dove crescono la delinquenza e la tensione sociale». L’assessore Verga stabilisce responsabilità e competenze: «Le assegnazioni e le liste di cui parliamo - commenta - ovviamente sono costruite secondo i criteri di legge. Il presupposto per intervenire sulle assegnazioni è che venga modificata la legge». La valutazione su questa modifica Verga la rimette alla Regione, titolare della competenza normativa in materia: «Sono valutazioni che spettano alla politica - osserva -, io posso dire che c’è bisogno di nuovi interventi di edilizia popolare, per rispondere alla domanda di quanti hanno bisogno». Scettico sul tetto della Lega il capogruppo regionale del Pdl Paolo Valentini: «Io non sventolo vessilli da campagna elettorale - commenta -. Sappiamo tutti che una legge del genere sarebbe oggetto di impugnazioni da parte di richiedenti e associazioni, e di sentenze di Tar e Consulta. Meglio privilegiare chi da anni vive qui e dà garanzie di stabilità, al di là della nazionalità». «Giusto - conviene Alessandro Colucci, coordinatore provinciale vicario del Pdl - puntare su chi fa parte del nostro tessuto sociale, lavora qui e dà il suo contributo alla nostra società».
sabato 3 ottobre 2009
Ma va?
Una casa su tre agli immigrati: "Serve un limite" di Alberto Giannoni
Più stranieri che italiani in attesa per la casa popolare. I dati del Comune sono chiari: per aggiornare le graduatorie nel primo semestre del 2009 sono state presentate 26.627 domande (20.710 quelle idonee). (Erano state 17.295 nei primi 6 mesi del 2008 e 19.336 nei successivi sei). Di queste 26mila sono 12.737 quelle presentate da italiani, 13.211 da cittadini extracomunitari e 679 da stranieri comunitari. «Nelle graduatorie ci sono circa 20mila persone, circa la metà sono italiani», conferma l’assessore alla Casa Giovanni Verga. La fotografia dell’esistente (il 7,3 per cento di extracomunitari dentro gli alloggi Aler) corrisponde alla percentuale di stranieri sul totale dei residenti. Il dato impressionante invece è quello delle nuove assegnazioni agli stranieri. Un dato che si attesta negli ultimi anni intorno al 30 per cento. Ogni 12 mesi le nuove assegnazioni sono 900-1000. È il normale turn-over che dipende da decessi, nuove disponibilità o mutamenti delle condizioni economiche e personali degli assegnatari, a cui dovrebbe corrispondere una nuova assegnazione. Nel 2005 le assegnazioni ad extracomunitari sono state il 35 per cento. L’anno successivo il 34. Nel 2007 su 969 assegnazioni, 230 sono andate a vantaggio di extracomunitari. Nel 2008 323 su 1065. Circa un terzo dunque. Un numero che l’assessore regionale al Territorio e capodelegazione della Lega Nord, Davide Boni, vorrebbe comprimere con un intervento di legge, introducendo un tetto. Il progetto (per sua stessa ammissione «border line» dal punto di vista delle legittimità) prevede che venga inserito un limite massimo del 20 per cento di case ad extracomunitari. Il leghista ricorda come le case siano state costruite «attraverso i contributi che milanesi e lombardi hanno versato attraverso il proprio lavoro». Per questo «meritano una maggiore attenzione nel momento dell’assegnazione». Il rischio altrimenti, secondo Boni, è che i quartieri si trasformino in «piccole banlieue, dove crescono la delinquenza e la tensione sociale». L’assessore Verga stabilisce responsabilità e competenze: «Le assegnazioni e le liste di cui parliamo - commenta - ovviamente sono costruite secondo i criteri di legge. Il presupposto per intervenire sulle assegnazioni è che venga modificata la legge». La valutazione su questa modifica Verga la rimette alla Regione, titolare della competenza normativa in materia: «Sono valutazioni che spettano alla politica - osserva -, io posso dire che c’è bisogno di nuovi interventi di edilizia popolare, per rispondere alla domanda di quanti hanno bisogno». Scettico sul tetto della Lega il capogruppo regionale del Pdl Paolo Valentini: «Io non sventolo vessilli da campagna elettorale - commenta -. Sappiamo tutti che una legge del genere sarebbe oggetto di impugnazioni da parte di richiedenti e associazioni, e di sentenze di Tar e Consulta. Meglio privilegiare chi da anni vive qui e dà garanzie di stabilità, al di là della nazionalità». «Giusto - conviene Alessandro Colucci, coordinatore provinciale vicario del Pdl - puntare su chi fa parte del nostro tessuto sociale, lavora qui e dà il suo contributo alla nostra società».
Più stranieri che italiani in attesa per la casa popolare. I dati del Comune sono chiari: per aggiornare le graduatorie nel primo semestre del 2009 sono state presentate 26.627 domande (20.710 quelle idonee). (Erano state 17.295 nei primi 6 mesi del 2008 e 19.336 nei successivi sei). Di queste 26mila sono 12.737 quelle presentate da italiani, 13.211 da cittadini extracomunitari e 679 da stranieri comunitari. «Nelle graduatorie ci sono circa 20mila persone, circa la metà sono italiani», conferma l’assessore alla Casa Giovanni Verga. La fotografia dell’esistente (il 7,3 per cento di extracomunitari dentro gli alloggi Aler) corrisponde alla percentuale di stranieri sul totale dei residenti. Il dato impressionante invece è quello delle nuove assegnazioni agli stranieri. Un dato che si attesta negli ultimi anni intorno al 30 per cento. Ogni 12 mesi le nuove assegnazioni sono 900-1000. È il normale turn-over che dipende da decessi, nuove disponibilità o mutamenti delle condizioni economiche e personali degli assegnatari, a cui dovrebbe corrispondere una nuova assegnazione. Nel 2005 le assegnazioni ad extracomunitari sono state il 35 per cento. L’anno successivo il 34. Nel 2007 su 969 assegnazioni, 230 sono andate a vantaggio di extracomunitari. Nel 2008 323 su 1065. Circa un terzo dunque. Un numero che l’assessore regionale al Territorio e capodelegazione della Lega Nord, Davide Boni, vorrebbe comprimere con un intervento di legge, introducendo un tetto. Il progetto (per sua stessa ammissione «border line» dal punto di vista delle legittimità) prevede che venga inserito un limite massimo del 20 per cento di case ad extracomunitari. Il leghista ricorda come le case siano state costruite «attraverso i contributi che milanesi e lombardi hanno versato attraverso il proprio lavoro». Per questo «meritano una maggiore attenzione nel momento dell’assegnazione». Il rischio altrimenti, secondo Boni, è che i quartieri si trasformino in «piccole banlieue, dove crescono la delinquenza e la tensione sociale». L’assessore Verga stabilisce responsabilità e competenze: «Le assegnazioni e le liste di cui parliamo - commenta - ovviamente sono costruite secondo i criteri di legge. Il presupposto per intervenire sulle assegnazioni è che venga modificata la legge». La valutazione su questa modifica Verga la rimette alla Regione, titolare della competenza normativa in materia: «Sono valutazioni che spettano alla politica - osserva -, io posso dire che c’è bisogno di nuovi interventi di edilizia popolare, per rispondere alla domanda di quanti hanno bisogno». Scettico sul tetto della Lega il capogruppo regionale del Pdl Paolo Valentini: «Io non sventolo vessilli da campagna elettorale - commenta -. Sappiamo tutti che una legge del genere sarebbe oggetto di impugnazioni da parte di richiedenti e associazioni, e di sentenze di Tar e Consulta. Meglio privilegiare chi da anni vive qui e dà garanzie di stabilità, al di là della nazionalità». «Giusto - conviene Alessandro Colucci, coordinatore provinciale vicario del Pdl - puntare su chi fa parte del nostro tessuto sociale, lavora qui e dà il suo contributo alla nostra società».
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2 commenti:
Ed hanno pure pretese sulla tipologia dell'abitazione.Ti racconto un piccolo episodio:mio marito si è recato all'ufficio delle case popolari per restituire le chiavi dell'appartamento degli zii morti a breve distanza l'uno dall'altro.Ha dovuto aspettare non so quanto perchè una donna(islamica riconoscibile dal velo), protestava perchè l'appartamento assegnatole era troppo piccolo, due camere da letto non bastavano (non ne fanno molti di più grandi),e voleva che l'appartamento più grande assegnato ad altri , le venisse dato scambiandolo col suo, e non voleva capirla che non era possibile fare tala cambio.
Eh, eccerto perchè sanno benissimo che prima o poi li accontentano. Dalle loro parti se non sono figlie di principi o mullah, vivono in baracche.
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