La Sibilla baffuta ci ha azzeccato anche stavolta. Era il 13 giugno e Massimo D’Alema, commentando le inchieste pugliesi, vaticinava dagli schermi di Rai Tre, con l’aria annoiata di quello che sa già tutto e si degna, bontà sua, di concedere al volgo briciole della sua onniscienza. «Penso che la vicenda italiana potrà conoscere delle scosse», recitava la sua profezia. Il Pd, assieme alle altre forze d’opposizione, avrebbe dovuto essere pronto «ad assumersi le proprie responsabilità, con molta forza e molta autorevolezza». Cavolo, D’Alema sì che ha la vista lunga. Un mese e mezzo dopo si è tutto avverato: le scosse partite dalla Puglia ci sono state e per il Pd e i suoi alleati sembra davvero arrivato il momento delle responsabilità. Civili e penali. Alle nove e mezza di ieri mattina le gazzelle dei carabinieri di Bari si sono fermate davanti alle sedi regionali del Partito democratico, di Rifondazione comunista, di Sinistra e Libertà, della lista civica del sindaco Michele Emiliano (ex magistrato,ora vicino a D’Alema) e dei Socialisti autonomisti (la lista di Alberto Tedesco, ex assessore pugliese alla Salute e oggi senatore del Pd, anche lui vicino a D’Alema). Gli uomini dell’Arma, inviati dal sostituto procuratore Desirèe Digeronimo (che ha fama di persona seria), hanno perquisito le sedi e sequestrato i bilanci dei cinque partiti, alla ricerca di prove su presunti finanziamenti occulti che imprenditori locali avrebbero concesso durante la campagna elettorale del 2005, che portò Nichi Vendola alla guida della giunta regionale, e durante quella per le recenti elezioni comunali, che hanno confermato Emiliano primo cittadino. Tutto secondo la migliore tradizione della politica italiana, insomma, con ipotesi di reato che vanno dal finanziamento illecito ai partiti sino al voto di scambio, passando per corruzione, concussione, falso e truffa. In un’indagine che vede indagate una quindicina di persone, anche grazie alle prove raccolte in numerose intercettazioni telefoniche. Difficile dire adesso se il centrosinistra pugliese riuscirà a sopravvivere alla botta. L’unica discrepanza rispetto alla predizione di D’Alema riguarda l’oggetto delle scosse. Secondo il pronostico dalemiano il sisma giudiziario doveva far crollare Silvio Berlusconi e il suo governo. A finire terremotato, invece, è stato proprio il Pd - specie nella sua componente dalemiana - assieme alle altre forze d’opposizione. Ma sono quisquilie che nulla tolgono alla capacità divinatoria del vate in barca a vela. Quelli del Pdl sono comunque costretti a godere a denti stretti. Un po’ perché hanno le loro magagne giudiziarie, un po’ perché, nonostante la serietà degli inquirenti, la storia insegna che simili inchieste molto spesso finiscono in un nulla di fatto, se non altro per la difficoltà di provare in tribunale la commissione del reato. Chi rinuncia volentieri al coitus interruptus è Antonio Di Pietro, che tanto le sue condanne le ha già scritte e può far sapere a tutti che l’unico partito di centrosinistra non coinvolto dall’indagine è il suo, in modo da grattare un altro po’ di voti ai suoi veri avversari, che ovviamente sono quelli del Pd. I quali, comunque vadano le inchieste pugliesi e le altre che li riguardano in tutta Italia, sono destinati a pagare cara la loro presunzione di sentirsi perennemente vergini e di andare in giro - vizietto che hanno tuttora - con il ditino accusatore puntato sugli avversari. Davanti a notizie come quella di ieri, gli elettori che avevano creduto alla storiella della questione morale si svegliano dal letargo con una gran voglia di mettere le manette al primo assessore del Pd che gli capita davanti. Di Pietro incassa e ringrazia.
sabato 1 agosto 2009
Fausto D'Alema
La profezia della Sibilla baffuta di Fausto Carioti
La Sibilla baffuta ci ha azzeccato anche stavolta. Era il 13 giugno e Massimo D’Alema, commentando le inchieste pugliesi, vaticinava dagli schermi di Rai Tre, con l’aria annoiata di quello che sa già tutto e si degna, bontà sua, di concedere al volgo briciole della sua onniscienza. «Penso che la vicenda italiana potrà conoscere delle scosse», recitava la sua profezia. Il Pd, assieme alle altre forze d’opposizione, avrebbe dovuto essere pronto «ad assumersi le proprie responsabilità, con molta forza e molta autorevolezza». Cavolo, D’Alema sì che ha la vista lunga. Un mese e mezzo dopo si è tutto avverato: le scosse partite dalla Puglia ci sono state e per il Pd e i suoi alleati sembra davvero arrivato il momento delle responsabilità. Civili e penali. Alle nove e mezza di ieri mattina le gazzelle dei carabinieri di Bari si sono fermate davanti alle sedi regionali del Partito democratico, di Rifondazione comunista, di Sinistra e Libertà, della lista civica del sindaco Michele Emiliano (ex magistrato,ora vicino a D’Alema) e dei Socialisti autonomisti (la lista di Alberto Tedesco, ex assessore pugliese alla Salute e oggi senatore del Pd, anche lui vicino a D’Alema). Gli uomini dell’Arma, inviati dal sostituto procuratore Desirèe Digeronimo (che ha fama di persona seria), hanno perquisito le sedi e sequestrato i bilanci dei cinque partiti, alla ricerca di prove su presunti finanziamenti occulti che imprenditori locali avrebbero concesso durante la campagna elettorale del 2005, che portò Nichi Vendola alla guida della giunta regionale, e durante quella per le recenti elezioni comunali, che hanno confermato Emiliano primo cittadino. Tutto secondo la migliore tradizione della politica italiana, insomma, con ipotesi di reato che vanno dal finanziamento illecito ai partiti sino al voto di scambio, passando per corruzione, concussione, falso e truffa. In un’indagine che vede indagate una quindicina di persone, anche grazie alle prove raccolte in numerose intercettazioni telefoniche. Difficile dire adesso se il centrosinistra pugliese riuscirà a sopravvivere alla botta. L’unica discrepanza rispetto alla predizione di D’Alema riguarda l’oggetto delle scosse. Secondo il pronostico dalemiano il sisma giudiziario doveva far crollare Silvio Berlusconi e il suo governo. A finire terremotato, invece, è stato proprio il Pd - specie nella sua componente dalemiana - assieme alle altre forze d’opposizione. Ma sono quisquilie che nulla tolgono alla capacità divinatoria del vate in barca a vela. Quelli del Pdl sono comunque costretti a godere a denti stretti. Un po’ perché hanno le loro magagne giudiziarie, un po’ perché, nonostante la serietà degli inquirenti, la storia insegna che simili inchieste molto spesso finiscono in un nulla di fatto, se non altro per la difficoltà di provare in tribunale la commissione del reato. Chi rinuncia volentieri al coitus interruptus è Antonio Di Pietro, che tanto le sue condanne le ha già scritte e può far sapere a tutti che l’unico partito di centrosinistra non coinvolto dall’indagine è il suo, in modo da grattare un altro po’ di voti ai suoi veri avversari, che ovviamente sono quelli del Pd. I quali, comunque vadano le inchieste pugliesi e le altre che li riguardano in tutta Italia, sono destinati a pagare cara la loro presunzione di sentirsi perennemente vergini e di andare in giro - vizietto che hanno tuttora - con il ditino accusatore puntato sugli avversari. Davanti a notizie come quella di ieri, gli elettori che avevano creduto alla storiella della questione morale si svegliano dal letargo con una gran voglia di mettere le manette al primo assessore del Pd che gli capita davanti. Di Pietro incassa e ringrazia.
La Sibilla baffuta ci ha azzeccato anche stavolta. Era il 13 giugno e Massimo D’Alema, commentando le inchieste pugliesi, vaticinava dagli schermi di Rai Tre, con l’aria annoiata di quello che sa già tutto e si degna, bontà sua, di concedere al volgo briciole della sua onniscienza. «Penso che la vicenda italiana potrà conoscere delle scosse», recitava la sua profezia. Il Pd, assieme alle altre forze d’opposizione, avrebbe dovuto essere pronto «ad assumersi le proprie responsabilità, con molta forza e molta autorevolezza». Cavolo, D’Alema sì che ha la vista lunga. Un mese e mezzo dopo si è tutto avverato: le scosse partite dalla Puglia ci sono state e per il Pd e i suoi alleati sembra davvero arrivato il momento delle responsabilità. Civili e penali. Alle nove e mezza di ieri mattina le gazzelle dei carabinieri di Bari si sono fermate davanti alle sedi regionali del Partito democratico, di Rifondazione comunista, di Sinistra e Libertà, della lista civica del sindaco Michele Emiliano (ex magistrato,ora vicino a D’Alema) e dei Socialisti autonomisti (la lista di Alberto Tedesco, ex assessore pugliese alla Salute e oggi senatore del Pd, anche lui vicino a D’Alema). Gli uomini dell’Arma, inviati dal sostituto procuratore Desirèe Digeronimo (che ha fama di persona seria), hanno perquisito le sedi e sequestrato i bilanci dei cinque partiti, alla ricerca di prove su presunti finanziamenti occulti che imprenditori locali avrebbero concesso durante la campagna elettorale del 2005, che portò Nichi Vendola alla guida della giunta regionale, e durante quella per le recenti elezioni comunali, che hanno confermato Emiliano primo cittadino. Tutto secondo la migliore tradizione della politica italiana, insomma, con ipotesi di reato che vanno dal finanziamento illecito ai partiti sino al voto di scambio, passando per corruzione, concussione, falso e truffa. In un’indagine che vede indagate una quindicina di persone, anche grazie alle prove raccolte in numerose intercettazioni telefoniche. Difficile dire adesso se il centrosinistra pugliese riuscirà a sopravvivere alla botta. L’unica discrepanza rispetto alla predizione di D’Alema riguarda l’oggetto delle scosse. Secondo il pronostico dalemiano il sisma giudiziario doveva far crollare Silvio Berlusconi e il suo governo. A finire terremotato, invece, è stato proprio il Pd - specie nella sua componente dalemiana - assieme alle altre forze d’opposizione. Ma sono quisquilie che nulla tolgono alla capacità divinatoria del vate in barca a vela. Quelli del Pdl sono comunque costretti a godere a denti stretti. Un po’ perché hanno le loro magagne giudiziarie, un po’ perché, nonostante la serietà degli inquirenti, la storia insegna che simili inchieste molto spesso finiscono in un nulla di fatto, se non altro per la difficoltà di provare in tribunale la commissione del reato. Chi rinuncia volentieri al coitus interruptus è Antonio Di Pietro, che tanto le sue condanne le ha già scritte e può far sapere a tutti che l’unico partito di centrosinistra non coinvolto dall’indagine è il suo, in modo da grattare un altro po’ di voti ai suoi veri avversari, che ovviamente sono quelli del Pd. I quali, comunque vadano le inchieste pugliesi e le altre che li riguardano in tutta Italia, sono destinati a pagare cara la loro presunzione di sentirsi perennemente vergini e di andare in giro - vizietto che hanno tuttora - con il ditino accusatore puntato sugli avversari. Davanti a notizie come quella di ieri, gli elettori che avevano creduto alla storiella della questione morale si svegliano dal letargo con una gran voglia di mettere le manette al primo assessore del Pd che gli capita davanti. Di Pietro incassa e ringrazia.
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