Milano - In Procura a Roma usano additivi giuridici, doping legale, una toga aerodinamica che li fa sfrecciare tra cavilli e faldoni. Come spiegare altrimenti il prodigio del pm Amato, che ci ha messo solo 13 giorni dalla denuncia (16 dal comizio di piazza Farnese) per chiedere l’archiviazione nel procedimento per vilipendio al capo dello Stato aperto contro Antonio Di Pietro? Tempi da record, da Paese civile. Fosse sempre così, la giustizia italiana non sarebbe in coda a ogni classifica, preda di lungaggini da era geologica che rendono improrogabile una riforma. Ma non è sempre così. Perché per un pm che si precipita a un’«attenta lettura» del discorso di Tonino per sancire che fu «critica espressa in forme continenti», c’è un gip che da luglio non ha ancora trovato il tempo di interrogare una ragazza vittima di tentato omicidio. Per Marya, gettata dal sesto piano durante un tentativo di stupro, due mesi di coma e cinque di terrore. Perché il giudice non la interroga e quindi non può arrestare le bestie che l’hanno costretta a vivere in carrozzella. Quelli che ora possono scegliere se fuggire all’estero o se vendicarsi di Marya che li ha denunciati. È una giustizia a due tempi: mette la quinta per salvare un politico accusato di aver dato del mafioso a Napolitano e parcheggia pacifica in doppia fila mentre una ragazza rischia ritorsioni. E dunque qual è la ricetta per avere tempi da record? Aver portato una toga? Ed è più urgente prendere un branco di stupratori o spazzare via eventuali nubi dal cielo dell’eroe del giustizialismo? E soprattutto. Se Di Pietro ora «esige delle scuse» per 16 giorni di «bugie», a Marya che non camminerà più cosa portiamo? Una scatola di cioccolatini?
sabato 14 febbraio 2009
Salvo Di Pietro
Giustizia veloce solo per salvare Di Pietro di Marco Zucchetti
Milano - In Procura a Roma usano additivi giuridici, doping legale, una toga aerodinamica che li fa sfrecciare tra cavilli e faldoni. Come spiegare altrimenti il prodigio del pm Amato, che ci ha messo solo 13 giorni dalla denuncia (16 dal comizio di piazza Farnese) per chiedere l’archiviazione nel procedimento per vilipendio al capo dello Stato aperto contro Antonio Di Pietro? Tempi da record, da Paese civile. Fosse sempre così, la giustizia italiana non sarebbe in coda a ogni classifica, preda di lungaggini da era geologica che rendono improrogabile una riforma. Ma non è sempre così. Perché per un pm che si precipita a un’«attenta lettura» del discorso di Tonino per sancire che fu «critica espressa in forme continenti», c’è un gip che da luglio non ha ancora trovato il tempo di interrogare una ragazza vittima di tentato omicidio. Per Marya, gettata dal sesto piano durante un tentativo di stupro, due mesi di coma e cinque di terrore. Perché il giudice non la interroga e quindi non può arrestare le bestie che l’hanno costretta a vivere in carrozzella. Quelli che ora possono scegliere se fuggire all’estero o se vendicarsi di Marya che li ha denunciati. È una giustizia a due tempi: mette la quinta per salvare un politico accusato di aver dato del mafioso a Napolitano e parcheggia pacifica in doppia fila mentre una ragazza rischia ritorsioni. E dunque qual è la ricetta per avere tempi da record? Aver portato una toga? Ed è più urgente prendere un branco di stupratori o spazzare via eventuali nubi dal cielo dell’eroe del giustizialismo? E soprattutto. Se Di Pietro ora «esige delle scuse» per 16 giorni di «bugie», a Marya che non camminerà più cosa portiamo? Una scatola di cioccolatini?
Milano - In Procura a Roma usano additivi giuridici, doping legale, una toga aerodinamica che li fa sfrecciare tra cavilli e faldoni. Come spiegare altrimenti il prodigio del pm Amato, che ci ha messo solo 13 giorni dalla denuncia (16 dal comizio di piazza Farnese) per chiedere l’archiviazione nel procedimento per vilipendio al capo dello Stato aperto contro Antonio Di Pietro? Tempi da record, da Paese civile. Fosse sempre così, la giustizia italiana non sarebbe in coda a ogni classifica, preda di lungaggini da era geologica che rendono improrogabile una riforma. Ma non è sempre così. Perché per un pm che si precipita a un’«attenta lettura» del discorso di Tonino per sancire che fu «critica espressa in forme continenti», c’è un gip che da luglio non ha ancora trovato il tempo di interrogare una ragazza vittima di tentato omicidio. Per Marya, gettata dal sesto piano durante un tentativo di stupro, due mesi di coma e cinque di terrore. Perché il giudice non la interroga e quindi non può arrestare le bestie che l’hanno costretta a vivere in carrozzella. Quelli che ora possono scegliere se fuggire all’estero o se vendicarsi di Marya che li ha denunciati. È una giustizia a due tempi: mette la quinta per salvare un politico accusato di aver dato del mafioso a Napolitano e parcheggia pacifica in doppia fila mentre una ragazza rischia ritorsioni. E dunque qual è la ricetta per avere tempi da record? Aver portato una toga? Ed è più urgente prendere un branco di stupratori o spazzare via eventuali nubi dal cielo dell’eroe del giustizialismo? E soprattutto. Se Di Pietro ora «esige delle scuse» per 16 giorni di «bugie», a Marya che non camminerà più cosa portiamo? Una scatola di cioccolatini?
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