Disarmate, non pagate, anziane (dovranno essere composte per lo più da agenti in pensione) e messe sotto il controllo dei prefetti, pochi dei quali hanno il cuor di leone. Più mosce di così, le ronde volute dalla Lega e approvate ieri dal governo nel decreto antistupri non potevano essere. È una costante del Carroccio: parte con propositi roboanti e finisce per ottenere risultati risibili. Andò così anche con la legge Bossi-Fini, nel 2001. La Lega diceva da tempo di voler introdurre il reato di clandestinità. Ma il governo non lo fece. Per giustificare la marcia indietro, Umberto Bossi disse che «se entriamo nel penale, ci dobbiamo tenere almeno per dieci anni le migliaia di extracomunitari che commettono reati, perché tra rinvii, ricorsi e appelli, questi riusciranno di nuovo a mimetizzarsi nel Paese». Ammesso che fosse vero, potevano accorgersene prima. Dire che la Lega urla tanto per raccogliere poco, però, non conviene né agli uomini di Bossi né ai loro avversari: l’immagine del Senatùr con i canini grondanti sangue che impone i suoi metodi truci al governo fa comodo a tutti. Stavolta tocca alle ronde. Le quali, se hanno un difetto, è quello di essere inutili, visto come sono state pensate. Presto lo si capirà. I leghisti, ovviamente, se le rivendono come «una conquista storica», ma c’è forte dubbio su quanto credano alle loro stesse parole. Di sicuro, però, in Quirinale e in Vaticano c’è chi ha preso la cosa drammaticamente sul serio. Il presidente della repubblica ha tenuto a far sapere che la responsabilità del decreto è tutta del governo. Che sembra una ovvietà, ma lo è sino a un certo punto. Giorgio Napolitano, in realtà, rispondeva a Maroni, il quale aveva detto una cosa un po’ meno banale. E cioè che il testo del decreto, in particolare laddove riguarda le ronde, era stato «concordato» giovedì con il presidente della repubblica. Infatti Napolitano, come sempre fa quando discute i decreti con i ministri, aveva premesso che si sarebbe interessato solo ai profili di costituzionalità del provvedimento. Ma poi il suo confronto con Maroni era andato ben oltre, concentrandosi sul merito di quanto previsto dal decreto.Svelando il “segreto” di questa trattativa - che in realtà è prassi costante, visto che il Quirinale può rifiutarsi di firmare i decreti, come aveva fatto due settimane fa con il testo varato dal governo per impedire la morte di Eluana Englaro - Maroni voleva far sapere, ovviamente, che sui contenuti del provvedimento c’era già l’avallo del presidente della repubblica. Il che è vero, ma non bisogna dirlo. Al ministro, invece, è scappata qualche parolina di troppo. E così il presidente della Repubblica ha voluto bacchettarlo per aver fatto sapere quello che avviene nelle segrete stanze del Quirinale, e ha tenuto a prendere le distanze in pubblico da quel testo che aveva approvato in privato. Così facendo, Napolitano è tornato in sintonia con almeno una parte del Vaticano. Da dove monsignor Agostino Marchetto, segretario del dicastero per la pastorale delle migrazioni, ha sparato una solenne corbelleria, dicendo che la regolarizzazione delle ronde rappresenta «una abdicazione dello Stato di diritto», che avrà «gravi conseguenze». Persino la Caritas aveva dato un giudizio più cauto e ragionato, approvando le limitazioni poste alle ronde dal decreto, ma avvertendo che oltre a queste servono «politiche sociali, urbanistiche, di prevenzione». Non si capisce, infatti, in che modo possano nuocere allo stato di diritto gruppi di volontari in gran parte in pensione, armati solo di ricetrasmittenti collegate con il commissariato ed abituati a servire l’ordine pubblico (visto, appunto, che dovranno essere scelti in prevalenza tra carabinieri e poliziotti in congedo). Ma che una parte della Chiesa si beva con entusiasmo gli slogan della sinistra sulla sicurezza - il «Far West», la «giustizia fai-da-te» e così via - anche dinanzi a provvedimenti loffi come quello varato ieri sulle ronde, non è notizia di adesso.Piuttosto, vale la pena di notare che la stessa sinistra che due settimane fa, quando la Chiesa si appellò al mondo politico per evitare la morte di Eluana Englaro, gridava all’ingerenza del Vaticano negli affari interni italiani, stavolta non batte ciglio, anzi applaude, dinanzi a un alto prelato che contesta un decreto varato dal consiglio dei ministri usando un linguaggio apocalittico degno di occasioni ben più serie. Monsignor Marchetto può stare tranquillo: non saranno le ronde previste dal decreto antistupri a cancellare lo stato di diritto in Italia. E se c’è un Abele da difendere sono proprio le vittime di quelle violenze per cui tutti gridano allo scandalo, per poi subito voltarsi indietro quando si tratta di studiare una soluzione. Ecco, se c’è una cosa che oggi minaccia lo stato di diritto è proprio l’alto numero di delinquenti impuniti, molti dei quali, lo dicono le statistiche, di origine immigrata. Purtroppo le ronde, per come sono state pensate, non cambieranno di una virgola questa situazione.
Post scriptum. La posizione di Avvenire, quotidiano della Conferenza episcopale italiana, in materia di ronde, espressa nell'editoriale di oggi, è assai diversa da quella di monsignor Marchetto. E lo stesso direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, è appena intervenuto per chiarire che quella di Marchetto non è la posizione della Santa Sede. A conferma del fatto che chi dipinge l'intera Chiesa mobilitata contro il provvedimento sta facendo una strumentalizzazione di infimo livello.
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