Mentre in Italia siamo occupati a discutere sul grado di razzismo o meno contenuto nel ddl sicurezza, sul possibile uso delle ronde, e sul potenziale pericolo di un'ondata xenofoba, in altri Paesi passano direttamente ai fatti. Non bisogna andare tanto lontano, infatti, per accorgersi che la lotta all'immigrazione clandestina non è solo una prerogativa italiana: basta guardare cosa sta accadendo in Spagna, dove hanno deciso di saltare i soliti preamboli del dibattito politico e stanno applicando una vera e propria caccia all’immigrato clandestino. La circolare del ministero degli Interni spagnolo diffusa qualche mese fa parla chiaro: ogni singolo commissariato di polizia deve accumulare un numero minimo di arresti settimanali di stranieri irregolari; se non se ne trovano, la polizia deve uscire dal proprio distretto per scovarli da un’altra parte. La preferenza, pensate un po', va ai cittadini di nazionalità marocchina perché la loro espulsione avviene “via terra ed è più economica”, mentre non è consigliato fermare i boliviani perché “i posti sui voli di rimpatrio sono limitati”. Ma il bello deve ancora arrivare: se raggiungono il loro obiettivo, i singoli poliziotti vengono ricompensati con premi o giorni di ferie; se non rispettano la soglia predisposta, invece, sono minacciati con il trasferimento in posti meno gettonati. Gli effettivi destinati alle auto di polizia o alle unità “Centauro” (gruppo speciale della Policía Nacional), per esempio, rimarrebbero a sorvegliare le caserme, mentre ai funzionari toccherebbe svolgere funzioni particolarmente tediose. Ed ecco che, con la speranza di vedersi un bell’aumento a fine mese in busta paga, o qualche giorno in più di meritato riposo (o anche solo per paura di non perdere il proprio posto di lavoro), è incominciata la caccia al clandestino di fronte alle scuole, all’uscita delle metropolitane, negli internet point, nei bar e locali notturni. A quanto pare l’operazione sta già raccogliendo i suoi frutti: tra dicembre e la prima metà di gennaio, ci sono stati 4.015 arresti per infrazione della Legge sull’Immigrazione, un incremento del 140,85 per cento rispetto all’anno precente. Altro che ronde padane! Adesso persino le guardie di sicurezza dei treni e i controllori dei mezzi pubblici possono fermare gli stranieri, chiedergli i documenti e segnalarli alle autorità. Una nuova politica di controllo dell’immigrazione che, dopo la campagna zapateriana “documenti per tutti”, è diventata una vera e propria lotta indiscriminata alla clandestinità. L’entusiasmo per il grande successo dell’iniziativa del ministero degli Interni spagnolo è durato poco. Dopo numerose denunce dei sindacati della polizia “per l’esistenza di pratiche che possano ledere la legislazione, i diritti costituzionali dei cittadini e la sicurezza giuridica delle forze dell’ordine”, il ministro dell’Interno Alfredo Pérez Rubalcaba è dovuto intervenire per difendere il metodo degli “obiettivi quantitativi” (cioè il numero di clandestini arrestati). Sulla questione della discrezionalità applicata fino adesso durante gli arresti, Rubalcaba ha dovuto diffondere una nuova circolare “chiarificatrice” per correggere l'operato della polizia, introducendo un nuovo “criterio delinquenziale”. In altre parole: invece di beccare i genitori senza documenti che aspettano di fronte alle scuole i propri figli (come, tra l’altro, era successo nei giorni scorsi ed era stato denunciato da numerosi quotidiani), o di fermare i pedoni senza altro criterio se non quello del loro aspetto fisico, bisogna prendere solo i "cattivi". A questo punto viene da chiedersi quali erano le direttive precedenti... Il ministro Rubalcaba ha preferito trincerarsi dietro un “no comment” quando è stata sollevata la questione della "preferenza" data ai cittadini marocchini, così come quando si è parlato della autorizzazione concessa alla polizia di uscire dai limiti del proprio distretto. La conclusione del ministro: “esistono istruzioni operative di funzionamento che non possono essere svelate, ma che non hanno nulla a che fare con sistemi illegali”. Un’elegante formula per non assumersi la responsabilità delle proprie azioni fino in fondo, e un giostrarsi politico che dimostra la contraddittoria (e xenofoba) politica immigratoria che il governo spagnolo ha cercato di correggere in corner. Peccato che si tratti proprio di quel paese che, fino a qualche tempo fa, criticava le iniziative italiane per il controllo degli accampamenti abusivi dei Rom, accusandoci di razzismo. Da che pulpito viene la predica...
giovedì 19 febbraio 2009
Zapatero's style
La Spagna che bacchettava l'Italia, ora dà la caccia ai clandestini di Fabrizia B. Maggi
Mentre in Italia siamo occupati a discutere sul grado di razzismo o meno contenuto nel ddl sicurezza, sul possibile uso delle ronde, e sul potenziale pericolo di un'ondata xenofoba, in altri Paesi passano direttamente ai fatti. Non bisogna andare tanto lontano, infatti, per accorgersi che la lotta all'immigrazione clandestina non è solo una prerogativa italiana: basta guardare cosa sta accadendo in Spagna, dove hanno deciso di saltare i soliti preamboli del dibattito politico e stanno applicando una vera e propria caccia all’immigrato clandestino. La circolare del ministero degli Interni spagnolo diffusa qualche mese fa parla chiaro: ogni singolo commissariato di polizia deve accumulare un numero minimo di arresti settimanali di stranieri irregolari; se non se ne trovano, la polizia deve uscire dal proprio distretto per scovarli da un’altra parte. La preferenza, pensate un po', va ai cittadini di nazionalità marocchina perché la loro espulsione avviene “via terra ed è più economica”, mentre non è consigliato fermare i boliviani perché “i posti sui voli di rimpatrio sono limitati”. Ma il bello deve ancora arrivare: se raggiungono il loro obiettivo, i singoli poliziotti vengono ricompensati con premi o giorni di ferie; se non rispettano la soglia predisposta, invece, sono minacciati con il trasferimento in posti meno gettonati. Gli effettivi destinati alle auto di polizia o alle unità “Centauro” (gruppo speciale della Policía Nacional), per esempio, rimarrebbero a sorvegliare le caserme, mentre ai funzionari toccherebbe svolgere funzioni particolarmente tediose. Ed ecco che, con la speranza di vedersi un bell’aumento a fine mese in busta paga, o qualche giorno in più di meritato riposo (o anche solo per paura di non perdere il proprio posto di lavoro), è incominciata la caccia al clandestino di fronte alle scuole, all’uscita delle metropolitane, negli internet point, nei bar e locali notturni. A quanto pare l’operazione sta già raccogliendo i suoi frutti: tra dicembre e la prima metà di gennaio, ci sono stati 4.015 arresti per infrazione della Legge sull’Immigrazione, un incremento del 140,85 per cento rispetto all’anno precente. Altro che ronde padane! Adesso persino le guardie di sicurezza dei treni e i controllori dei mezzi pubblici possono fermare gli stranieri, chiedergli i documenti e segnalarli alle autorità. Una nuova politica di controllo dell’immigrazione che, dopo la campagna zapateriana “documenti per tutti”, è diventata una vera e propria lotta indiscriminata alla clandestinità. L’entusiasmo per il grande successo dell’iniziativa del ministero degli Interni spagnolo è durato poco. Dopo numerose denunce dei sindacati della polizia “per l’esistenza di pratiche che possano ledere la legislazione, i diritti costituzionali dei cittadini e la sicurezza giuridica delle forze dell’ordine”, il ministro dell’Interno Alfredo Pérez Rubalcaba è dovuto intervenire per difendere il metodo degli “obiettivi quantitativi” (cioè il numero di clandestini arrestati). Sulla questione della discrezionalità applicata fino adesso durante gli arresti, Rubalcaba ha dovuto diffondere una nuova circolare “chiarificatrice” per correggere l'operato della polizia, introducendo un nuovo “criterio delinquenziale”. In altre parole: invece di beccare i genitori senza documenti che aspettano di fronte alle scuole i propri figli (come, tra l’altro, era successo nei giorni scorsi ed era stato denunciato da numerosi quotidiani), o di fermare i pedoni senza altro criterio se non quello del loro aspetto fisico, bisogna prendere solo i "cattivi". A questo punto viene da chiedersi quali erano le direttive precedenti... Il ministro Rubalcaba ha preferito trincerarsi dietro un “no comment” quando è stata sollevata la questione della "preferenza" data ai cittadini marocchini, così come quando si è parlato della autorizzazione concessa alla polizia di uscire dai limiti del proprio distretto. La conclusione del ministro: “esistono istruzioni operative di funzionamento che non possono essere svelate, ma che non hanno nulla a che fare con sistemi illegali”. Un’elegante formula per non assumersi la responsabilità delle proprie azioni fino in fondo, e un giostrarsi politico che dimostra la contraddittoria (e xenofoba) politica immigratoria che il governo spagnolo ha cercato di correggere in corner. Peccato che si tratti proprio di quel paese che, fino a qualche tempo fa, criticava le iniziative italiane per il controllo degli accampamenti abusivi dei Rom, accusandoci di razzismo. Da che pulpito viene la predica...
Mentre in Italia siamo occupati a discutere sul grado di razzismo o meno contenuto nel ddl sicurezza, sul possibile uso delle ronde, e sul potenziale pericolo di un'ondata xenofoba, in altri Paesi passano direttamente ai fatti. Non bisogna andare tanto lontano, infatti, per accorgersi che la lotta all'immigrazione clandestina non è solo una prerogativa italiana: basta guardare cosa sta accadendo in Spagna, dove hanno deciso di saltare i soliti preamboli del dibattito politico e stanno applicando una vera e propria caccia all’immigrato clandestino. La circolare del ministero degli Interni spagnolo diffusa qualche mese fa parla chiaro: ogni singolo commissariato di polizia deve accumulare un numero minimo di arresti settimanali di stranieri irregolari; se non se ne trovano, la polizia deve uscire dal proprio distretto per scovarli da un’altra parte. La preferenza, pensate un po', va ai cittadini di nazionalità marocchina perché la loro espulsione avviene “via terra ed è più economica”, mentre non è consigliato fermare i boliviani perché “i posti sui voli di rimpatrio sono limitati”. Ma il bello deve ancora arrivare: se raggiungono il loro obiettivo, i singoli poliziotti vengono ricompensati con premi o giorni di ferie; se non rispettano la soglia predisposta, invece, sono minacciati con il trasferimento in posti meno gettonati. Gli effettivi destinati alle auto di polizia o alle unità “Centauro” (gruppo speciale della Policía Nacional), per esempio, rimarrebbero a sorvegliare le caserme, mentre ai funzionari toccherebbe svolgere funzioni particolarmente tediose. Ed ecco che, con la speranza di vedersi un bell’aumento a fine mese in busta paga, o qualche giorno in più di meritato riposo (o anche solo per paura di non perdere il proprio posto di lavoro), è incominciata la caccia al clandestino di fronte alle scuole, all’uscita delle metropolitane, negli internet point, nei bar e locali notturni. A quanto pare l’operazione sta già raccogliendo i suoi frutti: tra dicembre e la prima metà di gennaio, ci sono stati 4.015 arresti per infrazione della Legge sull’Immigrazione, un incremento del 140,85 per cento rispetto all’anno precente. Altro che ronde padane! Adesso persino le guardie di sicurezza dei treni e i controllori dei mezzi pubblici possono fermare gli stranieri, chiedergli i documenti e segnalarli alle autorità. Una nuova politica di controllo dell’immigrazione che, dopo la campagna zapateriana “documenti per tutti”, è diventata una vera e propria lotta indiscriminata alla clandestinità. L’entusiasmo per il grande successo dell’iniziativa del ministero degli Interni spagnolo è durato poco. Dopo numerose denunce dei sindacati della polizia “per l’esistenza di pratiche che possano ledere la legislazione, i diritti costituzionali dei cittadini e la sicurezza giuridica delle forze dell’ordine”, il ministro dell’Interno Alfredo Pérez Rubalcaba è dovuto intervenire per difendere il metodo degli “obiettivi quantitativi” (cioè il numero di clandestini arrestati). Sulla questione della discrezionalità applicata fino adesso durante gli arresti, Rubalcaba ha dovuto diffondere una nuova circolare “chiarificatrice” per correggere l'operato della polizia, introducendo un nuovo “criterio delinquenziale”. In altre parole: invece di beccare i genitori senza documenti che aspettano di fronte alle scuole i propri figli (come, tra l’altro, era successo nei giorni scorsi ed era stato denunciato da numerosi quotidiani), o di fermare i pedoni senza altro criterio se non quello del loro aspetto fisico, bisogna prendere solo i "cattivi". A questo punto viene da chiedersi quali erano le direttive precedenti... Il ministro Rubalcaba ha preferito trincerarsi dietro un “no comment” quando è stata sollevata la questione della "preferenza" data ai cittadini marocchini, così come quando si è parlato della autorizzazione concessa alla polizia di uscire dai limiti del proprio distretto. La conclusione del ministro: “esistono istruzioni operative di funzionamento che non possono essere svelate, ma che non hanno nulla a che fare con sistemi illegali”. Un’elegante formula per non assumersi la responsabilità delle proprie azioni fino in fondo, e un giostrarsi politico che dimostra la contraddittoria (e xenofoba) politica immigratoria che il governo spagnolo ha cercato di correggere in corner. Peccato che si tratti proprio di quel paese che, fino a qualche tempo fa, criticava le iniziative italiane per il controllo degli accampamenti abusivi dei Rom, accusandoci di razzismo. Da che pulpito viene la predica...
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