Attività nel mirino degli investitori cinesi, i negozianti ora si sentono minacciati “Caffè nolmale o macchiato, signola?”. Lo sbarco di cinesi nella gestione del bar di fronte al tribunale nel cuore del centro storico preoccupa. Per ora la città non sembra voler metabolizzare la cosa, come era successo con lo sbarco dei marziani a Roma del racconto di Flaiano, che il giorno dopo già non li filava più nessuno. L’ingresso della Cina sul corso di Fermo, non proprio florido in fatto di negozi e locali, è un pezzo del mondo globale con cui anche qui tocca fare i conti. Tra paure da superare e luoghi comuni da sfatare. Per Sandro Testoni, storico edicolante di piazza del Popolo, i cinesi che gestiscono il bar di fronte al palazzo di giustizia, sono il prodromo di una vera a propria invasione. “Loro arrivano con i soldi in mano - dice Testoni - e allettano i proprietari di negozi e magazzini a vendere a un prezzo a volte superiore del valore. Non so se questo è stato il caso del bar sul corso, dove hanno rilevato solo la gestione, ma so che i proprietari dei locali vuoti poco distanti sono stati contattati da cinesi intenzionati ad aprire un emporio. Il centro storico deve essere aperto alla gente, al transito e deve rinascere in mano ai fermani per puntare sulla qualità”. Anche Diana Benedetto, titolare della tabaccheria in largo Fogliani e presidente dell’associazione “Vivi piazzetta”, non usa mezzi termini. “Sono anni che lotto per riqualificare il centro storico - dice la commerciante - ma questa amministrazione fa di tutto per isolarlo e degradarlo. Adesso ci mancavano anche i cinesi. Non sono razzista, ma la presenza di stranieri a gestire negozi in centro storico non è sinonimo di qualità. Il centro è dei fermani e tale deve restare”. Getta acqua sul fuoco, invece, Massimo Monti, assessore al Commercio. “Per adesso non c’è alcun rischio - dice - in merito al bar in questione si è trattata di una regolare compravendita di licenza. Non è possibile fare discriminazioni in questo senso, che si tratti dicinesi, italiani, polacchi o altro. Se ci sono tutti i requisiti richiesti dalla legge, l’amministrazione non può non rilasciare la licenza di apertura. I controlli di routine vengono fatti dalla polizia municipale tutti i giorni”. Per ora, tuttavia, in barba alla crisi, gli esercizi commerciali dei cinesi proliferano. Basta vedere Porto Sant’Elpidio. Non conoscono crolli ma non conoscono nemmeno il successo: navigano in un eterno presente fatto di luci al neon nelle lanterne rosse esposte fuori dai bazar.
sabato 28 febbraio 2009
Svendite
L’assessore Monti rimarca: “Non è possibile fare discriminazioni nel rilascio delle licenze di apertura”. “Lasciate il centro ai fermani”.
Attività nel mirino degli investitori cinesi, i negozianti ora si sentono minacciati “Caffè nolmale o macchiato, signola?”. Lo sbarco di cinesi nella gestione del bar di fronte al tribunale nel cuore del centro storico preoccupa. Per ora la città non sembra voler metabolizzare la cosa, come era successo con lo sbarco dei marziani a Roma del racconto di Flaiano, che il giorno dopo già non li filava più nessuno. L’ingresso della Cina sul corso di Fermo, non proprio florido in fatto di negozi e locali, è un pezzo del mondo globale con cui anche qui tocca fare i conti. Tra paure da superare e luoghi comuni da sfatare. Per Sandro Testoni, storico edicolante di piazza del Popolo, i cinesi che gestiscono il bar di fronte al palazzo di giustizia, sono il prodromo di una vera a propria invasione. “Loro arrivano con i soldi in mano - dice Testoni - e allettano i proprietari di negozi e magazzini a vendere a un prezzo a volte superiore del valore. Non so se questo è stato il caso del bar sul corso, dove hanno rilevato solo la gestione, ma so che i proprietari dei locali vuoti poco distanti sono stati contattati da cinesi intenzionati ad aprire un emporio. Il centro storico deve essere aperto alla gente, al transito e deve rinascere in mano ai fermani per puntare sulla qualità”. Anche Diana Benedetto, titolare della tabaccheria in largo Fogliani e presidente dell’associazione “Vivi piazzetta”, non usa mezzi termini. “Sono anni che lotto per riqualificare il centro storico - dice la commerciante - ma questa amministrazione fa di tutto per isolarlo e degradarlo. Adesso ci mancavano anche i cinesi. Non sono razzista, ma la presenza di stranieri a gestire negozi in centro storico non è sinonimo di qualità. Il centro è dei fermani e tale deve restare”. Getta acqua sul fuoco, invece, Massimo Monti, assessore al Commercio. “Per adesso non c’è alcun rischio - dice - in merito al bar in questione si è trattata di una regolare compravendita di licenza. Non è possibile fare discriminazioni in questo senso, che si tratti dicinesi, italiani, polacchi o altro. Se ci sono tutti i requisiti richiesti dalla legge, l’amministrazione non può non rilasciare la licenza di apertura. I controlli di routine vengono fatti dalla polizia municipale tutti i giorni”. Per ora, tuttavia, in barba alla crisi, gli esercizi commerciali dei cinesi proliferano. Basta vedere Porto Sant’Elpidio. Non conoscono crolli ma non conoscono nemmeno il successo: navigano in un eterno presente fatto di luci al neon nelle lanterne rosse esposte fuori dai bazar.
Attività nel mirino degli investitori cinesi, i negozianti ora si sentono minacciati “Caffè nolmale o macchiato, signola?”. Lo sbarco di cinesi nella gestione del bar di fronte al tribunale nel cuore del centro storico preoccupa. Per ora la città non sembra voler metabolizzare la cosa, come era successo con lo sbarco dei marziani a Roma del racconto di Flaiano, che il giorno dopo già non li filava più nessuno. L’ingresso della Cina sul corso di Fermo, non proprio florido in fatto di negozi e locali, è un pezzo del mondo globale con cui anche qui tocca fare i conti. Tra paure da superare e luoghi comuni da sfatare. Per Sandro Testoni, storico edicolante di piazza del Popolo, i cinesi che gestiscono il bar di fronte al palazzo di giustizia, sono il prodromo di una vera a propria invasione. “Loro arrivano con i soldi in mano - dice Testoni - e allettano i proprietari di negozi e magazzini a vendere a un prezzo a volte superiore del valore. Non so se questo è stato il caso del bar sul corso, dove hanno rilevato solo la gestione, ma so che i proprietari dei locali vuoti poco distanti sono stati contattati da cinesi intenzionati ad aprire un emporio. Il centro storico deve essere aperto alla gente, al transito e deve rinascere in mano ai fermani per puntare sulla qualità”. Anche Diana Benedetto, titolare della tabaccheria in largo Fogliani e presidente dell’associazione “Vivi piazzetta”, non usa mezzi termini. “Sono anni che lotto per riqualificare il centro storico - dice la commerciante - ma questa amministrazione fa di tutto per isolarlo e degradarlo. Adesso ci mancavano anche i cinesi. Non sono razzista, ma la presenza di stranieri a gestire negozi in centro storico non è sinonimo di qualità. Il centro è dei fermani e tale deve restare”. Getta acqua sul fuoco, invece, Massimo Monti, assessore al Commercio. “Per adesso non c’è alcun rischio - dice - in merito al bar in questione si è trattata di una regolare compravendita di licenza. Non è possibile fare discriminazioni in questo senso, che si tratti dicinesi, italiani, polacchi o altro. Se ci sono tutti i requisiti richiesti dalla legge, l’amministrazione non può non rilasciare la licenza di apertura. I controlli di routine vengono fatti dalla polizia municipale tutti i giorni”. Per ora, tuttavia, in barba alla crisi, gli esercizi commerciali dei cinesi proliferano. Basta vedere Porto Sant’Elpidio. Non conoscono crolli ma non conoscono nemmeno il successo: navigano in un eterno presente fatto di luci al neon nelle lanterne rosse esposte fuori dai bazar.
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