domenica 22 febbraio 2009

Il nuovo Pd

Parterre e strategie. E la nomenklatura si salvò «Rischio nuovismo scongiurato». Il ruggito del popolo delle primarie non si sente. Fassino: «Valium? Ha vinto la ragione»

ROMA — «Riserveremo a Franceschini e alla nomenklatura un trattamento tipo maggiordomo di Giuliano Soria»
sibila all'ingresso un bellicoso delegato di Torino. Resterà l'unico acuto, oltre a qualche strillo — «Tutti a casa!» — molto fotografato ma subito spento da un'urlataccia più forte della Finocchiaro donna d'ordine. Per il resto, la «nomenklatura» se l'è cavata. E il nuovo leader, anziché essere multato come il malcapitato mauriziano per ogni cappuccino mal riuscito (almeno secondo l'accusa), viene festeggiato con la prodiana Canzone popolare, riesumata dopo il fallimento del Mi fido di te di Jovanotti-Veltroni. Alla Fiera di Roma era attesa la mitica base in rivolta. L'irruzione della società civile nelle polverose stanze delle oligarchie. Il ruggito del popolo delle primarie, attraverso i loro rappresentanti qui convocati. Invece tutti silenziosi, miti, placidi. «Secondo me li hanno sedati» ipotizza Lucia Annunziata. In realtà il lavorio dei vecchi leader ha convinto quasi tutti che Franceschini è una necessità, per ora.

LA VERA PARTITA DOPO LE EUROPEE - Dopo le Europee si giocherà la partita, tra lui (o un altro candidato della maggioranza popolari-veltroniani-fassiniani) e Bersani, sostenuto da D'Alema e forse da Enrico Letta, se non andrà con Follini e magari Rutelli a fondare con l'Udc il nuovo partito di centro, nome provvisorio Kadima italiana. Base cloroformizzata, vertice arzillo. Fassino, di ottimo umore: «Ma quale Valium? Ha vinto la ragione». Bersani, lontano da taccuini e telecamere, si lascia andare: «Abbiamo dimostrato che ci siamo ancora. Che siamo un partito. Che noi sappiamo come fare. Le primarie adesso sarebbero state come il festival di Sanremo. O come Miss Italia. Senza piattaforme, senza un congresso, nei gazebo si sarebbe votato come a un concorso di bellezza. Faremo pure i gazebo; ma a suo tempo. Volevate deciderlo voi giornalisti il leader? Già vi vedevo: e i sondaggi, e Internet, e Facebook; quello che vuole la faccia nuova, quello che vuole il trentenne, quello che provoca "il vostro capo ideale è Fini"... Oggi a tutto questo abbiamo detto basta». All'inizio è previsto un certamen tipo Orazi e Curiazi o lotteria dei rigori: cinque oratori per Franceschini, cinque per le primarie subito. Quando parlano i sostenitori della linea ufficiale, a ogni angolo di ogni settore c'è un peone entusiasta che chiama l'applauso. I ribelli, tutti a braccia conserte. Arturo Parisi è andato dal parrucchiere, ma invano: parlerà a una sala semivuota. Gad Lerner confabula a bassa voce, ma non è cospirazione, sta raccontando agli amici che la sua barbera del Monferrato ha preso i tre bicchieri del Gambero Rosso. Poi sale sul podio a chiedere le primarie. D'Alema sorride: «Bravo, intervento ottimo, Lerner ha perfettamente ragione. I nodi da sciogliere al più presto sono quelli che dice lui: Medio Oriente, laicità... Ci sarebbe solo un dettaglio: le elezioni. Non possiamo montare i gazebo mentre ci sono da decidere le candidature e fare la campagna elettorale». Riccardo Barenghi ex direttore del manifesto lo incalza, D'Alema risponde con un buffetto: «Barenghi io non mi occupo di organizzazione. A voi non ve ne frega niente», altro buffetto, «ma noi qui abbiamo problemi seri di cui occuparci».

LA MAPPA DELLE CORRENTI - La disposizione in sala riproduce la mappa delle correnti, capi e sottocapi si siedono vicini a comporre pacchetti di mischia: a sinistra D'Alema con Bersani, Latorre e Livia Turco; più distante Minniti ormai emancipato; al centro Fassino tra Marina Sereni e Damiano; a destra Realacci, Enzo Bianco, Gentiloni e altri della Margherita; i veltroniani in giro a ricevere solidarietà; un po' defilato Letta; Rutelli ancora più distante, decima fila, in direzione dell'uscita. «Tutti a casaaa!» ci riprovano gli urlatori, D'Alema si volta a guardare, sul viso una smorfia involontaria come fissasse una mosca su un cuscino di broccato bianco. L'ex ministro Bianchi, che è qui in quota Castro, sciarpa rossa e capelli bianchi lunghi, vaga su e giù da solo, anima in pena. Si vota. Non in segreto: per alzata di tessera. Le «scrutatrici di settore», come le chiama la Finocchiaro, sono nel pallone: «Compagno siediti te ti ho già contato, amico scusa ti spiace alzare di nuovo la mano?»; Morando, che vorrebbe le primarie adesso, si lamenta: «Ma come si fa a votare così, non si capisce niente, è una presa in giro»; gli dicono di lasciar perdere, ormai è tutto deciso. Barenghi, fuori dal raggio dei buffetti di D'Alema, provoca: sempre bulgari, eh? «Magari. Questa non è la Bulgaria, questo è un suq arabo. A Roma si dice 'na caciara. Io voto segretario il primo che fa piazza pulita: noi chiusi in una saletta riservata, con ogni confort; voi fuori, via, a guardarci sulla tv a circuito chiuso. Al massimo lasciamo aperto l'audio». D'Alema finge di arrabbiarsi, in realtà pare rilassato: Veltroni non c'è più, tutti gli altri sì.

«DECIDO IO» -Il discorso di Franceschini lancia la parola-chiave «decido io», affronta i temi irrisolti della collocazione europea e del testamento biologico, suscita gli applausi più alti quando evoca con efficacia la Resistenza: la lunga notte del '43, la strage fascista nella sua Ferrara, la corrispondenza in romagnolo tra Boldrini e Zaccagnini, il comunista e il cattolico che considera il suo maestro. Marini, a pipa spenta: «La faccetta sorridente di Dario trae in inganno. Lui sembra buono. In realtà è un duro. Determinato». Fassino, ormai euforico: «Franceschini c'ha due palle così!». Davanti a Bersani si forma una processione di diessini: «Noi avremmo votato per te...». «Tranquilli: a ottobre». Poi, al cronista: «In questi giorni i quotidiani hanno trattato Franceschini in modo vergognoso. E Franceschiello di qui, e dilettante di là. Il signor nessuno, la mammoletta. Io voglio un partito che reagisca a queste vergogne. Dario ha una figlia piccola, la mia ha quindici anni: dobbiamo nasconderle i giornali?». Di Bersani hanno detto che somiglia a Ferrini, il venditore di pedalò di Quelli della Notte. «Perché no? Ferrini è simpatico, e del resto io dico sempre che Berlusconi è come i pedalò: esce solo con il bel tempo». Dicono pure che con Bersani finisce il Pd e comincia un partito socialdemocratico. «Dalle mie parti socialdemocratico è quasi un insulto. Io semmai sono stato liberale...». Chi ha dubbi li esprime a voce bassa. Lerner: «Le primarie sarebbero state un ottimo lancio per le Europee, con il Pd in prima pagina per due mesi. Ma qui ho visto gente spaventata». Vincenzo Cerami, quota Benigni, si avventura nei labirinti della politica: «Allora, oggi hanno votato Franceschini, ma la prossima volta votano Bersani? È così? Ho capito bene? O no?». L'ex ministro Bianchi parlotta da solo. Franceschini raccomanda: «Mai più interviste, gli scontri risolviamoli tra di noi, non sui giornali». Bersani: «Sia chiaro che non ho dato un'intervista». Marini: «C'era un rischio nuovismo». Un rischio che pure ieri è stato evitato.

Aldo Cazzullo


Franceschini nuovo segretario Pd. "Berlusconi dittatore, Walter bravo"

Berlusconi è autoritario, Walter è bravo e se il Pd s'è sfasciato non è colpa sua. Questo è il nuovo Pd che avanza e avanzerà da qui a ottobre. Dario Franceschini è stato eletto dall'Assemblea del partito con la benedizione dei grandi vecchi D'Alema, Fassino, Rutelli. Non c'era gara, come nella migliore tradizione di sinistra: il povero Arturo Parisi è stato messo lì a candidarsi per fare "democrazia". Lo stop al televoto è stato dato con mezz'ora d'anticipo, tanto che te lo dico a fare, il vincitore si sapeva già. Il vice segretario è diventato segretario, resta sulla linea di Veltroni uguale precisa, e a questo punto ci si chiede perché non potevano tenersi il Walter, che tanto era uguale. Problemi loro. A noi resta un Pd come prima, più di prima, con la solita lagna anti Berlusconi, e un nuovo diktat: i panni sporchi si lavano in casa, ha ordinato Franceschini, niente divisioni sui giornali, si litiga tra le quattro mura e basta. Lodi agli ex Prodi e Veltroni, dagli al Silvio. La linea del partito sarà quella del radere al suolo: «Azzererò il coordinamento, il governo ombra e tutti gli organismi nazionali salvo la direzione», ha detto Franceschini. «Ricostruirò nuove forme collegiali e aprirò ai sindaci, ai segretari regionali e provinciali. Ma non farò nessuna trattativa con nessuno, sceglierò io, mi prendo la responsabilità. E chi batte le mani adesso - dice mentre la platea applaude - non venga a chiedere poi la nomina di qualcuno». I guai del Pd, insomma, restano tutti lì, solo che a guidarli sarà una persona diversa. In attesa del Congresso di ottobre, quando il Pd si affannerà intorno ad altre pseudo primarie dalle quali salterà fuori Bersani. Un'altra novità. Il solito film. Contenti loro....

Albina Perri

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Ah che bello... si sentiva il bisogno di un altro pagliaccio nel circo PD!