sabato 21 febbraio 2009

Eurabia che avanza

In Austria chi insegna l’Islam lo ritiene incompatibile con la democrazia di Maurizio Stefanini

Allarme in Austria: il 22% dei 400 insegnanti di Islam pagati dallo Stato austriaco rifiuta la democrazia. Proprio uno di questi insegnanti ha fatto la denuncia, atterrito lui per primo dai risultati di un questionario che aveva inviato ai suoi colleghi per redigere la propria tesi di dottorato. E la scoperta ha infiammato la stampa, costringendo il ministro dell'Educazione Claudia Schmied ad agire nel modo più energico. In Austria, stando al censimento del 2001, i musulmani sono circa 350.000, il che equivale al 4,22% della popolazione. In proporzione è tre volte e mezzo l’Italia, un po’ più del Regno Unito e un po’ meno della Germania, anche se la Francia ne ha più del doppio. L’Austria ha però una differenza rispetto al resto dell’Europa occidentale. In altri Paesi, infatti, la discussione sullo status da dare alla religione musulmana è recente, e anche complicato dalla difficoltà degli stessi islamici di darsi una rappresentanza unitaria. In Austria, invece, l’Islam è da vari decenni una delle tredici religioni riconosciute dallo Stato. La legge emanata dall’Impero Asburgico nel 1874 sul “Riconoscimento delle Chiese” fu infatti estesa anche alla fede islamica dopo il passaggio della Bosnia-Erzegovina sotto l’amministrazione austriaca nel 1878 e la sua annessione formale del 1908, e non è mai stata formalmente revocata. Era, è vero, caduta come in ibernazione, dopo che la dissoluzione dell’Impero Asburgico aveva ridotto il numero dei cittadini musulmani a poche unità. Ma negli anni Sessanta riprese un’immigrazione di islamici dalla Turchia e dalla Jugoslavia, cui in seguito si aggiunsero anche arabi e pakistani, e nel 1979 la costituzione formale della Comunità dei Credenti Islamici in Austria (Islamische Glaubensgemeinschaft in Österreich) riportò l’Atto di Riconoscimento in vigore. Va detto che la Comunità lo ha esercitato con molta discrezione: non ha infatti voluto sfruttare il diritto a esigere “tasse religiose” sul tipo dell’8 per 1000 italiano, e neanche si è messa a costruire, finanziare o amministrare direttamente moschee. Ne ha però approfittato per gestire le ore di religione nelle scuole, che riguardano 40.000 studenti di secondaria: attraverso la nomina di insegnanti di cui lo Stato paga poi lo stipendio, ma senza interferire in nessun modo né sulla loro scelta, né nei programmi e neanche nella scelta dei materiali. Insomma, fiducia a scatola chiusa. Secondo Mouhanad Khorchide, però, si tratterebbe di una fiducia mal riposta. Per preparare la sua tesi di dottorato all’Istituto di Pedagogia dell’Università di Vienna, infatti, ha mandato ai suoi 400 colleghi un questionario. Hanno risposto in 210, dei quali il 22% ritiene la democrazia “incompatibile con l’Islam”; il 29% pensa che è impossibile “integrarsi nella società austriaca senza perdere la propria identità religiosa”; il 28% considera che “essere europeo e musulmano allo stesso tempo è una contraddizione”. Evidentemente non è invece considerato contraddittorio pensarla a questo modo e prendere lo stipendio da uno Stato europeo e democratico. Naturalmente, c’è pure il particolare che se il bicchiere è per il 22-28% vuoto, allora vuol pure dire che c’è un confortante 72-78% di pieno. Il 73 % degli interpellati crede nello sviluppo di un’identità islamica europea; il 77% si considera parte integrante della società austriaca; l’86% pensa che i musulmani non debbono necessariamente restare tra di loro per conservare la propria identità. Resta però il chiaro problema che lo Stato non stava sorvegliando in maniera adeguata. Il 2 febbraio il Ministero dell’Educazione ha dunque stipulato un nuovo accordo con la Comunità, in base al quale sono stati istituiti nuovi controlli. E i risultati sono stati immediati, visto che già il 12 è stato licenziato un insegnante che aveva approfittato della cattedra per diffondere un appello al boicottaggio dei negozi di ebrei.

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