lunedì 23 febbraio 2009

Il caso rumeno

«In Italia sono arrivati, insieme a tanti cittadini in cerca di lavoro, molti criminali». Omicidi, violenze, furti: il «caso romeno». Il rapporto: primi tra gli stranieri nei reati più gravi. Sono il 15% degli accusati di omicidio e il 37% di chi ruba

«L'attuale paura nei confronti dei romeni va oltre i dati statistici della criminalità»: l'opinione è di Franco Pittau, coordinatore scientifico del Dossier sull'immigrazione di Caritas Migrantes, unico in Italia ad aver elaborato i dati demografici e le statistiche criminali sui romeni presenti in Italia. Il problema infatti non è il tasso di criminalità, cioè il rapporto tra i denunciati romeni e il numero complessivo di romeni che vivono da noi. In Italia, a causa dell'enorme flusso migratorio che si è verificato soprattutto dopo l'entrata di Bucarest nella Ue (primo gennaio 2007), vivono e lavorano più di un milione di romeni. I detenuti alla fine del 2006 erano 1.650 e oggi sono 2.729, cioè lo 0,27 per cento. Il problema, però, assume un altro peso se si esamina la quota-parte di gravi reati per i quali sono chiamati in causa i romeni. Nell'arco di tre anni, infatti, dal 2004 e al 2006, i romeni sono risultati al primo posto tra gli stranieri per gli omicidi volontari, primi per le violenze sessuali, primi per i furti in abitazione, con strappo e con destrezza, primi tra gli estortori e nelle rapine in esercizi commerciali, come dimostrano le elaborazioni sui dati del ministero dell'Interno. E hanno così scalzato il triste primato degli albanesi. Il Rapporto del Viminale 2007 indica, ad esempio, che i romeni (pari nel 2006 al 12% dei soggiornanti stranieri), avevano un'incidenza in media quasi doppia rispetto agli altri immigrati nel caso degli omicidi volontari (15,4), delle violenze sessuali (16,2), dei furti di autovetture (29,8), dei furti con strappo (19,3), con destrezza (37,0), delle rapine in esercizi commerciali (26,9). Gli stessi dati dimostrano che, mentre servono gli immigrati di dieci diversi Paesi per arrivare al 50% degli stranieri presenti in Italia, bastano solo romeni, marocchini e albanesi per mettere insieme la metà dei denunciati stranieri per furti con destrezza e in abitazione (e un terzo del totale delle denunce, italiani inclusi). Per le persone di queste tre nazionalità, inoltre, gli addebiti giudiziari sono aumentati nel quinquennio 2000-2005 oltre la media nazionale del 45,9%: in particolare, le denunce sono quasi triplicate per la Romania. «Risulta, così, che alcune collettività hanno maggiore rilevanza di altre nelle statistiche di criminalità e tra esse è inclusa anche quella romena», scrive Pittau in un articolo che sta per essere pubblicato a Bucarest e che cerca di spiegare senza isterismi, ma con realismo, cosa sta succedendo in Italia. Un altro aspetto segnalato da Pittau sono i costi finanziari dei reati commessi dagli stranieri in Italia. Cita una ricerca di Andrea De Nicola, docente di Criminologia all'Università di Trento, secondo cui le violenze sessuali commesse da stranieri — nelle quali tristemente primeggiano i romeni — sono il reato singolo che incide di più: si tratta di 2,7 miliardi di euro di spesa all'anno. Questa cifra enorme è stata calcolata in base ai costi conseguenti al reato (pecuniari, biologici e morali), al mancato reddito prodotto in seguito alla violenza subita, ai costi delle attività inquirenti e giudicanti (spese processuali e di detenzione). «I detenuti romeni sono pochissimi, ma anche i denunciati sono pochi, rispetto a quanti siamo qui. Per questo non si può fare di ogni erba un fascio», afferma Dmitru Jlnca, 38 anni. Jlnca vive a Padova ed è un personaggio molto conosciuto nel Nord Est, oltre ad essere esponente del Pdl romeno, il partito liberale di centrodestra. Alle prossime elezioni europee sarà candidato nel Ppe. «Per il 99 per cento di noi - dice - l'Italia è una seconda patria». Ma allora come si spiega che molti assassini e stupri sono opera di romeni? «Purtroppo il passaparola c'è anche tra i criminali: hanno visto che in Italia se commetti un reato esci dal carcere dopo tre giorni e quindi hanno pensato che è conveniente venire qui... Il problema dell'Italia è la certezza della pena. Chi sbaglia deve pagare, punto e basta, e i processi devono essere più veloci. Anzi, per me i detenuti, compresi quelli romeni, dovrebbero lavorare in carcere per mantenersi e pagarsi le spese: non è giusto che anche con le mie tasse si mantengano dei criminali». Venerdì prossimo alla Stanga di Padova, il quartiere di via Anelli, si svolgerà una fiaccolata di solidarietà con le donne vittime di violenza carnale, e Dmitru Jlnca ci sarà: «Ma niente ronde, è lo Stato, e non i cittadini, che deve pensare alla sicurezza». Sulla stessa lunghezza d'onda il centrocampista del Siena, Paul Codrea, che tre giorni fa ha dichiarato al quotidiano romeno Cotidianlu - riferendosi al clima che c'è in Italia dopo lo stupro della Caffarella - che «i criminali debbono rimanere in prigione»: «Io sono un calciatore e non ho problemi, ma l'opinione degli italiani sui romeni è pessima. Le tensioni qui sono alte. La comunità romena è molto estesa e non possiamo essere giudicati tutti uguali: i criminali, quando vengono catturati, devono rimanere in carcere per evitare che commettano nuovi reati». Da noi, secondo il segretario dell'Associazione Nazionale Magistrati Giuseppe Cascini, pubblico ministero nella Capitale, «è successo che con qualche superficialità non si è valutato il rischio criminale dell'inserimento della Romania nella comunità europea». Solo dopo il delitto Reggiani (ottobre 2007) «si è corsi ai ripari, di fronte all'emergenza criminalità che si è verificata in particolare a Roma, con strumenti legislativi e amministrativi non sempre adeguati perché assunti in fretta». Eppure, secondo Alessandro Silj, del Consiglio italiano per le Scienze sociali Etnobarometro, «poiché la Romania entrerà nell'area Schengen solo nel 2011 e i controlli di frontiera dovrebbero essere tuttora in vigore, non dovrebbe essere impossibile per le autorità filtrare i cittadini che emigrano». «Non a caso - sostiene - alcune associazioni di immigrati romeni intendono rivolgere un appello al governo di Bucarest affinché prenda iniziative in merito, inclusa addirittura la non concessione del passaporto ai concittadini che in patria sono stati già implicati in atti di violenza». Il motivo per Silj è evidente: «Altrimenti il discredito si riversa indistintamente su tutta la popolazione romena presente in Italia».

M. Antonietta Calabrò

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