martedì 17 febbraio 2009

In frantumi

Il test sardo Il Pd. E il Pd in frantumi litiga sulla leadership. Partito sotto choc. D’Alema apre al Prc: ripartire da un nuovo centrosinistra

ROMA
— Qualcuno sperava in un esito diverso, qualcuno forse lo temeva. Quel che è certo è che l’esito disastroso delle elezioni sarde si va a inserire in un dibattito ormai più che aperto su leadership e congresso, con un partito sull’orlo di una crisi di nervi che si muove tra autocandidature, ipotesi di congressi anticipati, scissioni temute, vocazioni maggioritarie quasi tramontate e auspici di ritorni al passato del centrosinistra. L’autocandidatura di Bersani ha portato allo scoperto l’insofferenza di una parte del partito. E lo choc sardo non può che rafforzare gli oppositori. Nicola Latorre è cauto sulla prospettiva di un congresso anticipato: «Se ne discuta, ma a ragion veduta». E Bersani dice no: «Si rispettino i tempi fisiologici. Da questa posizione non mi sposta neanche Gesù Cristo». Gli ulivisti sono scettici: «Tonini chiede il Congresso perché sa che non si farà». I radicali predicono sventure: «La situazione è meno che brillante — dice Emma Bonino —. Non penso che il Pd possa reggere fino alle Europee». Il voto sardo sembra voler alimentare le nostalgie identitarie. Francesco Rutelli smentisce un ritorno alla Margherita: «Piacerebbe ad alcuni, ma il tema della scissione non esiste». Però, concede, «è chiaro che non sono contento: dobbiamo fare del Pd la forza riformatrice del Paese. E scegliere alleati che condividano il nostro programma». Non è un mistero che Rutelli guardi all’Udc. E non è un mistero che D’Alema e Bersani guardino a sinistra. Ieri l’ex ministro degli Esteri l’ha detto con più chiarezza del solito: «Occorre ripartire da un centrosinistra rinnovato. Il Pd è una conquista importante ma non è una forza autosufficiente». Messaggio alla vocazione maggioritaria veltroniana, da ieri —con il Pd in caduta libera ben sotto i voti di Soru—ancora più in crisi. Alla presentazione di «Nessun Dio ci salverà», titolo apocalittico per il libro dell’ex segretario Prc Franco Giordano, D’Alema parla della collocazione europea: «Costruiamo qualcosa di nuovo insieme ai socialisti». Poi spiega che da noi «non si è avuto abbastanza coraggio per innovare». Però, aggiunge, «non abbiamo governato così male, il giudizio su Prodi andrebbe articolato meglio». Anche se è finita maluccio: «La sconfitta della sinistra radicale non ha coinciso con la vittoria dei riformisti, ma con quella di Berlusconi». La sconfitta del Pd in Sardegna sembra una conferma indiretta. Fausto Bertinotti sollecita D’Alema: «Sospendiamo le dispute identitarie. Rimettiamoci tutti in gioco». D’Alema approva: «Occorre ripartire insieme, non fare terra bruciata. Il Pd deve aiutare una sinistra disposta a misurarsi con la sfida del governo». Definisce «scemenze» l’ipotesi che «oltre il fallimento del Pd ci possa essere un nuovo partito socialista alleato del centro». Ma spiega: «Serve un nuovo centrosinistra che riparta dai diritti e dai grandi problemi del Paese».

Alessandro Trocino

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