giovedì 26 febbraio 2009

Vecchie cose

Al Pd di Franceschini non resta che Pecoraro di Massimo De Manzoni

Milano - Moriranno democristiani. Ma non subito. Per prolungare l’agonia, vogliono infilarsi in una specie di macchina del tempo con la quale percorreranno a ritroso tutte le tappe del loro recente calvario. La prima è l’Unione. Sì, avete capito bene: quell’accozzaglia informe che andava dal no global Francesco Caruso alla devota Paola Binetti e che hanno cercato di spacciarci per una maggioranza politica con la quale si poteva governare uno dei Paesi più industrializzati del mondo. È finita come sappiamo, dopo sgradevoli vicissitudini per loro e soprattutto per gli italiani. Ma ora ci riprovano. In quel laboratorio di Frankenstein che è il Partito Democratico a nessuno pare sia venuta un’idea meno bislacca per mascherare il disastro certificato da impietosi sondaggi. Ormai il momento di inabissarsi sotto quota 20 per cento è vicinissimo e così, riecco l’Unione, nome quanto mai azzeccato per la compagine più disarticolata della storia.

Ricordate? La Quercia, la Margherita, i cespugli, i veti di Rifondazione, le tasse di Visco, l’elogio delle tasse di Padoa-Schioppa, Mastella contro Di Pietro, Di Pietro contro tutti. Se c’è una cosa giusta che aveva fatto Veltroni, era stato dire basta a questa marmellata, sfoltire i cespugli, semplificare il quadro politico, dare una decisa spinta verso il bipolarismo. Anzi, il suo vero limite è stato di non aver saputo andare fino in fondo, acconciandosi a quell’alleanza con Di Pietro che è stata la causa prima (anche se certamente non unica) del suo fallimento. E ora Dario Franceschini che fa? Appena indossati gli scomodi panni che furono di Uòlter, impugna la ramazza e, assieme al governo ombra e ad altra paccottiglia, getta nel cassonetto anche l’unica intuizione valida. Abbiamo scherzato, riportiamo indietro l’orologio della storia.

«Si può dire che lavoriamo per un nuovo centrosinistra, ma senza impiccarci alle formule», ha ammesso un imbarazzato Roberto Di Giovan Paolo, fedelissimo del nuovo segretario Pd, parlando col Riformista. «Ci aspettiamo segnali di amore dalle forze a sinistra del Pd», ha aggiunto ammiccando in particolare a socialisti, verdi, Sinistra democratica e vendoliani. Tradotto: «Noi stiamo affogando e voi siete già sott’acqua. Fateci salire sulle vostre spalle che tentiamo di respirare almeno fino alle prossime elezioni». E i «segnali d’amore» sono arrivati subito. Da Riccardo Nencini a Grazia Francescato, da Claudio Fava a Franco Giordano, tutti hanno dato la loro disponibilità a rinverdire i fasti di quella meravigliosa stagione in cui la Fabbrica del programma lavorava a pieno ritmo per produrre un volume di centinaia di pagine riassumibile in una sola frase: «Siamo contro Berlusconi. Dateci il voto e poi ognun per sé e Dio per tutti».

Ma sì, torniamo all’Unione. Ai bei tempi in cui il titolare del Tesoro ci dava dei bamboccioni mentre il suo vice studiava di notte come vuotarci le tasche. A quell’epoca in cui i ministri andavano in piazza con il megafono per protestare contro il loro governo. A quei giorni felici in cui Napoli affondava nell’immondizia ma guadagnava le prime pagine sui giornali di tutto il mondo. A proposito: tirate subito fuori Pecoraro Scanio. Dov’è finito il Sòla che ride anche durante i funerali? L’ambientalista che non distingue un toro da una mucca? Lo scienziato che ha scoperto che in Italia la temperatura è aumentata quattro volte più che nel resto del mondo? Lo rivorrete di sicuro. E con lui Giovanna Melandri, la ministra dello Sport che non capiva un accidenti di sport e andava a ballare a Malindi da Briatore negando di aver mai conosciuto Briatore.

E Agnoletto? Potete forse fare a meno di Agnoletto, il nemico dei poliziotti e delle opere pubbliche, di qualsiasi opera pubblica? Chiaro che no, non potete. Figuratevi: a noi manca un pochino anche Alessandro Bianchi, il dandy dalla bianca chioma e dalla candida barba che lasciava che i sindacati bloccassero l’Italia mentre lui si sdilinquiva per quel sincero democratico di Fidel Castro. Certo, ci rendiamo conto che non si può avere tutto. Anche perché la Livia Turco e la Rosy Bindi, per dire, da quei volponi che siete non ve le siete mai lasciate scappare. Ma vogliamo parlare di Giulio Santagata? Se si rifà l’Unione lui deve esserci senz’altro: studiandolo qualche altro annetto, forse riusciremo a capire anche noi a che cosa serviva.Però allora, scusate, compagni del Pd: perché Franceschini? Perché arrovellarsi ancora sulle primarie: Bersani, Parisi, Renzi, Mister X? Chiamate direttamente Prodi, l’originale. Che almeno un pregio ce l’aveva: un portavoce allampanato e un tantino spregiudicato, con il dono di capire le cose al volo e di metterle in versi. Quel Silvio Sircana che già alla prima riunione del neonato Pd scriveva profeticamente: «Mentre Prodi ci addormenta / Qui si addensa la tormenta / C’è Rutelli un po’ incazzato / E Fassino stralunato / C'è Veltroni gran gattone / Che già pensa all’elezione / Franceschini e Gentiloni / Già preparan trappoloni / In un angolo Lamberto / Pensa male, ne sono certo / In silenzio sta Follini / Forse pensa al suo Casini / Barbi, Soro e Migliavacca / Ma! ...Così finisce in cacca». La più lucida analisi politica sul centrosinistra che si sia letta negli ultimi anni.

2 commenti:

demiurgo77 ha detto...

Ecco fatto, facile profezia!

Eleonora ha detto...

Bhe, era ovvio.