sabato 4 settembre 2010
Su Gheddafi
La rivincita di Moammar Gheddafi a Roma di Piera Prister
Dice Emma Bonino: “Ogni volta che Gheddafi ritorna a Roma, e’ sempre peggio.” ( Gadhafi Urges Italians to Convert to Islam, The Wall Street Journal 31 agosto, 2010) . E’ chiaro che con i suoi petrodollari e il grande giro di affari che ha con le industrie italiane, il dittatore libico sponsor del terrorismo, la fa sempre piu’ da padrone, permettendosi delle liberta’ che prima incedono in un adagio maestoso e poi irrompono in un crescendo, fino al gran finale burlesco della sua voce che tuona: “Italiani convertitevi all’Islam!”, seguito dalla distribuzione di Corani e dalle conversioni. Ben ci sta! Povera Italia, che altro smacco piu' grave dovra' sopportare, a quale umiliazione e’ ridotta! Che altro ci saremmo potuti aspettare con la presenza massiccia dei capitali libici nelle banche UniCredit, nell’Ente Nazionale Idrocarburi, nei giornali italiani – che disinformano da tempo sempre di piu’- e nelle squadre di calcio. Con Gheddafi continuano ad affluire i capitali libici in Italia, un mucchio di soldi, tutti contenti che bonta’, grazie, Sig. Gheddafi! Su coraggio Italiani, cosi’ facendo non ci sveglieremo piu’ al suono argentino delle campane ma al canto melodioso dei muezzin che dai minareti chiamano i fedeli alla preghiera. Non dimentichiamoci che a febbraio, lo stesso Gheddafi ha fatto un appello alla guerra santa della Jihad contro la Svizzera per il referendum vinto contro i minareti.
La penetrazione islamica in Europa e in Italia - a suon di bombe e di petroldollari - e’ gia’ iniziata da tempo, dai tempi delle molte stragi che i cattocomunisti al governo hanno sempre depistato con una copertura dopo l’altra perche’ gli Italiani non sapessero chi ne fossero gli autori. Ora siamo impelagati fino all’osso e ci siamo immessi in una strada a senso unico senza ritorno. Il premier Berlusconi e' certamente molto meglio di Romano Prodi e di Massimo d'Alema e ha ereditato purtroppo il mismanagement delle amministrazioni precedenti, compromesse anima e corpo con l’Islam, ma al momento non ci ricorda certo la tempra di Scipione l’Africano, vincitore di Zama, quando diede una bella lezione ad Annibale, ne’ la risolutezza del presidente Reagan, che fece bombardare Tripoli. Gheddafi sembrava aver imparato la lezione, standosene in disparte per un bel po’ e aspettando l’occasione per rialzare la cresta. Occasione che e’ arrivata con l’elezione di Obama, un presidente filoarabo alla Casa Bianca che piace molto al dittatore libico a tal punto che lo reputa come un figlio, e che gli ha dato spunto per poter di nuovo gonfiarsi le penne. Un presidente americano che in un intervista a Nicolas Cristoff, giornalista emerito del New York Times del 6 marzo 2007 -quando Obama era senatore- ebbe a dire che: “the Muslim call to Prayer is one of the prettiest sound on the earth” cioe’ che il richiamo musulmano alla preghiera e’ uno dei suoni piu’ belli sulla terra. Dichiarazione seguita dalla recitazione della preghiera ripetuta a memoria da Obama, per esteso, in perfetta lingua araba e senza accento. Nulla da eccepire sulle preferenze del presidente Obama, ma perche’ il N.Y.Times s’e’ affrettato a cancellare tale intervista dal proprio sito su internet? E che cosa c’e’ da nascondere? La risposta e’ che la silenziosa Eurabia avanza ovunque, anche sotto mentite spoglie.
Dopo la penetrazione a suon di bombe e di capitali, ora inizia anche la penetrazione culturale araba. E’ la rivalsa di Moammar Gheddafi che ha sempre guardato con ammirazione e spirito di rivalsa Roma, dal basso verso l’alto, come un beduino in una tenda nel deserto, quando Roma era una grande potenza militare e dominava le coste del Mediterraneo, costruendo citta’ d’arte nel Nord Africa come per esempio Leptis Magna, una citta’ romana bellissima, preservata nel deserto della Tripolitania, con le sue colonne di marmo bianco, archi, templi e statue che si stagliano nel deserto. Il sogno di Moammar e’ il sogno redivivo di Amilcare e Annibale che ai tempi della Repubblica di Roma, cercarono di conquistarla con gli elefanti. Vinsero per un po’ di tempo ma poi alla fine subirono la sconfitta finale. Ora ci riprova Gheddafi che tra i suoi sogni ha proprio quello di conquistare Roma e di vederla prostrata ai suoi piedi.
Ed ecco fatto! E’ arrivato a Roma non con gli elefanti - che delusione, questo si’ che ci avrebbe impressionato - ma solo con 30 destrieri berberi, amazzoni e una folta corte, attirando la curiosita’ dei paparazzi e delle televisioni di tutto il mondo. Il tutto nello scenario grandioso dell’antica Roma che, per costruzioni massicce, strade, palazzi e acquedotti e perche’ no, vespasiani e cloaca massima, non ha niente a che fare con la beduinita’ dei deserti, con gli olezzi ammorbanti di cloache a cielo aperto, con gli harem e con le donne velate. Il mondo culturale che Gheddafi ci evoca in verita’, anche volendo stare al suo gioco un po’ bizzarro, a ben guardare non e’ per nulla cortese. Non e’ cortese verso la grazia delle donne, di quelle 800 ragazze che sembravano starnazzare per avere le attenzioni del gallo di turno, tanto piu’ se questi e’ il padrone del pollaio. In questi casi la sorte brutale riservata alle donne in questi regimi islamici la conoscono ormai tutti... il burqa e la lapidazione le attendono.
Ormai non incanta piu’ nessuno nemmeno l’inganno culturale del mito di Sheherazade che tra veli e danze, al suono della musica arabesque di Rimsky-Korsakov, seduce il crudele sultano - che pretende una vergine per notte per farla decapitare il giorno dopo - Ne' l'inganno di coloro che vogliono costruire moschee e centri culturali islamici per designare territorialmente le conquiste della Jihad. Quello di Gheddafi e’ un regime poi che di sottobanco tratta la liberazione di al-Megrahi, il mostro di Lockerbie con un governo britannico che si lascia corrompere dal petrolio. Che sia arrivato il turno anche dell’Italia? La situazione sta precipitando e sta cambiando celermente da un anno all’altro, con un presidente alla Casa Bianca che permette, impotente, che l’Iran si armi di testate nucleari. Anche in Gran Bretagna, con il tanto atteso cambio della guardia al governo, sembra che il nuovo premier David Cameron non sia tanto diverso da Gordon Brown se, per avere e aumentare le commesse del British Petroleum nel golfo della Sirte, si permette di dire che Gaza e’ un campo di prigionia - a prison camp - e nel frattempo fa l’occhiolino al turco Erdogan, promuovendo cosi’l’ingresso di una Turchia integralista in Europa.
L’odore del petrolio seduce chiunque e, in cambio dei petroldollari affluenti nelle finanze italiane, che cosa Gheddafi pretendera’ dall’Italia? Per ora sappiamo che l’Italia dovra’ risarcire i danni del colonialismo italiano in Libia con ingentissime somme di denaro, mentre Gheddafi non sembra che abbia intenzione di risarcire tutti gli Italiani cacciati indegnamente dalla Libia dal dittatore stesso. Eppoi, di quali danni si tratta se gli Italiani, come da sempre e’ nella loro natura e tradizione, ci risulta invece che abbiano costruito cola’ case, strade, ospedali e scuole, e abbiano alfabetizzato quelle popolazioni!
Ma l’Islam continua ad avanzare ovunque con il terrore e il ricatto, al momento purtroppo, non s’intravede l’alba di una leadership. Non quella del primo ministro Silvio Berlusconi che ci e’ sembrato non certo a suo agio e a corto di battute salaci - che di solito gli sono congeniali - e che all’indirizzo di Gheddafi, sarebbero state appropriate e apprezzate; ne’ del papa Benedetto XVI che da quando ha indossato la kefia, non e’ certamente ragguagliabile a Pio V della battaglia di Lepanto. Ne’ tantomeno di Obama. La leadership appartiene a Netanyahu che per nulla scalfito resiste come una roccia, e’ infatti risoluto a difendere il suo paese e a non permettere la divisione di Gerusalemme, che continua a ribadire e’ la capitale di Israele, una ed indivisibile.
Ma la speranza e’ dura a morire, non e’ detta l’ultima, tra poche settimane a novembre, si deve giocare ancora la carta delle elezioni di medio termine, in seguito alle quali i conservatori potrebbero riconquistare le due camere. Come il New Yorker ha pubblicato recentemente in copertina le sequenze di Obama che prima come il Messia cammina sicuro sulle acque del lago di Tiberiade per poi annaspare e sprofondare, cosi’ questa settimana il Time Magazine ha pubblicato in copertina la fotografia di Obama definendolo “Mr.Unpopular” visto che la sua popolarita’ sta declinando, dal 68% - dell’approval ratings dei tempi della sua elezione, simile a quelli di J.Kennedy - al 40% di adesso. Chissa’ che un buon segnale di contrattacco non parta proprio da qui, di nuovo dall’America.
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