domenica 5 settembre 2010
L'utile idiota
«Le istituzioni civili milanesi devono garantire a tutti la libertà religiosa e il diritto di culto. I musulmani hanno diritto a praticare la loro fede nel rispetto della legalità. Spesso però la politica rischia di strumentalizzare il tema della moschea e finisce per rimandare la soluzione del problema, aumentando il livello di scontro, mentre potrebbe diventare uno stimolo per migliorare il livello della convivenza civile». L’arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, ha ancora indosso i paramenti sacri dopo la messa e il rito per la professione perpetua delle religiose in Duomo. E a chi gli chiede del Ramadan e della moschea invano attesa da anni dalla folta comunità islamica milanese, risponde come un fiume in piena: «È un problema grave, che bisogna risolvere urgentemente. La questione interroga la città nel suo complesso. Le autorità locali devono cercare di trovare una soluzione in tempi brevi: rimandare il momento in cui la questione sarà affrontata, può solo incancrenire la situazione e aumentare la tensione».
Tettamanzi sa di toccare un nervo scoperto e ricorda bene quante polemiche seguirono, due anni fa, quando auspicò la creazione di luoghi di preghiera per tutti le fedi in ogni quartiere. Ma non si tira indietro: «È ora di mettersi attorno a un tavolo a ragionare concretamente — spiega — senza paura del dibattito, senza temere le critiche. È mio forte desiderio che non si procrastini ancora l’attesa della comunità islamica, che chiede legittimamente di avere un luogo per pregare. Anche così la città potrà essere governata in nome della pace, della giustizia e dell’armonia fra le sue diverse componenti».
Lo scorso dicembre la Padania, quotidiano della Lega, lo attaccò violentemente, arrivando a definirlo «imam», proprio per le sue prese di posizione a favore del dialogo interreligioso. Oggi, alla vigilia della conclusione del mese sacro del digiuno, i centomila islamici milanesi pregano ancora in garage, palestre, campi sportivi, abitazioni riadattate, parcheggi. Il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, all’inizio del Ramadan, ha rotto il ghiaccio, invitando le altre istituzioni locali a mettersi attorno a un tavolo per ragionare sul tema della moschea. Ed è esattamente quello che auspica l’arcivescovo: «Mi appello alle istituzioni perché sappiano cogliere nella diversità delle fedi e delle presenze straniere l’elemento di ricchezza di Milano. È urgente arrivare a una soluzione complessiva, che soddisfi tutte le esigenze, nel rispetto delle norme, e che metta fine alla diatriba che si trascina da anni. Le soluzioni parziali o provvisorie trovate fino ad oggi non fanno che riscaldare gli animi ed accrescere la tensione».
Tettamanzi ha ben presente le soluzioni improvvisate da quando due anni fa il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha decretato la fine delle grandi preghiere alla moschea di viale Jenner, dove si radunavano migliaia di persone ogni venerdì. Il Comune ha dirottato gli islamici sul tendone del teatro Ciak in zona Sempione o al Palasharp, tensostruttura alla periferia nord. Ma per la festa della rottura del digiuno, venerdì prossimo, una sede abbastanza accogliente ancora non si è trovata. E Tettamanzi sembra preoccupato del malcontento all’interno della comunità.
A Cascina Gobba, estrema periferia est, nonostante i divieti arrivati dal Comune, sta nascendo una grande moschea non autorizzata. Segnali che il cardinale guarda con preoccupazione: «Auspico che tutte le componenti, anche la comunità musulmana, si sappiano mettere attorno a un tavolo armati di saggezza e di umiltà per cercare una soluzione definitiva a questo tema, nel pieno rispetto della legalità. Ma le istituzioni civili hanno il dovere di agire, di entrare in una logica di rispetto dei diritti della persona. Fra i quali c’è il diritto inalienabile di culto e di espressione religiosa, come sancito dalle convenzioni internazionali e dal Concilio Vaticano II».
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1 commenti:
Evidentemente la sorte toccata a Costantinopoli non ha insegnatro nulla. Auguri !
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