giovedì 16 settembre 2010

Francia e islam


Parigi. Il divieto del burqa, adottato definitivamente martedì dal Senato e che attende la valutazione della Corte costituzionale, è solo una parte del dispositivo di Nicolas Sarkozy per riportare la seconda più grande comunità islamica in Europa nei ranghi dei principi repubblicani della Francia. Il 28 settembre, l’Assemblea nazionale inizierà a esaminare il progetto di legge che prevede il ritiro della nazionalità francese per chi “attenta alla vita di una persona depositaria di un’autorità pubblica, in particolare i poliziotti e i gendarmi”. A essere presi di mira sono i francesi di seconda generazione delle banlieue, figli di immigrati maghrebini e africani, a cui è stato concesso il passaporto grazie a anni di politiche lassiste sui ricongiungimenti familiari. Sarkozy ha annunciato la decadenza dalla nazionalità il 30 luglio a Grenoble dove, durante una rivolta della banlieue, alcune bande di figli di immigrati avevano sparato contro dei poliziotti. Il ministro dell’Interno, Brice Hortefeux, avrebbe voluto aggiungere la poligamia e le mutilazioni genitali femminili alle pratiche condannabili con la decadenza della nazionalità. Ma alcuni rilievi costituzionali hanno spinto Sarkozy a scegliere un’altra strada: rafforzare la repressione amministrativa contro chi “di fatto” ha più mogli, sposate nei paesi di origine e registrate all’anagrafe come conviventi per beneficiare dei sussidi pubblici francesi. Sarkozy aveva delineato alla fine del 2009, nel pieno del dibattito sull’identità nazionale, la sua visione di come dovrebbero integrarsi i sei milioni di musulmani in Francia. “Nel nostro paese, dove la civilizzazione cristiana ha lasciato una traccia profonda, dove i valori della Repubblica sono parte integrante della nostra identità nazionale – scriveva Sarkozy in un intervento sul Monde – tutto ciò che potrebbe apparire come una sfida lanciata a questa eredità e a questi valori condannerebbero al fallimento l’instaurazione tanto necessaria di un islam di Francia”. L’identità nazionale – per il presidente francese – è “l’antidoto al tribalismo e al comunitarismo”. L’islam di Francia deve rispettare lo stato, le sue autorità e la sua “laicità”, che “non è il rifiuto di tutte le religioni, ma il rispetto di tutte le credenze”. Prima di arrivare all’Eliseo, da ministro dell’Interno, Sarkozy aveva promosso un islam istituzionalizzato e sotto il controllo dello stato: moschee autorizzate, finanziamenti pubblici per le organizzazioni musulmane moderate, imam che predicano in francese. Tra loro c’è Hassen Chalghoumi, l’imam di Drancy, che ha appena pubblicato un libro in cui promuove “un islam che difende i valori della Francia, che dice ‘no’ al burqa e alla poligamia. Un islam che rifiuta l’ingerenza straniera”. “L’imam di Sarkozy”, come è stato soprannominato Chalghoumi, ora è minacciato dagli integralisti. Sul fronte del terrorismo, il presidente francese ha optato per il pugno di ferro. L’intelligence francese non soltanto è mobilitata per prevenire attentati, ma è uno dei principali partner dei servizi americani. La Francia ha concluso accordi con il Mali, l’Algeria, la Mauritania e il Niger per lottare contro al Qaida nel Maghreb islamico. La collaborazione è proficua anche con quei regimi arabi – Egitto, Arabia Saudita, Libano – che hanno un interesse esistenziale nella lotta contro l’estremismo dei Fratelli musulmani e il terrorismo di al Qaeida. E, ogni volta che un francese è stato sequestrato, Sarkozy ha rifiutato la mediazione: in Afghanistan due giornalisti della televisione pubblica sono nelle mani dei talebani dal 30 dicembre 2009; in Mali, le forze francesi hanno condotto invano un’operazione con i militari mauritani per liberare Michel Germaneau, morto nelle mani di al Qaida il 25 luglio. “Pagare riscatti e accettare di liberare dei prigionieri in cambio di poveri innocenti non è una strategia”, ha detto Sarkozy ad agosto, quando la Spagna ha versato otto milioni di euro per la liberazione di due ostaggi. Ma la sua determinazione ad avere un islam francese e annientare l’islam radicale o terrorista ha un prezzo. L’11 settembre, il capo dell’antiterrorismo, Bernard Squarcini, ha avvertito che la Francia è minacciata da al Qaida: “Tenuto conto delle segnalazioni che ci vengono trasmesse dai nostri partner stranieri e delle nostre osservazioni, ci sono ragioni oggettive per essere inquieti. La minaccia non è mai stata così grande”.

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