venerdì 10 settembre 2010

Su Sarkineh


Nel primo pomeriggio di ieri si è diffusa in occidente una cauta nota d’ottimismo circa la sorte di Shakineh Ashtiani, quando Ramin Mehmanparast portavoce del ministero degli esteri iraniano ha dichiarato: “La sentenza per adulterio sulla signora Ashtiani è stata sospesa e il caso è in corso di riesame, il giudizio su di lei per complicità nell’assassinio è in corso”. Sembrava che la mobilitazione internazionale avesse ottenuto un primo, grande risultato.

Poco dopo però, si è capito che la notizia era una non notizia perché si riferiva ad una sospensione in realtà già notificata da molti giorni dalle autorità giudiziarie iraniane. L’unico dato certo è dunque che il regime iraniano vive con fastidio e disagio la campagna internazionale per salvare la vita alla donna e che il suo esito è molto – troppo - dipendente dall’esito di un braccio di ferro tra oltranzisti e realpolitiker al massimo livello. Difficile dunque fare pronostici, impossibile comunque cantare vittoria, anche perché il regime può sempre praticare una orribile mediazione: confermare la sentenza di colpa per omicidio e adulterio e mandare Sakineh sulla forca (come centinaia di “adultere” che l’hanno preceduta), invece che alla lapidazione. Atroce beffa in pieno stile Ahmadinejad. E’ comunque interessante notare lo stupore – va detto, giustificato - con cui i dirigenti iraniani hanno replicato nelle ultime ore alle ultime bordate della campagna internazionale. Il succo della loro posizione è questo: “Quello di Sakineh non è un processo politico, ma per omicidio e adulterio, reati comuni; perché mai voi occidentali vi mobilitate per questo caso, quando sono esattamente 31 anni che impicchiamo – e spesso anche lapidiamo - uxoricide e adultere e a voi non importa nulla?”. Non hanno tutti i torti. L’insensibilità occidentale per la barbarie di cui hanno dato ampia prova i tribunali islamici iraniani è di lunga data e a tutta prova. Ora però, all’improvviso, il bel volto di questa donna inquadrato nel ciadòr ha “sfondato”, ha convinto, ha mosso gli animi, quasi Sakineh fosse la madre di Neda, la giovane dell’Onda Verde massacrata sul marciapiede da un pasdaran nel giugno 2009 mentre protestava contro Ahmadinejad. Perché? E’ semplice: i governi e le opinioni pubbliche dell’occidente sino a due mesi fa e per 31 anni hanno privilegiato cinicamente le necessità di ricorrere al petrolio iraniano, infischiandosene di tutte le Sakineh di cui non volevano neanche conoscere l’esistenza. La prova? In Arabia Saudita vi sono state negli ultimi decenni decine di lapidazioni e centinaia di decapitazioni di “adultere”. Silenzio, nessuno l’ha mai notato, nessuno ha protestato, da Carla Bruni in giù. Ora, però, le opinioni pubbliche e i governi del’occidente hanno iniziato a comprendere che l’Iran fa qualcosa di più che negare l’Olocausto o minacciare di distruggere Israele (di nuovo: proteste solo di facciata) e mandare sulla forca i responsabili di “reati sessuali”. Il cammino verso la bomba atomica iraniana (l’ultimo allarme dell’Aiea è di due giorni fa) appare ormai irreversibile e non condizionabile dalle sanzioni (come previsto). Le opinioni pubbliche occidentali - e persino quelle europee, che è tutto dire - colgono finalmente il rapporto perverso, l’ideologia barbara che unisce la pratica della lapidazione per le adultere, la semischiavitù della donna in genere, la più violenta repressione delle opposizioni, all’antisemitismo più becero, all’oltranzismo bellicista più sperticato. Tutto questo – finalmente - si condensa nella mobilitazione mondiale per quel volto di donna triste. Il dramma è che questo è ormai ben chiaro anche al leader iraniani, che proprio per questo possono decidere – speriamo non lo facciano - di usare del corpo della povera Sakineh per far capire all’occidente la loro determinazione rivoluzionaria.

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