martedì 7 settembre 2010
C'è giustizia e giustizia
Giustizia divina di Ugo Volli
Cari amici,
qualcuno di noi si è spesso meravigliato per la solidarietà fra la sinistra non solo italiana ma mondiale e l'islamismo. Da un lato i rivoluzionari e i riformisti, i dirigenti dei sindacati "democratici" e i trotzkisti, gli intellettuali profeti della "società trasparente" e i vecchi stalinisti di provincia, organizzatori gay "impegnati", rifondaroli che hanno letto solo Mao e il Che, parroci progressisti e ministri luterani; dall'altro pretoni, tifosi del medioevo, impiccatori di omosessuali, distruttori di ogni forma d'arte, imprigionatori di donne. La spiegazione, ci siamo detti forse troppo fiduciosi in noi stessi, è che la sinistra sconfitta cerca degli alleati dappertutto contro l'"impero" del capitalismo, le "moltitudini" antagoniste (per usare il gergo di Toni Negri). In realtà non capivamo che la luce dell'Islam lavorava anche in questi peccatori, che qualunque regime islamico avrebbe fatto fuori fra i primi. Miracoli della verità.
Oggi però c'è un elemento in più: non è solo la questione sociale, ma quella giudiziaria. Avete presente certamente la situazione della povera Sakineh, che il regime iraniano sta torturando fisicamente e psicologicamente (con frustate e finte esecuzioni, torture, droghe, isolamento) prima di mandarla alla morte per lapidazione (che per chi non lo sapesse significa spaccarle la testa a pietrate, con sassi "non troppo grossi" per non far finire il divertimento troppo presto: mirabile). Be', in Occidente molti si sono mobilitati, fra cui il governo francese e quello italiano per salvare Sakineh. Giustamente la stampa islamica iraniana ha spiegato che la Francia lo faceva perché la sua first lady (o piuttosto prémiere dame) non è arrivata illibata al matrimonio, faceva l'attrice e dunque dev'essere certamente una puttana, solidale con Sakineh per motivi professionali. Quanto all'Italia, sostengono gli iraniani, tutti sanno che le ministre che si occupano della questione sono state messe là da Berlusconi per esercitare più o meno la medesima professione più antica del mondo, che è il suo massimo interesse nella vita.
Be', venendo dall'Iran questi sottili argomenti giuridici sono più che giusti. Ma soprattutto convincenti agli occhi del giustizialismo italiano, che su Berlusconi ha scritto cose non dissimili. Per cui non bisogna sorprendersi se "Il fatto quotidiano", organo ufficiale di questa nobile corrente politico culturale pubblica oggi un pensoso articolo di Massimo Fini in cui si difende la condanna di Sakineh in questi termini:
"La pena di morte è in vigore anche in Paesi considerati campioni della civiltà, come gli Stati Uniti, e nessuno Stato lascerebbe a piede libero un assassino. Quanto all'adulterio è considerato un reato meritevole della pena capitale non solo in Iran ma in molti altri Paesi islamici che hanno una cultura e una morale diversissime dalle nostre soprattutto per quel che riguarda la famiglia. La domanda è questa: le sentenze di un Tribunale iraniano su fatti che quel Paese considera reati gravi sono ancora sentenze di uno Stato sovrano o devono essere sottoposte ai Tribunali popolari dell'Occidente? E può Sarkozy dichiarare che Sakineh è sotto la protezione della Francia ? Allora sia coerente e dichiari formalmente guerra all'tran in nome dei principi in cui dice di credere [...] L'Iran non a alcun obbligo giuridico di fornire all'occidente le prove che la sentenza del suo Tribunale è giusta; anche perché qui non ci troviamo di fronte a un oppositore politico ma a una persona accusata di reati comuni e non si vede quale interesse avrebbe mai la giustizia iraniana ad accanirsi arbitrariamente su di essa. Ma l'Iran è per un grande, colto e civile Paese, molto più civile di quanto lo facciano gli occidentali, e dovrebbe avere la sensibilità, anche politica, di capire che su un caso che è comunque sotto gli occhi di tutto il mondo ha l'obbligo morale di dare sulla reale colpevolezza (di Sakineh informazioni maggiori e più trasparenti di quante ne abbia date finora), senza per questo sentirsi diminuito nella propria sovranità, anche se sappiamo benissimo che questa vicenda viene strumentalizzata in funzione della tambureggiante campagna contro Teheran di Stati Uniti e Israele. Perché, a questo punto, un'esecuzione al buio sarebbe altrettanto inaccettabile di quella liberazione al buio che vorrebbero il ministro Frattini e Bernard-Henri Lévy."
Scusate se vi ho sottoposto la traballante prosa di Fini (Massimo, non Gianfranco). Ma le sue sono parole sante! Sante. Da imparare a memoria! Non si vede "quale interesse" abbia la giustizia islamica ad "accanirsi". Figuriamoci, "accanirsi", loro che sono così nemici dei cani... Che "interesse", poi dato che è islamica e quindi giusta per definizione? Contro una "persona accusata di reati comuni", poi, mica un politico. E quanto al "reato comune", se l'adulterio (e anche l'omosessualità) sono da quelle parti crimini da pena di morte, be' saranno cavoli loro, noi che c'entriamo. Vogliamo mica imporre la nostra marcia cultura con un conflitto di civiltà? Perché interferiamo? Vogliamo forse "dichiarare la guerra"? O prestarci alla "tambureggiante campagna" del grande e del piccolo Satana contro lo stato guida dell'Islam? Al massimo possiamo chiedere per favore di far valere "l'obbligo morale". Ma non di non uccidere, questo no; al massimo di mostrare le prove e di ammazzare in maniera meno dolorosa... Ma chissà se è più "inaccettabile" liberare una donna torturata o ammazzarla... Ah questi sì che sono dilemmi filosofici...
E poi, diciamocela, i giudici hanno sempre ragione, condannino a 99 frustate o mandino avvisi di reato agli avversari politici. Chi li critica invece è sempre antidemocratico. Ecco un'altra ragione che non sospettavamo per il fascino dell'Islam sulla sinistra e sugli intellettuali anticonformisti: la sua giustizia giusta e disinteressata. Al di là di qualunque sospetto. Esente dalle leggi ad personam. Praticamente perfetta. Insomma divina.
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