martedì 4 agosto 2009

Pakistan

Pakistan: "Noi cristiani perseguitati" di Marta Allevato

È un «apartheid sociale, politico e giudiziario» quello che vivono i cristiani in Pakistan. Un debole 2 per cento su 170 milioni di abitanti per lo più musulmano, che di fronte agli attacchi dell’estremismo islamico «è costretto a difendersi da solo». La polizia è complice delle frange estremiste e le autorità non perseguono i colpevoli di questo «silenzioso stillicidio». Peter Jacob, 48 anni, è il segretario nazionale della Commissione Giustizia e Pace (Ncjp) della Chiesa cattolica pakistana. Organo fondato nel 1985, la Ncjp fornisce assistenza legale alle vittime di discriminazioni religiose. In questi giorni è in prima linea negli aiuti ai superstiti degli ultimi pogrom anti-cristiani a Korian e Gojra, provincia di Punjab. Signor Jacob, cosa è successo in Punjab esattamente? «Sono andati in scena due differenti attacchi premeditati, aizzati dal fanatismo islamico con il pretesto della blasfemia: il primo, il 30 luglio a Korian, dove fortunatamente non vi sono state vittime; nel secondo, il 1º agosto a Gojra, le persone invece non erano preparate e in sette sono stati bruciati vivi. Ci sono 50 feriti e 120 case distrutte». Perché parla di attacco premeditato? «Abbiamo scoperto che gli estremisti hanno usato un combustibile speciale che rendeva le fiamme molto difficili da spegnere; l’obiettivo chiaro era di compiere una vera e propria strage. La stessa benzina è stata utilizzata in passato per incendiare il villaggio di Shanti Nagar, nel 1997, e quello di Sangla Hill, nel 2005». Allora si tratta di una vera e propria campagna di persecuzione? «Direi di sì. Gojra non è un incidente isolato, ma un episodio di un fenomeno più vasto. Solo da gennaio a oggi si sono verificati almeno 15 pogrom anti-cristiani: in marzo una donna è morta a Gujranwala nell’attacco a una chiesa; in aprile un assalto armato al villaggio di Taiser Town, Karachi, ha ucciso un ragazzo, mentre in giugno a Kasur sono state distrutte 57 abitazioni». Qual è la situazione a Gojra oggi? «Nella zona è tornata da poco la calma, grazie al massiccio intervento dell’esercito. Ma la gente è traumatizzata. Proprio stamattina (ieri) ho incontrato alcune famiglie per stabilire gli aiuti materiali e economici che stiamo organizzando. Erano disperati». Perché il fenomeno non si riesce ad arginare? «Negligenza e connivenza con gli estremisti. La polizia ha ignorato gli allarmi che avevamo lanciato prima dell’attacco; mentre le autorità politiche e giudiziarie continuano a lasciare impuniti i colpevoli. Il Pakistan è a un bivio storico: deve scegliere presto, se percorrere la strada del progresso e diventare un Paese democratico e multiculturale o scegliere di cristallizzarsi in una società settaria». Cosa dovrebbe fare il governo? «Quello provinciale, ordinare lo sradicamento delle formazioni estremiste islamiche e cancellare i messaggi di odio contro le minoranze religiose che si leggono tutti i giorni su volantini e cartelloni per le strade e sui muri. È risaputo che i militanti hanno le loro basi in Punjab e quindi sono pericolosi anche per il resto del Paese. Islamabad, invece, dovrebbe valutare seriamente l’abrogazione della legge sulla blasfemia, di cui sono vittime prima di tutto gli stessi musulmani». Cosa è la legge sulla blasfemia? «Si tratta dell'articolo 295 del codice penale pakistano. Il primo riguarda le offese al Corano, punibili con l'ergastolo, il secondo stabilisce la morte o il carcere a vita per chi offende il nome di Maometto. La norma è sfruttata spesso per dirimere questioni personali». Qual è la prospettiva per la libertà religiosa in Pakistan? «Dopo anni di regime militare, ora la società civile è stanca di un Paese sempre in bilico tra guerra e pace e buona parte di essa, anche tra i musulmani, chiede uguaglianza per le minoranze. Questa è l’unica forza che va incoraggiata e che può determinare un cambiamento reale».

4 commenti:

Maria Luisa ha detto...

Scusa l'off topic, ho letto su un altro blog, il commento di un lettore che riportava le dichiarazioni di un imam di Milano, durante una trasmissione televisiva di tre giorni fa "Noi da qui non abbiamo la minima intenzione di andarcene. Ormai tanti nostri giovani sono quasi ventenni, studiano, occuperanno posti importanti nelle vostre istituzioni. Per ora siamo noi a dover chiedere a voi dei permessi, ma presto sarete voi a dovervi rivolgere a noi. E noi stabiliremo le regole"
Sono appena tornata dalle ferie e per 15 giorni non ho guardato la televisione.Qualcuno di voi sa a quale trasmissione si fa riferimento?e chi sia l'imam?
Non so so se essere preoccupata o indignata.
Artemisia

Elly ha detto...

Ciao Artemisia,bentornata, no, non è off topic la domanda, ma questa non l'ho proprio sentita. Quindi non so aiutarti, mi spiace. Ma di sicuro non è l'unico "sapiente" imam a dire robe del genere.

Elly ha detto...

Mh... clicca sul mio nick, ci sono un pò di citazioni nel post...

Maria Luisa ha detto...

e pensare che in vacanza mi ero rilassata...
vabbeh, welcome to the jungle a me
Artemisia