ROMA - Difende quegli "apparati" da più parti additati come il freno alla riuscita del Pd. Contesta la tesi di chi li indica come gli unici responsabili delle "due disastrose sconfitte politiche" dei democratici. A passare per il principale responsabile dell'affossamento del pd Massimo D'Alema non ci sta. L'ex ministro degli Esteri lo dice chiaro e tendo: "Se si dà la colpa di non aver raggiunto il 40% dei consensi auspicato da Eugenio Scalfari agli apparati cattivi, non c'è discussione politica ma solo la ricerca della via per eliminare i cattivi e si finisce male". Il giorno dopo la convention organizzata da Veltroni, D'Alema analizza la vicenda italiana degli ultimi quindici anni e rilancia la sua idea di partito. Che deve scacciare le suggestioni leaderistiche e tornare a fare politica. Cosa che, spiega il presidente di ItalianiEuropei, al congresso di ottobre non si potrà fare. "Bisognava cominciare da una discussione seria e libera e poi, dopo, pensare alle candidature - commenta - Ora è necessario liberarsi di un progetto di partito che ha chiuso in una gabbia troppo asfittica il Pd". Non cita Veltroni ma il destinatario di queste parole sembra proprio l'ex segretario. D'Alema critica severamente lo statuto del partito sostenendo "l'impianto costitutivo tradisce l'impronta culturale antipolitica" e la conseguenza di questo "è che andiamo a un congresso in cui non si può parlare di politica". Poi spiega: "Se c'è un poveretto che è iscritto al Pd ma a cui non piace nessuno dei candidati alla segreteria non può dire la sua perchè lo si può fare solo se si appoggia una candidatura". Ed è a questo punto che D'Alema sferra l'attacco più duro. Rivolgendo al Pd le stesse critiche che vengono rivolte a Berlusconi e mettendo in guardia dalle tentazioni di tornare al sistema dei partiti precedente al '92. "Alla nascita del Pd - riflette l'ex presidente dei Ds - ha presieduto lo stesso spirito del 1992-'94, con esiti analoghi e perfino più negativi, uno spirito di antipolitica, una sorta di berlusconismo debole articolato su capo, media e massa. Ma nel centrodestra tutto questo è strutturato mentre dalle nostre parti è debole". Una tendenza che ha avuto come un esito fallimentare per i democratici: "Aver affrontato l'antipolitica della destra sul suo stesso terreno ha portato alla rapida successione di rovinose sconfitte dell'ultimo anno e mezzo". La strada da seguire per far rinascere il Pd, per D'alema, è quella di darsi "regole di partito perchè ora l'impianto costitutivo tradisce l'impronta culturale dell'antipolitica". Con buona pace di quel bipartitismo caro a Veltroni: "Non ci credo, non perchè sia un male in sè, ma perchè non c'è nella realtà italiana. I partiti sono il frutto della storia, non li si può imporre per legge". Poi tocca a Berlusconi di cui vede "il declino". Che, però, non sarà "lineare". E' preoccupato D'Alema per una fase politica che vede "una nuova destra populista e nazionalista" imperversare in Europa. Qualcosa, continua "che ci ricorda quello che avvenne dopo la crisi del '29 con il New Deal da un lato e il nazionalismo dall'altro. Il risultato è diverso: non voglio dire che siamo alle porte del nazismo ma molti ingredienti sono simili".
venerdì 3 luglio 2009
D'Alema e il Pd
L'ex ministro: "Non è colpa degli apparati. Il partito fondato sulla cultura dell'antipolitica". "Il declino di Berlusconi non sarà lineare, ci saranno scosse. Questa fase mi ricorda il nazismo". Congresso pd, D'Alema all'attacco: "Basta leaderismo plebiscitario"
ROMA - Difende quegli "apparati" da più parti additati come il freno alla riuscita del Pd. Contesta la tesi di chi li indica come gli unici responsabili delle "due disastrose sconfitte politiche" dei democratici. A passare per il principale responsabile dell'affossamento del pd Massimo D'Alema non ci sta. L'ex ministro degli Esteri lo dice chiaro e tendo: "Se si dà la colpa di non aver raggiunto il 40% dei consensi auspicato da Eugenio Scalfari agli apparati cattivi, non c'è discussione politica ma solo la ricerca della via per eliminare i cattivi e si finisce male". Il giorno dopo la convention organizzata da Veltroni, D'Alema analizza la vicenda italiana degli ultimi quindici anni e rilancia la sua idea di partito. Che deve scacciare le suggestioni leaderistiche e tornare a fare politica. Cosa che, spiega il presidente di ItalianiEuropei, al congresso di ottobre non si potrà fare. "Bisognava cominciare da una discussione seria e libera e poi, dopo, pensare alle candidature - commenta - Ora è necessario liberarsi di un progetto di partito che ha chiuso in una gabbia troppo asfittica il Pd". Non cita Veltroni ma il destinatario di queste parole sembra proprio l'ex segretario. D'Alema critica severamente lo statuto del partito sostenendo "l'impianto costitutivo tradisce l'impronta culturale antipolitica" e la conseguenza di questo "è che andiamo a un congresso in cui non si può parlare di politica". Poi spiega: "Se c'è un poveretto che è iscritto al Pd ma a cui non piace nessuno dei candidati alla segreteria non può dire la sua perchè lo si può fare solo se si appoggia una candidatura". Ed è a questo punto che D'Alema sferra l'attacco più duro. Rivolgendo al Pd le stesse critiche che vengono rivolte a Berlusconi e mettendo in guardia dalle tentazioni di tornare al sistema dei partiti precedente al '92. "Alla nascita del Pd - riflette l'ex presidente dei Ds - ha presieduto lo stesso spirito del 1992-'94, con esiti analoghi e perfino più negativi, uno spirito di antipolitica, una sorta di berlusconismo debole articolato su capo, media e massa. Ma nel centrodestra tutto questo è strutturato mentre dalle nostre parti è debole". Una tendenza che ha avuto come un esito fallimentare per i democratici: "Aver affrontato l'antipolitica della destra sul suo stesso terreno ha portato alla rapida successione di rovinose sconfitte dell'ultimo anno e mezzo". La strada da seguire per far rinascere il Pd, per D'alema, è quella di darsi "regole di partito perchè ora l'impianto costitutivo tradisce l'impronta culturale dell'antipolitica". Con buona pace di quel bipartitismo caro a Veltroni: "Non ci credo, non perchè sia un male in sè, ma perchè non c'è nella realtà italiana. I partiti sono il frutto della storia, non li si può imporre per legge". Poi tocca a Berlusconi di cui vede "il declino". Che, però, non sarà "lineare". E' preoccupato D'Alema per una fase politica che vede "una nuova destra populista e nazionalista" imperversare in Europa. Qualcosa, continua "che ci ricorda quello che avvenne dopo la crisi del '29 con il New Deal da un lato e il nazionalismo dall'altro. Il risultato è diverso: non voglio dire che siamo alle porte del nazismo ma molti ingredienti sono simili".
ROMA - Difende quegli "apparati" da più parti additati come il freno alla riuscita del Pd. Contesta la tesi di chi li indica come gli unici responsabili delle "due disastrose sconfitte politiche" dei democratici. A passare per il principale responsabile dell'affossamento del pd Massimo D'Alema non ci sta. L'ex ministro degli Esteri lo dice chiaro e tendo: "Se si dà la colpa di non aver raggiunto il 40% dei consensi auspicato da Eugenio Scalfari agli apparati cattivi, non c'è discussione politica ma solo la ricerca della via per eliminare i cattivi e si finisce male". Il giorno dopo la convention organizzata da Veltroni, D'Alema analizza la vicenda italiana degli ultimi quindici anni e rilancia la sua idea di partito. Che deve scacciare le suggestioni leaderistiche e tornare a fare politica. Cosa che, spiega il presidente di ItalianiEuropei, al congresso di ottobre non si potrà fare. "Bisognava cominciare da una discussione seria e libera e poi, dopo, pensare alle candidature - commenta - Ora è necessario liberarsi di un progetto di partito che ha chiuso in una gabbia troppo asfittica il Pd". Non cita Veltroni ma il destinatario di queste parole sembra proprio l'ex segretario. D'Alema critica severamente lo statuto del partito sostenendo "l'impianto costitutivo tradisce l'impronta culturale antipolitica" e la conseguenza di questo "è che andiamo a un congresso in cui non si può parlare di politica". Poi spiega: "Se c'è un poveretto che è iscritto al Pd ma a cui non piace nessuno dei candidati alla segreteria non può dire la sua perchè lo si può fare solo se si appoggia una candidatura". Ed è a questo punto che D'Alema sferra l'attacco più duro. Rivolgendo al Pd le stesse critiche che vengono rivolte a Berlusconi e mettendo in guardia dalle tentazioni di tornare al sistema dei partiti precedente al '92. "Alla nascita del Pd - riflette l'ex presidente dei Ds - ha presieduto lo stesso spirito del 1992-'94, con esiti analoghi e perfino più negativi, uno spirito di antipolitica, una sorta di berlusconismo debole articolato su capo, media e massa. Ma nel centrodestra tutto questo è strutturato mentre dalle nostre parti è debole". Una tendenza che ha avuto come un esito fallimentare per i democratici: "Aver affrontato l'antipolitica della destra sul suo stesso terreno ha portato alla rapida successione di rovinose sconfitte dell'ultimo anno e mezzo". La strada da seguire per far rinascere il Pd, per D'alema, è quella di darsi "regole di partito perchè ora l'impianto costitutivo tradisce l'impronta culturale dell'antipolitica". Con buona pace di quel bipartitismo caro a Veltroni: "Non ci credo, non perchè sia un male in sè, ma perchè non c'è nella realtà italiana. I partiti sono il frutto della storia, non li si può imporre per legge". Poi tocca a Berlusconi di cui vede "il declino". Che, però, non sarà "lineare". E' preoccupato D'Alema per una fase politica che vede "una nuova destra populista e nazionalista" imperversare in Europa. Qualcosa, continua "che ci ricorda quello che avvenne dopo la crisi del '29 con il New Deal da un lato e il nazionalismo dall'altro. Il risultato è diverso: non voglio dire che siamo alle porte del nazismo ma molti ingredienti sono simili".
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3 commenti:
Trovata :)
Ciao Bella sono tornato!
Heilà, Bisqui, bentrovato :) Era da un bel pò che non ti facevi più vivo.
Ho avuto un brutto incidente ma adesso sto meglio.
Ci becchiamo in giro :)
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