L’appello di Giorgio Napolitano a evitare polemiche ha avuto effetto solo per poche ore. Sino a quando un treno merci carico di gas di petrolio liquefatto è deragliato nella stazione di Viareggio, provocando una strage. Con i corpi delle vittime ancora sul luogo del disastro, una parte dell’opposizione non ha resistito alla tentazione di strumentalizzare quei morti per dare la colpa, anche di questo, a Silvio Berlusconi e al suo governo. Dove non sono arrivate le veline in topless e le escort in minigonna, qualcuno spera di arrivare con i cadaveri carbonizzati. Sebbene - come è ovvio - non vi sia ancora nulla di chiaro nelle cause dell’incidente. Non si sa se la responsabilità sia delle Ferrovie, dei macchinisti, della società austriaca proprietaria dei vagoni-cisterna carichi di Gpl, di chi li ha presi in affitto o di qualcun altro. Ma sono dettagli insignificanti, per chi è convinto che la colpa sia sempre e comunque della solita persona. Tipo il segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero, che riesce a vedere la mano invisibile del libero mercato persino dietro a un deragliamento avvenuto sui binari delle Ferrovie dello Stato: «Quella di Viareggio non è una disgrazia, ma l’esito statisticamente prevedibile di una politica ferroviaria che bada solo all’immagine e ai profitti. Il governo ne è il principale responsabile». E tanti saluti al Quirinale e ai suoi appelli a non sparare cavolate fino al termine del G8. Oppure i Verdi, che ne approfittano per chiedere le dimissioni del ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, e parlano di «una tragedia ampiamente annunciata, che si sarebbe potuta evitare se invece di destinare le risorse quasi esclusivamente sulla Tav si fosse investito in sicurezza e qualità del servizio». Quello della «tragedia annunciata» è il ritornello più facile, che pur senza conoscere i fatti intonano in tanti, dal segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ai parlamentari dell’Udc. E se la strage era «annunciata», «prevedibile», è ovvio che a palazzo Chigi qualcuno ha fatto finta di non sentire il campanello d’allarme che suonava. Danno la colpa alle risorse investite nell’alta velocità voluta da Berlusconi anche i Comunisti italiani. Mentre il segretario del Pd toscano sostiene che «la tragedia di Viareggio richiama ancora una volta alla responsabilità governo e Trenitalia» e nel suo partito c’è chi coglie l’occasione per chiedere al premier di rinunciare alle «opere infrastrutturali faraoniche» e di bloccare «la liberalizzazione ormai prossima del servizio ferroviario passeggeri». Insomma, molti non hanno l’accortezza di aspettare la conclusione delle inchieste né di rispettare la tregua chiesta da Napolitano, preferendo sfruttare l’onda dell’emozione per portare acqua al loro mulino. Eppure parlare a ragion veduta converrebbe a tutti: se dovesse essere dimostrato che la colpa ricade davvero sulla politica dei trasporti, ad esempio, chiamati in causa sarebbero - in misura non molto diversa - governi di destra e sinistra, Ferrovie dello Stato e sindacati. Questi ultimi, spingendo affinché le risorse a disposizione fossero destinate soprattutto al personale (ad esempio arroccandosi sulla figura del secondo macchinista, scomparso da tempo in tutto il resto d’Europa), hanno inevitabilmente sottratto investimenti alle nuove tecnologie per la sicurezza. Di sicuro, per il presidente del Consiglio questo non è un periodo fortunato. Non passa giorno senza che debba affrontare un problema da prima pagina, si tratti del terremoto in Abruzzo, delle foto di Antonello Zappadu, dei racconti di Patrizia D’Addario o di un’ecatombe ferroviaria in Toscana. L’unico dato positivo per lui e per gli elettori, a volerlo proprio cercare, è che tragedie come quella di ieri permettono almeno di giudicare il governo e il premier per quello che fanno sul serio, non per quanto raccontato ai giornali da signorine di dubbia reputazione. In queste settimane gli italiani hanno dimostrato di essere assai meno moralisti e bacchettoni di come li vorrebbero certi quotidiani, e non si sono fatti turbare dalla vista di una velina in perizoma né da un Topolánek nudo ai bordi della piscina di villa Certosa. Ma non saranno altrettanto indulgenti se il governo non rispetterà le promesse fatte per la ricostruzione dell’Aquila o mostrerà di non sapere affrontare emergenze come quella di Viareggio, che ha già creato mille sfollati.Berlusconi è andato al governo sulla base di un progetto di modernizzazione del Paese ed è giusto che sia la sua capacità di portare a termine questo disegno a bocciarlo o promuoverlo. A chi usa i morti per chiedere all’esecutivo di ripensare l’alta velocità, di fare marcia indietro sulle grandi opere e di rinunciare al disegno di cambiare l’Italia, il premier deve rispondere con un colpo di acceleratore, spiegando agli italiani che mezzi e strutture più moderni sono anche garanzia di maggiore sicurezza per tutti. Assecondare chi lo vuole imbalsamare toglierebbe invece senso all’esistenza del suo governo e significherebbe il tradimento del suo patto con gli elettori.
mercoledì 1 luglio 2009
Colpa sua!
Indovina chi ha fatto deragliare il treno di Fausto Carioti
L’appello di Giorgio Napolitano a evitare polemiche ha avuto effetto solo per poche ore. Sino a quando un treno merci carico di gas di petrolio liquefatto è deragliato nella stazione di Viareggio, provocando una strage. Con i corpi delle vittime ancora sul luogo del disastro, una parte dell’opposizione non ha resistito alla tentazione di strumentalizzare quei morti per dare la colpa, anche di questo, a Silvio Berlusconi e al suo governo. Dove non sono arrivate le veline in topless e le escort in minigonna, qualcuno spera di arrivare con i cadaveri carbonizzati. Sebbene - come è ovvio - non vi sia ancora nulla di chiaro nelle cause dell’incidente. Non si sa se la responsabilità sia delle Ferrovie, dei macchinisti, della società austriaca proprietaria dei vagoni-cisterna carichi di Gpl, di chi li ha presi in affitto o di qualcun altro. Ma sono dettagli insignificanti, per chi è convinto che la colpa sia sempre e comunque della solita persona. Tipo il segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero, che riesce a vedere la mano invisibile del libero mercato persino dietro a un deragliamento avvenuto sui binari delle Ferrovie dello Stato: «Quella di Viareggio non è una disgrazia, ma l’esito statisticamente prevedibile di una politica ferroviaria che bada solo all’immagine e ai profitti. Il governo ne è il principale responsabile». E tanti saluti al Quirinale e ai suoi appelli a non sparare cavolate fino al termine del G8. Oppure i Verdi, che ne approfittano per chiedere le dimissioni del ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, e parlano di «una tragedia ampiamente annunciata, che si sarebbe potuta evitare se invece di destinare le risorse quasi esclusivamente sulla Tav si fosse investito in sicurezza e qualità del servizio». Quello della «tragedia annunciata» è il ritornello più facile, che pur senza conoscere i fatti intonano in tanti, dal segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ai parlamentari dell’Udc. E se la strage era «annunciata», «prevedibile», è ovvio che a palazzo Chigi qualcuno ha fatto finta di non sentire il campanello d’allarme che suonava. Danno la colpa alle risorse investite nell’alta velocità voluta da Berlusconi anche i Comunisti italiani. Mentre il segretario del Pd toscano sostiene che «la tragedia di Viareggio richiama ancora una volta alla responsabilità governo e Trenitalia» e nel suo partito c’è chi coglie l’occasione per chiedere al premier di rinunciare alle «opere infrastrutturali faraoniche» e di bloccare «la liberalizzazione ormai prossima del servizio ferroviario passeggeri». Insomma, molti non hanno l’accortezza di aspettare la conclusione delle inchieste né di rispettare la tregua chiesta da Napolitano, preferendo sfruttare l’onda dell’emozione per portare acqua al loro mulino. Eppure parlare a ragion veduta converrebbe a tutti: se dovesse essere dimostrato che la colpa ricade davvero sulla politica dei trasporti, ad esempio, chiamati in causa sarebbero - in misura non molto diversa - governi di destra e sinistra, Ferrovie dello Stato e sindacati. Questi ultimi, spingendo affinché le risorse a disposizione fossero destinate soprattutto al personale (ad esempio arroccandosi sulla figura del secondo macchinista, scomparso da tempo in tutto il resto d’Europa), hanno inevitabilmente sottratto investimenti alle nuove tecnologie per la sicurezza. Di sicuro, per il presidente del Consiglio questo non è un periodo fortunato. Non passa giorno senza che debba affrontare un problema da prima pagina, si tratti del terremoto in Abruzzo, delle foto di Antonello Zappadu, dei racconti di Patrizia D’Addario o di un’ecatombe ferroviaria in Toscana. L’unico dato positivo per lui e per gli elettori, a volerlo proprio cercare, è che tragedie come quella di ieri permettono almeno di giudicare il governo e il premier per quello che fanno sul serio, non per quanto raccontato ai giornali da signorine di dubbia reputazione. In queste settimane gli italiani hanno dimostrato di essere assai meno moralisti e bacchettoni di come li vorrebbero certi quotidiani, e non si sono fatti turbare dalla vista di una velina in perizoma né da un Topolánek nudo ai bordi della piscina di villa Certosa. Ma non saranno altrettanto indulgenti se il governo non rispetterà le promesse fatte per la ricostruzione dell’Aquila o mostrerà di non sapere affrontare emergenze come quella di Viareggio, che ha già creato mille sfollati.Berlusconi è andato al governo sulla base di un progetto di modernizzazione del Paese ed è giusto che sia la sua capacità di portare a termine questo disegno a bocciarlo o promuoverlo. A chi usa i morti per chiedere all’esecutivo di ripensare l’alta velocità, di fare marcia indietro sulle grandi opere e di rinunciare al disegno di cambiare l’Italia, il premier deve rispondere con un colpo di acceleratore, spiegando agli italiani che mezzi e strutture più moderni sono anche garanzia di maggiore sicurezza per tutti. Assecondare chi lo vuole imbalsamare toglierebbe invece senso all’esistenza del suo governo e significherebbe il tradimento del suo patto con gli elettori.
L’appello di Giorgio Napolitano a evitare polemiche ha avuto effetto solo per poche ore. Sino a quando un treno merci carico di gas di petrolio liquefatto è deragliato nella stazione di Viareggio, provocando una strage. Con i corpi delle vittime ancora sul luogo del disastro, una parte dell’opposizione non ha resistito alla tentazione di strumentalizzare quei morti per dare la colpa, anche di questo, a Silvio Berlusconi e al suo governo. Dove non sono arrivate le veline in topless e le escort in minigonna, qualcuno spera di arrivare con i cadaveri carbonizzati. Sebbene - come è ovvio - non vi sia ancora nulla di chiaro nelle cause dell’incidente. Non si sa se la responsabilità sia delle Ferrovie, dei macchinisti, della società austriaca proprietaria dei vagoni-cisterna carichi di Gpl, di chi li ha presi in affitto o di qualcun altro. Ma sono dettagli insignificanti, per chi è convinto che la colpa sia sempre e comunque della solita persona. Tipo il segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero, che riesce a vedere la mano invisibile del libero mercato persino dietro a un deragliamento avvenuto sui binari delle Ferrovie dello Stato: «Quella di Viareggio non è una disgrazia, ma l’esito statisticamente prevedibile di una politica ferroviaria che bada solo all’immagine e ai profitti. Il governo ne è il principale responsabile». E tanti saluti al Quirinale e ai suoi appelli a non sparare cavolate fino al termine del G8. Oppure i Verdi, che ne approfittano per chiedere le dimissioni del ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, e parlano di «una tragedia ampiamente annunciata, che si sarebbe potuta evitare se invece di destinare le risorse quasi esclusivamente sulla Tav si fosse investito in sicurezza e qualità del servizio». Quello della «tragedia annunciata» è il ritornello più facile, che pur senza conoscere i fatti intonano in tanti, dal segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ai parlamentari dell’Udc. E se la strage era «annunciata», «prevedibile», è ovvio che a palazzo Chigi qualcuno ha fatto finta di non sentire il campanello d’allarme che suonava. Danno la colpa alle risorse investite nell’alta velocità voluta da Berlusconi anche i Comunisti italiani. Mentre il segretario del Pd toscano sostiene che «la tragedia di Viareggio richiama ancora una volta alla responsabilità governo e Trenitalia» e nel suo partito c’è chi coglie l’occasione per chiedere al premier di rinunciare alle «opere infrastrutturali faraoniche» e di bloccare «la liberalizzazione ormai prossima del servizio ferroviario passeggeri». Insomma, molti non hanno l’accortezza di aspettare la conclusione delle inchieste né di rispettare la tregua chiesta da Napolitano, preferendo sfruttare l’onda dell’emozione per portare acqua al loro mulino. Eppure parlare a ragion veduta converrebbe a tutti: se dovesse essere dimostrato che la colpa ricade davvero sulla politica dei trasporti, ad esempio, chiamati in causa sarebbero - in misura non molto diversa - governi di destra e sinistra, Ferrovie dello Stato e sindacati. Questi ultimi, spingendo affinché le risorse a disposizione fossero destinate soprattutto al personale (ad esempio arroccandosi sulla figura del secondo macchinista, scomparso da tempo in tutto il resto d’Europa), hanno inevitabilmente sottratto investimenti alle nuove tecnologie per la sicurezza. Di sicuro, per il presidente del Consiglio questo non è un periodo fortunato. Non passa giorno senza che debba affrontare un problema da prima pagina, si tratti del terremoto in Abruzzo, delle foto di Antonello Zappadu, dei racconti di Patrizia D’Addario o di un’ecatombe ferroviaria in Toscana. L’unico dato positivo per lui e per gli elettori, a volerlo proprio cercare, è che tragedie come quella di ieri permettono almeno di giudicare il governo e il premier per quello che fanno sul serio, non per quanto raccontato ai giornali da signorine di dubbia reputazione. In queste settimane gli italiani hanno dimostrato di essere assai meno moralisti e bacchettoni di come li vorrebbero certi quotidiani, e non si sono fatti turbare dalla vista di una velina in perizoma né da un Topolánek nudo ai bordi della piscina di villa Certosa. Ma non saranno altrettanto indulgenti se il governo non rispetterà le promesse fatte per la ricostruzione dell’Aquila o mostrerà di non sapere affrontare emergenze come quella di Viareggio, che ha già creato mille sfollati.Berlusconi è andato al governo sulla base di un progetto di modernizzazione del Paese ed è giusto che sia la sua capacità di portare a termine questo disegno a bocciarlo o promuoverlo. A chi usa i morti per chiedere all’esecutivo di ripensare l’alta velocità, di fare marcia indietro sulle grandi opere e di rinunciare al disegno di cambiare l’Italia, il premier deve rispondere con un colpo di acceleratore, spiegando agli italiani che mezzi e strutture più moderni sono anche garanzia di maggiore sicurezza per tutti. Assecondare chi lo vuole imbalsamare toglierebbe invece senso all’esistenza del suo governo e significherebbe il tradimento del suo patto con gli elettori.
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