Milano - È un lunedì di giugno, sono le nove del mattino, il semaforo all’incrocio tra via Savona e via Carlo Troya è rosso. A presidiarlo c’è un ragazzo olivastro, con la sua bottiglietta blu e lo spazzolone. Si aggira tra gli automobilisti guardinghi, ansioso di benedire il loro ingresso in circonvallazione. Il suo sorriso furbo è una specie di segnale: i lavavetri sono di nuovo sulla piazza. Nei mesi scorsi, sembravano in lenta e progressiva diminuzione negli incroci cittadini. L’ordinanza del Comune contro l’accattonaggio molesto, da novembre dell’anno scorso, li punisce con multe fino a 500 euro. La gonna vaporosa di una ragazza rom, che ancheggia tra le vetture in piazza Bonfanti e battezza con il suo spazzolone l’ingresso in città degli automobilisti in arrivo dall’austostrada A7, è la risposta più eloquente agli ultimi provvedimenti. Il racket dell’accattonaggio, che colloca anziani, giovani e bambini (quasi tutti romeni) per le vie della città con meticolosa pianificazione, ha rimesso in circolazione anche i lavavetri e basta percorrere in entrambe le direzioni la circonvallazione, tra viale Liguria e piazzale Loreto, per capirlo. All’incrocio tra via Giambellino e via Troya, poco prima del cavalcavia che porta su viale Cassala, due ragazzi si muovono tra le macchine, sfidando anche la presenza dei vigili che presidiano la zona. Uno di loro schizza il nostro vetro con poche gocce, sorride e poi attacca con il flic flic. Si rabbuia, quando lo premiamo con soli 20 centesimi. Nella direzione opposta, in viale Cassala, un mendicante fa sorridere di tristezza, indossando una t-shirt con la scritta: «puliziotto». Più avanti, in piazzale Tripoli, un altro lavavetri più giovane e più aggressivo. In viale Egisto Bezzi, all’incrocio con via Trivulzio, un uomo con la barba fuma mentre una donna ci lava il cruscotto. Moltissimi dei loro «colleghi» si appostano ai semafori della vicina via Lorenteggio, al termine della quale c’è uno dei punti di ritrovo e smistamento del racket: dove le vittime vanno a versare l’incasso. Proseguendo sulla circonvallazione, invece, si arriva in viale Marche. All’incrocio con viale Zara, lavorano marito e moglie: danno l’assalto alle prime macchine della fila, mentre i clacson impazzano e un’ambulanza rimane bloccata. Spingendosi in via Farini, all’altezza del Cimitero Monumentale, s’incontrano invece un ragazzo e una ragazza. Sono giovanissimi, si fanno i dispetti in attesa dell’ingorgo. Quando arriva, lei adocchia un’Opel Corsa. Il conducente sterza appena la vede, innervosito. La giovane rom allora ripiega sul tram: dondola la spazzola sul vetro, aspetta che riparta per guizzargli davanti con un salto. Il giorno seguente, a quello stesso incrocio, lavorano in tre: il ragazzino è affiancato da un adulto e la ragazza invece pattuglia l’incrocio opposto, vicino al cimitero. Proprio lì dietro c’è piazza Lega Lombarda, pieno centro. A un semaforo c’è un uomo che arranca sulle stampelle. Ogni tanto scambia qualche grido col suo dirimpettaio. La stessa scena l’abbiamo rivista all’inizio di via Pagano: due vecchietti accecati dal crepuscolo, col cappello in mano in mezzo al traffico nevrotico delle sette di sera. In due giorni di peregrinazione per gli incroci di Milano, abbiamo incontrato circa 150 tra lavavetri e mendicanti. Mentre il numero in città è stimato sui 3mila. Il tutto a due anni dall’entrata in vigore della direttiva Ue che fissa in tre mesi il limite al diritto di soggiorno per i cittadini comunitari privi di risorse economiche sufficienti e di un lavoro. «Una norma troppo macchinosa nella sua applicazione», spiega il vicesindaco Riccardo De Corato. «Finché l’accattonaggio non diventerà reato, l’allontanamento di queste persone sarà molto difficile». Ieri De Corato ricordava le 288 violazioni riscontrate nel 2009 per accattonaggio molesto. I dati della polizia locale, parlano di 231 multe ai danni di lavavetri. Non è stata pagata nemmeno una. «L’unica cosa che possono fare i vigili, è sequestrare l’incasso delle elemosine». Insieme a bottiglia e spazzolone.
mercoledì 1 luglio 2009
Lavavetri
Milano invasa dai lavavetri: l'agguato ai semafori
Milano - È un lunedì di giugno, sono le nove del mattino, il semaforo all’incrocio tra via Savona e via Carlo Troya è rosso. A presidiarlo c’è un ragazzo olivastro, con la sua bottiglietta blu e lo spazzolone. Si aggira tra gli automobilisti guardinghi, ansioso di benedire il loro ingresso in circonvallazione. Il suo sorriso furbo è una specie di segnale: i lavavetri sono di nuovo sulla piazza. Nei mesi scorsi, sembravano in lenta e progressiva diminuzione negli incroci cittadini. L’ordinanza del Comune contro l’accattonaggio molesto, da novembre dell’anno scorso, li punisce con multe fino a 500 euro. La gonna vaporosa di una ragazza rom, che ancheggia tra le vetture in piazza Bonfanti e battezza con il suo spazzolone l’ingresso in città degli automobilisti in arrivo dall’austostrada A7, è la risposta più eloquente agli ultimi provvedimenti. Il racket dell’accattonaggio, che colloca anziani, giovani e bambini (quasi tutti romeni) per le vie della città con meticolosa pianificazione, ha rimesso in circolazione anche i lavavetri e basta percorrere in entrambe le direzioni la circonvallazione, tra viale Liguria e piazzale Loreto, per capirlo. All’incrocio tra via Giambellino e via Troya, poco prima del cavalcavia che porta su viale Cassala, due ragazzi si muovono tra le macchine, sfidando anche la presenza dei vigili che presidiano la zona. Uno di loro schizza il nostro vetro con poche gocce, sorride e poi attacca con il flic flic. Si rabbuia, quando lo premiamo con soli 20 centesimi. Nella direzione opposta, in viale Cassala, un mendicante fa sorridere di tristezza, indossando una t-shirt con la scritta: «puliziotto». Più avanti, in piazzale Tripoli, un altro lavavetri più giovane e più aggressivo. In viale Egisto Bezzi, all’incrocio con via Trivulzio, un uomo con la barba fuma mentre una donna ci lava il cruscotto. Moltissimi dei loro «colleghi» si appostano ai semafori della vicina via Lorenteggio, al termine della quale c’è uno dei punti di ritrovo e smistamento del racket: dove le vittime vanno a versare l’incasso. Proseguendo sulla circonvallazione, invece, si arriva in viale Marche. All’incrocio con viale Zara, lavorano marito e moglie: danno l’assalto alle prime macchine della fila, mentre i clacson impazzano e un’ambulanza rimane bloccata. Spingendosi in via Farini, all’altezza del Cimitero Monumentale, s’incontrano invece un ragazzo e una ragazza. Sono giovanissimi, si fanno i dispetti in attesa dell’ingorgo. Quando arriva, lei adocchia un’Opel Corsa. Il conducente sterza appena la vede, innervosito. La giovane rom allora ripiega sul tram: dondola la spazzola sul vetro, aspetta che riparta per guizzargli davanti con un salto. Il giorno seguente, a quello stesso incrocio, lavorano in tre: il ragazzino è affiancato da un adulto e la ragazza invece pattuglia l’incrocio opposto, vicino al cimitero. Proprio lì dietro c’è piazza Lega Lombarda, pieno centro. A un semaforo c’è un uomo che arranca sulle stampelle. Ogni tanto scambia qualche grido col suo dirimpettaio. La stessa scena l’abbiamo rivista all’inizio di via Pagano: due vecchietti accecati dal crepuscolo, col cappello in mano in mezzo al traffico nevrotico delle sette di sera. In due giorni di peregrinazione per gli incroci di Milano, abbiamo incontrato circa 150 tra lavavetri e mendicanti. Mentre il numero in città è stimato sui 3mila. Il tutto a due anni dall’entrata in vigore della direttiva Ue che fissa in tre mesi il limite al diritto di soggiorno per i cittadini comunitari privi di risorse economiche sufficienti e di un lavoro. «Una norma troppo macchinosa nella sua applicazione», spiega il vicesindaco Riccardo De Corato. «Finché l’accattonaggio non diventerà reato, l’allontanamento di queste persone sarà molto difficile». Ieri De Corato ricordava le 288 violazioni riscontrate nel 2009 per accattonaggio molesto. I dati della polizia locale, parlano di 231 multe ai danni di lavavetri. Non è stata pagata nemmeno una. «L’unica cosa che possono fare i vigili, è sequestrare l’incasso delle elemosine». Insieme a bottiglia e spazzolone.
Milano - È un lunedì di giugno, sono le nove del mattino, il semaforo all’incrocio tra via Savona e via Carlo Troya è rosso. A presidiarlo c’è un ragazzo olivastro, con la sua bottiglietta blu e lo spazzolone. Si aggira tra gli automobilisti guardinghi, ansioso di benedire il loro ingresso in circonvallazione. Il suo sorriso furbo è una specie di segnale: i lavavetri sono di nuovo sulla piazza. Nei mesi scorsi, sembravano in lenta e progressiva diminuzione negli incroci cittadini. L’ordinanza del Comune contro l’accattonaggio molesto, da novembre dell’anno scorso, li punisce con multe fino a 500 euro. La gonna vaporosa di una ragazza rom, che ancheggia tra le vetture in piazza Bonfanti e battezza con il suo spazzolone l’ingresso in città degli automobilisti in arrivo dall’austostrada A7, è la risposta più eloquente agli ultimi provvedimenti. Il racket dell’accattonaggio, che colloca anziani, giovani e bambini (quasi tutti romeni) per le vie della città con meticolosa pianificazione, ha rimesso in circolazione anche i lavavetri e basta percorrere in entrambe le direzioni la circonvallazione, tra viale Liguria e piazzale Loreto, per capirlo. All’incrocio tra via Giambellino e via Troya, poco prima del cavalcavia che porta su viale Cassala, due ragazzi si muovono tra le macchine, sfidando anche la presenza dei vigili che presidiano la zona. Uno di loro schizza il nostro vetro con poche gocce, sorride e poi attacca con il flic flic. Si rabbuia, quando lo premiamo con soli 20 centesimi. Nella direzione opposta, in viale Cassala, un mendicante fa sorridere di tristezza, indossando una t-shirt con la scritta: «puliziotto». Più avanti, in piazzale Tripoli, un altro lavavetri più giovane e più aggressivo. In viale Egisto Bezzi, all’incrocio con via Trivulzio, un uomo con la barba fuma mentre una donna ci lava il cruscotto. Moltissimi dei loro «colleghi» si appostano ai semafori della vicina via Lorenteggio, al termine della quale c’è uno dei punti di ritrovo e smistamento del racket: dove le vittime vanno a versare l’incasso. Proseguendo sulla circonvallazione, invece, si arriva in viale Marche. All’incrocio con viale Zara, lavorano marito e moglie: danno l’assalto alle prime macchine della fila, mentre i clacson impazzano e un’ambulanza rimane bloccata. Spingendosi in via Farini, all’altezza del Cimitero Monumentale, s’incontrano invece un ragazzo e una ragazza. Sono giovanissimi, si fanno i dispetti in attesa dell’ingorgo. Quando arriva, lei adocchia un’Opel Corsa. Il conducente sterza appena la vede, innervosito. La giovane rom allora ripiega sul tram: dondola la spazzola sul vetro, aspetta che riparta per guizzargli davanti con un salto. Il giorno seguente, a quello stesso incrocio, lavorano in tre: il ragazzino è affiancato da un adulto e la ragazza invece pattuglia l’incrocio opposto, vicino al cimitero. Proprio lì dietro c’è piazza Lega Lombarda, pieno centro. A un semaforo c’è un uomo che arranca sulle stampelle. Ogni tanto scambia qualche grido col suo dirimpettaio. La stessa scena l’abbiamo rivista all’inizio di via Pagano: due vecchietti accecati dal crepuscolo, col cappello in mano in mezzo al traffico nevrotico delle sette di sera. In due giorni di peregrinazione per gli incroci di Milano, abbiamo incontrato circa 150 tra lavavetri e mendicanti. Mentre il numero in città è stimato sui 3mila. Il tutto a due anni dall’entrata in vigore della direttiva Ue che fissa in tre mesi il limite al diritto di soggiorno per i cittadini comunitari privi di risorse economiche sufficienti e di un lavoro. «Una norma troppo macchinosa nella sua applicazione», spiega il vicesindaco Riccardo De Corato. «Finché l’accattonaggio non diventerà reato, l’allontanamento di queste persone sarà molto difficile». Ieri De Corato ricordava le 288 violazioni riscontrate nel 2009 per accattonaggio molesto. I dati della polizia locale, parlano di 231 multe ai danni di lavavetri. Non è stata pagata nemmeno una. «L’unica cosa che possono fare i vigili, è sequestrare l’incasso delle elemosine». Insieme a bottiglia e spazzolone.
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