giovedì 2 luglio 2009

Intimidazioni Di Pietriste

Cresce lo scontro dietro il quale c'è l'atteso esame sul lodo Alfano. Consulta, sulla cena giudici-Berlusconi il Quirinale esclude interventi. Il Colle: sarebbe un'interferenza nell'autonomia della Corte. Di Pietro: «E' stato l'incontro privato a minarla»

ROMA - Il caso della cena tra due giudici della Corte Costituzionale, che saranno chiamati a giudicare in ottobre il lodo Alfano, insieme a Berlusconi e al ministro della Giustizia, sta producendo una serie di reazioni a catena che non accenna a finire.

IL QUIRINALE - Negli ambienti del Quirinale si è rilevato che non ha alcun fondamento istituzionale la richiesta avanzata da Di Pietro in Parlamento di un intervento del presidente della Repubblica sul comportamento dei due giudici, perché interferirebbe nella sfera di insindacabile autonomia della Corte Costituzionale.

DI PIETRO - Dopo le indiscrezioni trapelate dal Quirinale, è arrivata la replica di Di Pietro, a proposito della sfera di insindacabile autonomia della Corte. «Così viene ribaltata la verità - ha detto il leader dell'Idv - che è un'altra: sono stati i due giudici della Consulta, Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano, a ledere l'autonomia della Corte Costituzionale, rivendicando l'intima amicizia e invitando a cena, ripromettendosi di farlo ancora, l'imputato Silvio Berlusconi, sotto processo per gravi reati, le cui sorti giudiziarie dipendono anche dalle loro decisioni». «Al presidente Napolitano chiediamo, dunque, non di interferire nelle decisioni della Consulta, ma l'esatto contrario, ossia di ripristinare la credibilità e la sacralità di questo organo costituzionale, compito che spetta solo a lui in quanto garante della Costituzione».

IL GIUDICE NAPOLITANO: «DA DI PIETRO UN'INTIMIDAZIONE» - Il giudice costituzionale Paolo Maria Napolitano, anche lui presente alla cena con Berlusconi e Alfano attaccata da Di Pietro, come del resto il suo collega Luigi Mazzella, non ha alcuna intenzione di astenersi dalla seduta della Corte che il 6 ottobre deciderà sul lodo Alfano. Anzi, contattato telefonicamente dall'Ansa, Napolitano dice di ritenere che la richiesta di dimissioni, avanzata dall'Idv nei confronti dei due giudici che hanno partecipato alla cena con il premier Berlusconi e con il ministro della Giustizia Alfano, «possa essere interpretata come un tentativo di intimidazione». E giudica una «reazione spropositata» quella suscitata dalla notizia della cena col premier. Se gli si chiede a quale genere di intimidazione si riferisca, Napolitano spiega: «Non sono un dietrologo. Sto ai fatti, e cioè che c'è stata una reazione violenta e sproporzionata rispetto al tipo di contestazione. E la contestazione quale era? Quella di essere andato a cena col presidente del consiglio in carica?» Secondo Napolitano, consigliere di Stato ex capo di gabinetto di Gianfranco Fini, nominato giudice costituzionale dal Parlamento nel 2006, «è chiaro che un giudice di Tribunale non può andare a cena, pranzo o colazione con persone che deve giudicare. Ma in questo caso è diverso: noi - sottolinea - non giudichiamo mica il presidente del Consiglio dei ministri, noi giudichiamo sulle leggi».

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