E così alla Banca Centrale Europea hanno ben pensato di scioperare contro minimi tagli decisi ai benefit dei dipendenti. Onestamente questa istantanea mancava nell’album delle fotografie di questa crisi e, a dir la verità, anche se si tratta quanto meno di una novità assoluta, non se ne sentiva alcun bisogno. Ma come? Avevamo ancora davanti agli occhi il presidente della Bce, il francese Jean Claude Trichet, ammonire, con il dito puntato, sulla necessità della moderazione salariale, invito ripetuto più o meno ad ogni suo discorso da tre anni a questa parte, con un codazzo di personale della Banca che annuiva vigorosamente ai severi moniti del capo ed ora, non appena anche a loro si chiede un minimo sacrificio, si incrociano le braccia? C’è di che rimanere allibiti. Facciamo subito chiarezza: non abbiamo mai avuto nessun pregiudizio sui livelli salariali: non c’è niente di male ad avere un alto stipendio (tra chi sciopera c’è anche chi guadagna 10mila euro al mese), se però stiamo parlando di denari pubblici bisogna necessariamente vedere se ci sono stati risultati misurabili e se il mercato del lavoro giustifica elevati livelli retributivi. Sulla bontà dei risultati ottenuti dalla Bce è meglio stendere un velo pietoso: come dimenticare l’aumento dei tassi nel maggio 2008, ormai in piena crisi, per inesistenti «timori di inflazione»? Possiamo forse sorvolare sulla totale inazione nei confronti delle centinaia di miliardi che, in momenti di tensione monetaria acuta, venivano ridepositati nottetempo nei forzieri della banca invece di essere prestati a chi ne aveva bisogno, e tale deposito riceveva persino una buona remunerazione? In pratica lo stesso comportamento di chi, incaricato di sfamare i bisognosi, distribuisse cibo per poi ricomprarselo alla sera. Tutto questo senza il minimo rischio di responsabilità, grazie all’assoluta indipendenza di cui gode la Banca Centrale. Se non ci fosse stato l’intervento pesantissimo dei Governi, con prestiti e nazionalizzazioni per ristabilire la fiducia nella solidità delle banche, a quest’ora la Bce sarebbe probabilmente in frantumi insieme all’intero sistema del credito. Quello stesso credito malato che una vigilanza quanto meno miope, affidata proprio a quegli stessi che ieri scioperavano, ha consentito che accumulasse rischi paurosi fino ad arrivare vicini al punto di non ritorno Si potrebbe tuttavia obiettare che la Bce non è solo decisioni di vertice, ma che al suo interno vi sono sicuramente professionalità che magari svolgono bene il proprio lavoro. Verissimo. Però non rendersi conto di come quelle poltrone, nell’ovattata torre di Francoforte, siano diventate ormai un enorme privilegio è da irresponsabili. La scure dei licenziamenti si è abbattuta in tutta Europa sul personale delle banche d’affari in modo pesantissimo e se la Bce bandisse oggi un concorso per rimpiazzare uno qualsiasi dei ruoli che ieri sono scesi in strada a scioperare, si può scommettere che i curricula qualificati seppellirebbero il palazzo, per alto che sia. La credibilità si conquista con le grandi azioni ma anche con le piccole cose: adesso che gli euroburocrati si sono divertiti persino a giocare al piccolo sindacalista, conviene che tornino al lavoro, e in fretta, domani la poltrona potrebbe non esserci più.
giovedì 4 giugno 2009
Poverini!
Sciopero alla Bce, guadagnano "solo" 10mila euro (netti) al mese di Claudio Borghi
E così alla Banca Centrale Europea hanno ben pensato di scioperare contro minimi tagli decisi ai benefit dei dipendenti. Onestamente questa istantanea mancava nell’album delle fotografie di questa crisi e, a dir la verità, anche se si tratta quanto meno di una novità assoluta, non se ne sentiva alcun bisogno. Ma come? Avevamo ancora davanti agli occhi il presidente della Bce, il francese Jean Claude Trichet, ammonire, con il dito puntato, sulla necessità della moderazione salariale, invito ripetuto più o meno ad ogni suo discorso da tre anni a questa parte, con un codazzo di personale della Banca che annuiva vigorosamente ai severi moniti del capo ed ora, non appena anche a loro si chiede un minimo sacrificio, si incrociano le braccia? C’è di che rimanere allibiti. Facciamo subito chiarezza: non abbiamo mai avuto nessun pregiudizio sui livelli salariali: non c’è niente di male ad avere un alto stipendio (tra chi sciopera c’è anche chi guadagna 10mila euro al mese), se però stiamo parlando di denari pubblici bisogna necessariamente vedere se ci sono stati risultati misurabili e se il mercato del lavoro giustifica elevati livelli retributivi. Sulla bontà dei risultati ottenuti dalla Bce è meglio stendere un velo pietoso: come dimenticare l’aumento dei tassi nel maggio 2008, ormai in piena crisi, per inesistenti «timori di inflazione»? Possiamo forse sorvolare sulla totale inazione nei confronti delle centinaia di miliardi che, in momenti di tensione monetaria acuta, venivano ridepositati nottetempo nei forzieri della banca invece di essere prestati a chi ne aveva bisogno, e tale deposito riceveva persino una buona remunerazione? In pratica lo stesso comportamento di chi, incaricato di sfamare i bisognosi, distribuisse cibo per poi ricomprarselo alla sera. Tutto questo senza il minimo rischio di responsabilità, grazie all’assoluta indipendenza di cui gode la Banca Centrale. Se non ci fosse stato l’intervento pesantissimo dei Governi, con prestiti e nazionalizzazioni per ristabilire la fiducia nella solidità delle banche, a quest’ora la Bce sarebbe probabilmente in frantumi insieme all’intero sistema del credito. Quello stesso credito malato che una vigilanza quanto meno miope, affidata proprio a quegli stessi che ieri scioperavano, ha consentito che accumulasse rischi paurosi fino ad arrivare vicini al punto di non ritorno Si potrebbe tuttavia obiettare che la Bce non è solo decisioni di vertice, ma che al suo interno vi sono sicuramente professionalità che magari svolgono bene il proprio lavoro. Verissimo. Però non rendersi conto di come quelle poltrone, nell’ovattata torre di Francoforte, siano diventate ormai un enorme privilegio è da irresponsabili. La scure dei licenziamenti si è abbattuta in tutta Europa sul personale delle banche d’affari in modo pesantissimo e se la Bce bandisse oggi un concorso per rimpiazzare uno qualsiasi dei ruoli che ieri sono scesi in strada a scioperare, si può scommettere che i curricula qualificati seppellirebbero il palazzo, per alto che sia. La credibilità si conquista con le grandi azioni ma anche con le piccole cose: adesso che gli euroburocrati si sono divertiti persino a giocare al piccolo sindacalista, conviene che tornino al lavoro, e in fretta, domani la poltrona potrebbe non esserci più.
E così alla Banca Centrale Europea hanno ben pensato di scioperare contro minimi tagli decisi ai benefit dei dipendenti. Onestamente questa istantanea mancava nell’album delle fotografie di questa crisi e, a dir la verità, anche se si tratta quanto meno di una novità assoluta, non se ne sentiva alcun bisogno. Ma come? Avevamo ancora davanti agli occhi il presidente della Bce, il francese Jean Claude Trichet, ammonire, con il dito puntato, sulla necessità della moderazione salariale, invito ripetuto più o meno ad ogni suo discorso da tre anni a questa parte, con un codazzo di personale della Banca che annuiva vigorosamente ai severi moniti del capo ed ora, non appena anche a loro si chiede un minimo sacrificio, si incrociano le braccia? C’è di che rimanere allibiti. Facciamo subito chiarezza: non abbiamo mai avuto nessun pregiudizio sui livelli salariali: non c’è niente di male ad avere un alto stipendio (tra chi sciopera c’è anche chi guadagna 10mila euro al mese), se però stiamo parlando di denari pubblici bisogna necessariamente vedere se ci sono stati risultati misurabili e se il mercato del lavoro giustifica elevati livelli retributivi. Sulla bontà dei risultati ottenuti dalla Bce è meglio stendere un velo pietoso: come dimenticare l’aumento dei tassi nel maggio 2008, ormai in piena crisi, per inesistenti «timori di inflazione»? Possiamo forse sorvolare sulla totale inazione nei confronti delle centinaia di miliardi che, in momenti di tensione monetaria acuta, venivano ridepositati nottetempo nei forzieri della banca invece di essere prestati a chi ne aveva bisogno, e tale deposito riceveva persino una buona remunerazione? In pratica lo stesso comportamento di chi, incaricato di sfamare i bisognosi, distribuisse cibo per poi ricomprarselo alla sera. Tutto questo senza il minimo rischio di responsabilità, grazie all’assoluta indipendenza di cui gode la Banca Centrale. Se non ci fosse stato l’intervento pesantissimo dei Governi, con prestiti e nazionalizzazioni per ristabilire la fiducia nella solidità delle banche, a quest’ora la Bce sarebbe probabilmente in frantumi insieme all’intero sistema del credito. Quello stesso credito malato che una vigilanza quanto meno miope, affidata proprio a quegli stessi che ieri scioperavano, ha consentito che accumulasse rischi paurosi fino ad arrivare vicini al punto di non ritorno Si potrebbe tuttavia obiettare che la Bce non è solo decisioni di vertice, ma che al suo interno vi sono sicuramente professionalità che magari svolgono bene il proprio lavoro. Verissimo. Però non rendersi conto di come quelle poltrone, nell’ovattata torre di Francoforte, siano diventate ormai un enorme privilegio è da irresponsabili. La scure dei licenziamenti si è abbattuta in tutta Europa sul personale delle banche d’affari in modo pesantissimo e se la Bce bandisse oggi un concorso per rimpiazzare uno qualsiasi dei ruoli che ieri sono scesi in strada a scioperare, si può scommettere che i curricula qualificati seppellirebbero il palazzo, per alto che sia. La credibilità si conquista con le grandi azioni ma anche con le piccole cose: adesso che gli euroburocrati si sono divertiti persino a giocare al piccolo sindacalista, conviene che tornino al lavoro, e in fretta, domani la poltrona potrebbe non esserci più.
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