Lanciati contro gli studenti e i riformisti di Mousavi. Iran: l'apparato repressivo del regime. Pasdaran e basij sono i due «cani da guardia» della rivoluzione khomeinista e del potere teocratico sciita
WASHINGTON – Al regime iraniano non mancano certo le forze per reprimere in modo feroce la protesta popolare. Sin dai primi giorni della rivoluzione, nel 1979, i mullah hanno costruito un duplice apparato. Il primo è composto dalla polizia e dai guardiani della rivoluzione. I pasdaran sono l’anima della teocrazia o come diceva Khomeini «il sangue della rivoluzione». Risoluti, pronti a tutto, i guardiani sono «uno Stato nello Stato». E come tali hanno mezzi a sufficienza – decine di migliaia di uomini – e carta bianca per intervenire. Si battono non solo per proteggere il potere ma anche per i loro interessi economici, visto che possiedono centinaia di imprese.
Il secondo perno repressivo è rappresentato dalle milizie. Innanzitutto i basij, oltre un milione di «volontari», legati ai pasdaran. Creati nel 1979 e impiegati a ondate contro l’esercito iracheno, sono stati poi convertiti in massa di manovra dal regime. Se c’è da controllare la «piazza», gli ayatollah mobilitano i basij, che operano in borghese armati di catene, coltelli e bastoni. Alcuni reparti utilizzano motociclette per spostarsi rapidamente da un punto all’altra della città. Una vecchia tradizione quella delle moto che risale al conflitto Iran-Iraq e all’intervento in Libano ed è stata poi piegata alle esigenze di sicurezza.
Il ruolo dei basij è importante perché permette ai mullah di presentarli come «difensori spontanei» della rivoluzione. Inoltre, agendo al fianco dei pasdaran, sono disponibili per qualsiasi tipo di operazione. In nome della legge oppure in modo clandestino. Non diversa è la funzione degli Ansar Allah, altra organizzazione che il potere ha lanciato negli attacchi contro gli oppositori e in particolare gli studenti universitari. Dietro le quinte, infine, operano i servizi segreti – la Vevak - ai quali spetta la missione di neutralizzare gli avversari considerati più pericolosi. La storia della Repubblica islamica è segnata dall’eliminazione all’interno del Paese e all’estero di decine di oppositori. Uccisi da killer o fatti «suicidare» in carcere.
Guido Olimpio
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