sabato 13 giugno 2009

Dimenticanze

Islam ed Occidente. Le omissioni di Obama di Maurizio De Santis

Memorabile il discorso di Obama. Milioni di persone, con le mani spellate, a causa della strepitosa serie di salamelecchi, indirizzati al mondo arabo-musulmano, in quel del Cairo. La pretesa di Obama, a detta di molti politologi, prossimi alla rantolante sinistra intellettuale europoide, sarebbe quella di isolare gli islamisti; povere anime accecate da una lettura troppo “letterale” delle “sure” del Sacro libro. Sure che, invero, tendono a dispensare, in modo alterno, miele e fiele, alla stregua di uno scritto veterotestamentario (quella parte della Bibbia dove Dio è sempre incavolato). E così, per il caro Obama, alla civiltà arabo-musulmana appartiene il “primato” dello sviluppo umano. Il resto del mondo, inesorabilmente a traino. Questo è il nuovo “riflesso di Pavlov” di professori, storici e tuttologi di ogni dove. Insomma, una civiltà capace di cancellare le tenebre, senza mutuare nulla da chi fosse campato prima. Un capolavoro creazionista che sarebbe riuscito difficile anche al massimo abitante dei piani alti. Sarà stato certamente per sensibilità contingente, dimenticare che l'islam ereditò praticamente tutto dal mondo ellenistico. Conquistato l’Egitto, i musulmani arabi misero le mani su Alessandria, in quel momento specifico, centro del mondo intellettuale. Il posto dove esisteva una proto-università, le vestigia di una biblioteca ancora mitica, la scuola di medicina più avanzata del Mediterraneo. Dall’India ereditarono i numeri, sui quali poi svilupparono una matematica straordinaria. Tutto perfetto. Prima, tabula rasa. Lo schiavismo? Viziaccio europeo. Anche se a catturare gli antenati del presidente statunitense, furono proprio degli scaltri signori arabo-musulmani che, alla tratta atlantica della schiavitù, contrapposero un mondo altrettanto crudele e sanguinario. Obama ha (volutamente?) obliato di ricordare che, l’indiscussa diffidenza fra Occidente e Mondo islamico, essa è sempre stata squisitamente simmetrica. Alimentata prima dalle rispettive dogmatiche religiose. E, dopo, da un complesso di superiorità culturale Occidentale (contrapposto ad una terribile frustrazione sull’altra sponda). Gli uditori, a loro volta, avrebbero fatto bene a chiedersi perché una civiltà di questo tipo, sia crollata su se stessa alla prima “scoppola” mollata, non troppo bonariamente, dai turchi Selgiuchidi. Non furono certo le crociate a preoccupare i nipoti di Maometto, visto che tutte, eccetto una, finirono sempre piuttosto malamente. Quello che è vietato dire, invece, è che questo declino ha specifiche cause endogene alla stessa società islamica. Ingessata dalla scomparsa (violenta) dei riformatori Mutaziliti e condannata ad una cristallizzazione che, ancora oggi, si perpetua. Molti dei paesi arabi contemporanei sono in una stagnazione, politica, culturale ed economica, che la sola piaga coloniale non può giustificare. Privati dell’opportunità illuministica, essi hanno finora fallito la loro rivoluzione in­terna, incapaci di separare Stato e religione. Il fondamentalismo religioso è il “fondo del barile”, l’implosione di società le cui istituzioni so­no fondate su principi spesso esclusi­vamente religiosi. La fortuna del petrolio ha dato a molte di queste società una centralità insperata, destinata a tramontare con l’estinguersi di questa risorsa. Ma anche una massa di ricchezza sufficiente a trasmettere non solo il messaggio religioso, ma di riproporre un modello sociale ampiamente bocciato dalla storia.Il mondo arabo musulmano, Obama o non Obama, dovrà presto confrontarsi con il proprio “vetero-papismo”, un modello clericale che lo costringe da quasi un millennio (molto prima del colonialismo), a confrontarsi con un mondo che viaggia a velocità doppia della sua (quando va bene). E per uscirne, probabilmente, dovrà affidarsi alle vivaci, ma sparute avanguardie intellettuali di musulmani (spesso rifugiati). Che, piaccia o no, dovranno tradire molti dei suoi riferimenti legati all’intangibilità del Corano. Inshallah, s’intende.

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