giovedì 25 giugno 2009

Sicurezza

Striscia la giustizia - Napoli, le ronde, la camorra di Mauro Mellini

Volete le “ronde”? Eccovele. A Napoli qualcuno deve aver pensato e detto così. Eccovele anche qui, mica solo a Como, a Treviso, a Milano. Ronde d.o.c., prodotto tipico partenopeo, mica semplice imitazione di quelli lassù. E se in Padania a fare le ronde ci andranno pensionati, magari ex Carabinieri e Poliziotti, gente che deve trovare il modo di passare il tempo senza malinconiche e lunghe soste sulle panchine dei giardinetti, a Napoli, dove anche i pensionati sono, spesso, dei post-disoccupati e come i disoccupati “s’hanno d’arrangià”, anche le ronde debbono essere un’occasione per “arrangiarsi”, non per passare il tempo rendendosi utili “dandose un pò da fà”. I disoccupati napoletani sono i più “attivi” del mondo. La loro disoccupazione è “organizzata”, le loro manifestazioni, clamorose e devastanti. Tra i disoccupati, in prima fila, gli ex detenuti, disoccupati in quanto tali, organizzati in quanto disoccupati, ché, altrimenti, dovrebbero anche loro cercare, magari invano, “de faticà”. Dunque le ronde. Con i disoccupati, ché quelli che “faticano” la notte devono dormire. Ed in prima fila, naturalmente, gli ex detenuti, tra tutti i disoccupati i più disoccupati (così sembra). Le “ronde” napoletane saranno fatte di componenti di non so quale cooperativa di ex detenuti. Alla loro sagacia è affidata la sicurezza dei cittadini, quella dei loro averi, delle loro case. La storia, in fondo, si ripete. Quando Francesco II di Borbone, incalzato da Garibaldi, scappò da Napoli, dove si attendeva l’arrivo dell’Eroe, che effettivamente vi giunse dopo qualche giorno con un treno speciale da Salerno, Don Liborio Romano, personaggio troppo poco noto e studiato, che tra tutti quelli di quel magico 1860, si direbbe abbia lasciato più profonda traccia di sé e fatto più duratura scuola alla futura classe dirigente dell’Italia Unita, provvide al mantenimento dell’ordine, essenziale per non provocare interventi indesiderati e per non dare esca a manovre delle potenze europee, affidandone la custodia alla camorra, nominando delegati, di P.S. i capibastone ed agenti i “guaglione ‘e malavita”. Funzionò alla perfezione. Garibaldi trovò una città ordinata e, come oggi si direbbe, “sicura”. Non so, in quell’occasione, come si comportarono le spie, tali al servizio della polizia borbonica e in procinto di passare a quello della polizia regia. A Palermo, durante e dopo le eroiche giornate delle barricate e tra le bombe spedite da Palazzo Reale e da Castellammare furono linciati parecchi “surici” topi, come venivano chiamate le spie. Mancava ancora la cultura della legalità.

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