Mentre trascorrevano le ore senza informazioni certe sulla sorte dell’airbus Air France scomparso nel nulla il 1° giugno scorso sulla rotta Rio de Janeiro-Parigi, il timore che si trattasse di un nuovo atto terroristico è venuto a molti. Quando poi si è fatta strada l’ipotesi di un’esplosione in volo, sapere che il Brasile non è un obiettivo sensibile e che nessuno rivendicava l’eventuale attentato non è bastato a fugare i sospetti: non per chi segue con attenzione il fenomeno del terrorismo internazionale fin dagli inizi. È tornata infatti alla mente l’esplosione verificatasi l’11 dicembre 1994 sul volo 434 Manila-Cebu-Tokyo della Philippine Airlines: un episodio agghiacciante in seguito al quale, molto prima dell’11 settembre, il mondo ha scoperto che i terroristi islamici hanno la passione per gli attentati spettacolari, che nulla sembra loro più sensazionale che far esplodere gli aerei in cielo e che, per verificare l’efficacia dei loro ordigni, non esitano a provarli scegliendo a caso luogo e vittime. Il responsabile dell’esplosione su quell’aereo è Ramzi Yousef, un terrorista di origine pachistana, nato in Kuwait, addestrato in Afghanistan durante il regime dei talebani nei campi allestiti da al Qaeda dove imparò a maneggiare gli esplosivi. Si deve a lui l’invenzione delle micro-bombe da usare in aereo, quelle che per dimensioni e componenti possono superare i controlli di sicurezza e stanno in una scarpa. Nel 1994, dopo un fallito attentato alla leader pachistana Benazir Bhutto, e mentre organizzava l’uccisione dell’allora presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton (progetto al quale in seguito rinunciò optando invece per un attentato al papa da realizzarsi in occasione della visita di Giovanni Paolo II nelle Filippine), Yousef elaborò il “piano Bojinka”. Il 21 gennaio 1995 cinque uomini da lui reclutati e addestrati avrebbero installato 11 bombe su altrettanti aerei, appartenenti a compagnie americane e quasi tutti diretti verso gli USA, in modo che esplodessero simultaneamente mentre sorvolavano l’oceano Pacifico provenienti da diversi scali asiatici. “Maibos”, questo è il nome in codice di uno degli attentatori, avrebbe piazzato su un volo della United Airlines da Taipei a Tokyo una bomba programmata per esplodere nella tratta successiva, da Tokyo a Los Angeles; nel frattempo “Mirqas”, un altro attentatore, avrebbe collocato una bomba sul volo da Manila a Seul, sempre della United Airlines, che sarebbe esplosa durante il volo successivo da Seul a San Francisco; e così via. Per collaudare l’ultima versione delle sue micro-bombe e verificare la qualità e la quantità di esplosivo necessarie a danneggiare seriamente un aereo, il 9 dicembre 1994 Ramzi Yousef acquistò un biglietto di sola andata da Manila a Cebu, sul volo Manila-Cebu-Tokyo dell’11 dicembre. Due giorni dopo superò senza problemi i controlli di sicurezza dell’aeroporto di Manila indossando un paio di scarpe esplosive. Nel tratto Manila-Cebu innescò la bomba nella toilette, poi tornò al suo posto e la nascose nel giubbotto salvagente sotto il sedile. Scese a Cebu e rientrò a Manila. La carica di esplosivo non bastò a distruggere l’aereo, ma causò la morte dello sfortunato passeggero al quale era stato assegnato il posto di Yousef nel tratto Cebu-Tokyo. I dettagli del “piano Bojinka” sono stati scoperti sul file di un computer trovato pochi giorni dopo nel suo appartamento di Manila, situato sulla strada che Paolo Giovanni II avrebbe percorso all’arrivo nelle Filippine, e che Yousef dovette abbandonare precipitosamente per evitare di essere scoperto e arrestato dai vigili del fuoco chiamati dal portiere dello stabile a spegnere un piccolo incendio da lui provocato mentre scaldava in cucina delle sostanze chimiche. Questo incidente mise fine alla sua carriera. Fu arrestato il 7 febbraio del 1995 a Islamabad, Pakistan, e trasferito negli USA dagli agenti che da anni erano sulle sue tracce. Yousef infatti è anche l’uomo che nel 1993 ideò e mise a segno il primo attentato al World Trade Center. Per questo reato fu condannato nel 1997 a 240 anni di reclusione, pena che sta tuttora scontando in un carcere speciale del Colorado. Un particolare della storia di Yousef, raccontata con un’ampia documentazione delle fonti dal giornalista Simon Reeve nel libro “I nuovi sciacalli” (Bompiani, 2001), è di particolare interesse per l’Italia. Ramzi Yousef comprò il biglietto aereo Manila-Cebu presso un’agenzia di viaggi al Century Park Hotel, nel distretto Malate di Manila, mostrando all’agente di viaggio un passaporto italiano a nome di Arnaldo Forlani e spiegando di essere un parlamentare italiano in visita al paese.
sabato 13 giugno 2009
Terrorismo islamico
Perché ogni aereo è a rischio attentati. Ramzi Yousef, il terrorista con il passaporto italiano (di Arnaldo Forlani) di Anna Bono
Mentre trascorrevano le ore senza informazioni certe sulla sorte dell’airbus Air France scomparso nel nulla il 1° giugno scorso sulla rotta Rio de Janeiro-Parigi, il timore che si trattasse di un nuovo atto terroristico è venuto a molti. Quando poi si è fatta strada l’ipotesi di un’esplosione in volo, sapere che il Brasile non è un obiettivo sensibile e che nessuno rivendicava l’eventuale attentato non è bastato a fugare i sospetti: non per chi segue con attenzione il fenomeno del terrorismo internazionale fin dagli inizi. È tornata infatti alla mente l’esplosione verificatasi l’11 dicembre 1994 sul volo 434 Manila-Cebu-Tokyo della Philippine Airlines: un episodio agghiacciante in seguito al quale, molto prima dell’11 settembre, il mondo ha scoperto che i terroristi islamici hanno la passione per gli attentati spettacolari, che nulla sembra loro più sensazionale che far esplodere gli aerei in cielo e che, per verificare l’efficacia dei loro ordigni, non esitano a provarli scegliendo a caso luogo e vittime. Il responsabile dell’esplosione su quell’aereo è Ramzi Yousef, un terrorista di origine pachistana, nato in Kuwait, addestrato in Afghanistan durante il regime dei talebani nei campi allestiti da al Qaeda dove imparò a maneggiare gli esplosivi. Si deve a lui l’invenzione delle micro-bombe da usare in aereo, quelle che per dimensioni e componenti possono superare i controlli di sicurezza e stanno in una scarpa. Nel 1994, dopo un fallito attentato alla leader pachistana Benazir Bhutto, e mentre organizzava l’uccisione dell’allora presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton (progetto al quale in seguito rinunciò optando invece per un attentato al papa da realizzarsi in occasione della visita di Giovanni Paolo II nelle Filippine), Yousef elaborò il “piano Bojinka”. Il 21 gennaio 1995 cinque uomini da lui reclutati e addestrati avrebbero installato 11 bombe su altrettanti aerei, appartenenti a compagnie americane e quasi tutti diretti verso gli USA, in modo che esplodessero simultaneamente mentre sorvolavano l’oceano Pacifico provenienti da diversi scali asiatici. “Maibos”, questo è il nome in codice di uno degli attentatori, avrebbe piazzato su un volo della United Airlines da Taipei a Tokyo una bomba programmata per esplodere nella tratta successiva, da Tokyo a Los Angeles; nel frattempo “Mirqas”, un altro attentatore, avrebbe collocato una bomba sul volo da Manila a Seul, sempre della United Airlines, che sarebbe esplosa durante il volo successivo da Seul a San Francisco; e così via. Per collaudare l’ultima versione delle sue micro-bombe e verificare la qualità e la quantità di esplosivo necessarie a danneggiare seriamente un aereo, il 9 dicembre 1994 Ramzi Yousef acquistò un biglietto di sola andata da Manila a Cebu, sul volo Manila-Cebu-Tokyo dell’11 dicembre. Due giorni dopo superò senza problemi i controlli di sicurezza dell’aeroporto di Manila indossando un paio di scarpe esplosive. Nel tratto Manila-Cebu innescò la bomba nella toilette, poi tornò al suo posto e la nascose nel giubbotto salvagente sotto il sedile. Scese a Cebu e rientrò a Manila. La carica di esplosivo non bastò a distruggere l’aereo, ma causò la morte dello sfortunato passeggero al quale era stato assegnato il posto di Yousef nel tratto Cebu-Tokyo. I dettagli del “piano Bojinka” sono stati scoperti sul file di un computer trovato pochi giorni dopo nel suo appartamento di Manila, situato sulla strada che Paolo Giovanni II avrebbe percorso all’arrivo nelle Filippine, e che Yousef dovette abbandonare precipitosamente per evitare di essere scoperto e arrestato dai vigili del fuoco chiamati dal portiere dello stabile a spegnere un piccolo incendio da lui provocato mentre scaldava in cucina delle sostanze chimiche. Questo incidente mise fine alla sua carriera. Fu arrestato il 7 febbraio del 1995 a Islamabad, Pakistan, e trasferito negli USA dagli agenti che da anni erano sulle sue tracce. Yousef infatti è anche l’uomo che nel 1993 ideò e mise a segno il primo attentato al World Trade Center. Per questo reato fu condannato nel 1997 a 240 anni di reclusione, pena che sta tuttora scontando in un carcere speciale del Colorado. Un particolare della storia di Yousef, raccontata con un’ampia documentazione delle fonti dal giornalista Simon Reeve nel libro “I nuovi sciacalli” (Bompiani, 2001), è di particolare interesse per l’Italia. Ramzi Yousef comprò il biglietto aereo Manila-Cebu presso un’agenzia di viaggi al Century Park Hotel, nel distretto Malate di Manila, mostrando all’agente di viaggio un passaporto italiano a nome di Arnaldo Forlani e spiegando di essere un parlamentare italiano in visita al paese.
Mentre trascorrevano le ore senza informazioni certe sulla sorte dell’airbus Air France scomparso nel nulla il 1° giugno scorso sulla rotta Rio de Janeiro-Parigi, il timore che si trattasse di un nuovo atto terroristico è venuto a molti. Quando poi si è fatta strada l’ipotesi di un’esplosione in volo, sapere che il Brasile non è un obiettivo sensibile e che nessuno rivendicava l’eventuale attentato non è bastato a fugare i sospetti: non per chi segue con attenzione il fenomeno del terrorismo internazionale fin dagli inizi. È tornata infatti alla mente l’esplosione verificatasi l’11 dicembre 1994 sul volo 434 Manila-Cebu-Tokyo della Philippine Airlines: un episodio agghiacciante in seguito al quale, molto prima dell’11 settembre, il mondo ha scoperto che i terroristi islamici hanno la passione per gli attentati spettacolari, che nulla sembra loro più sensazionale che far esplodere gli aerei in cielo e che, per verificare l’efficacia dei loro ordigni, non esitano a provarli scegliendo a caso luogo e vittime. Il responsabile dell’esplosione su quell’aereo è Ramzi Yousef, un terrorista di origine pachistana, nato in Kuwait, addestrato in Afghanistan durante il regime dei talebani nei campi allestiti da al Qaeda dove imparò a maneggiare gli esplosivi. Si deve a lui l’invenzione delle micro-bombe da usare in aereo, quelle che per dimensioni e componenti possono superare i controlli di sicurezza e stanno in una scarpa. Nel 1994, dopo un fallito attentato alla leader pachistana Benazir Bhutto, e mentre organizzava l’uccisione dell’allora presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton (progetto al quale in seguito rinunciò optando invece per un attentato al papa da realizzarsi in occasione della visita di Giovanni Paolo II nelle Filippine), Yousef elaborò il “piano Bojinka”. Il 21 gennaio 1995 cinque uomini da lui reclutati e addestrati avrebbero installato 11 bombe su altrettanti aerei, appartenenti a compagnie americane e quasi tutti diretti verso gli USA, in modo che esplodessero simultaneamente mentre sorvolavano l’oceano Pacifico provenienti da diversi scali asiatici. “Maibos”, questo è il nome in codice di uno degli attentatori, avrebbe piazzato su un volo della United Airlines da Taipei a Tokyo una bomba programmata per esplodere nella tratta successiva, da Tokyo a Los Angeles; nel frattempo “Mirqas”, un altro attentatore, avrebbe collocato una bomba sul volo da Manila a Seul, sempre della United Airlines, che sarebbe esplosa durante il volo successivo da Seul a San Francisco; e così via. Per collaudare l’ultima versione delle sue micro-bombe e verificare la qualità e la quantità di esplosivo necessarie a danneggiare seriamente un aereo, il 9 dicembre 1994 Ramzi Yousef acquistò un biglietto di sola andata da Manila a Cebu, sul volo Manila-Cebu-Tokyo dell’11 dicembre. Due giorni dopo superò senza problemi i controlli di sicurezza dell’aeroporto di Manila indossando un paio di scarpe esplosive. Nel tratto Manila-Cebu innescò la bomba nella toilette, poi tornò al suo posto e la nascose nel giubbotto salvagente sotto il sedile. Scese a Cebu e rientrò a Manila. La carica di esplosivo non bastò a distruggere l’aereo, ma causò la morte dello sfortunato passeggero al quale era stato assegnato il posto di Yousef nel tratto Cebu-Tokyo. I dettagli del “piano Bojinka” sono stati scoperti sul file di un computer trovato pochi giorni dopo nel suo appartamento di Manila, situato sulla strada che Paolo Giovanni II avrebbe percorso all’arrivo nelle Filippine, e che Yousef dovette abbandonare precipitosamente per evitare di essere scoperto e arrestato dai vigili del fuoco chiamati dal portiere dello stabile a spegnere un piccolo incendio da lui provocato mentre scaldava in cucina delle sostanze chimiche. Questo incidente mise fine alla sua carriera. Fu arrestato il 7 febbraio del 1995 a Islamabad, Pakistan, e trasferito negli USA dagli agenti che da anni erano sulle sue tracce. Yousef infatti è anche l’uomo che nel 1993 ideò e mise a segno il primo attentato al World Trade Center. Per questo reato fu condannato nel 1997 a 240 anni di reclusione, pena che sta tuttora scontando in un carcere speciale del Colorado. Un particolare della storia di Yousef, raccontata con un’ampia documentazione delle fonti dal giornalista Simon Reeve nel libro “I nuovi sciacalli” (Bompiani, 2001), è di particolare interesse per l’Italia. Ramzi Yousef comprò il biglietto aereo Manila-Cebu presso un’agenzia di viaggi al Century Park Hotel, nel distretto Malate di Manila, mostrando all’agente di viaggio un passaporto italiano a nome di Arnaldo Forlani e spiegando di essere un parlamentare italiano in visita al paese.
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