Che cosa ti ha ispirato la stesura di "Italo-Marocchina"? Quando ho scritto il libro, mi trovavo in un periodo di transizione e di cambiamenti. Ho sentito il bisogno di sedermi e scrivere le esperienze che avevo accumulato fino ad allora. Desideravo pubblicare un libro in cui i figli di immigrati potessero identificarsi, dato che in Italia non esistono modelli per loro. Negli anni, i media italiani hanno creato dei personaggi fittizi, che in Francia vengono chiamati i musulmans de service (i musulmani di servizio), che hanno soltanto il compito di recitare la parte dell'arabo e del musulmano. Così, mentre il quindicenne di origine marocchina cercava di integrarsi, i mezzi di comunicazione gli offrivano modelli di identità confusi, che poco avevano a che fare con la stessa cultura dei suoi padri e che lo ghettizzavano in un figura stereotipata dell'arabo. In realtà, in Europa, non c’è niente di più diverso di due musulmani.
Personaggi, fatti ed esperienze che appaiono nel libro sono tutti reali? Sì. Gli amori, le tragedie, le violenze che ho descritto sono tutte accadute. Ho soltanto cambiato i nomi dei protagonisti. Volevo raccontare uno spaccato di vita vissuta, senza censure, per descrivere un mondo, quello dell'immigrato, di cui tanto si parla in Italia, ma che in realtà si conosce poco. Questo risultato si poteva ottenere soltanto scrivendo la pura realtà.
Quali erano i consigli ricorrenti di chi ti ha aiutato nella stesura? Nessuno mi ha aiutato quando ho scritto il libro. L'ho scritto di getto in due settimane. Ho scritto per ore intere, e uscivo soltanto per fare la spesa. A farmi compagnia nella stesura c'erano soltanto le musiche marocchine della mia infanzia, che mi hanno aiutato a tirare fuori i ricordi. Il manoscritto è rimasto in un cassetto per vari mesi, fino a quando ho incontrato Dan Segre a Gerusalemme. Dopo avere letto il testo ed essersi appassionato alle storie che raccontavo, Segre lo ha presentato alla casa editrice Diabasis, che ha creduto in me e ha deciso di pubblicarlo.
In Italia quanto c’è bisogno di conoscere la cultura di chi proviene dai paesi africani? Gli immigrati che vivono in Italia non provengono soltanto dal continente africano. Imparare a conoscere l'altro, che venga dalla Cina, dal Senegal, o dall'Europa dell'Est, è sempre importante, per evitare i luoghi comuni, per avere una percezione reale delle culture dei nuovi immigrati e per aiutare l'integrazione.
Se dovessi scegliere una nazionalità tra quella italiana e quella marocchina, quale sceglieresti? Ho sia la nazionalità italiana, sia quella marocchina. Non rinuncerei a nessuna delle due, perché sarebbe come rinnegare una parte della mia identità.
A parte le differenze profonde di tipo culturale-religioso, pensi che queste due culture possano integrarsi a vicenda? Il Marocco ambisce alla modernizzazione e, negli ultimi anni, sono state promosse varie iniziative in questo senso. Sono già molti i ragazzi marocchini che stanno integrando alla propria cultura quella occidentale. La musica hip-hop ha avuto un boom in Marocco e per molti la Francia è un modello. Esistono, però, gruppi di islamisti che invece vorrebbero portare il paese indietro nel tempo. In un mondo globalizzato è comunque normale che le culture si mescolino e che le persone, viaggiando di più, si innamorino di altre persone provenienti da paesi diversi. Nel mio caso, mio padre, italiano, si è sposato con mia madre, marocchina, e io oggi, sono sposata con un israeliano di fede ebraica. Credo, pertanto, che nel rispetto reciproco le culture si possano integrare e che le differenze possano essere superate.
Tu non sei religiosa, d’accordo, ma se dovessi scegliere una delle tre religioni del Libro, quale sceglieresti? Sono una persona che si definisce laica. Sono cresciuta circondata sia dal Cristianesimo, sia dal'Islam, sia dall'Ebraismo. Rispetto queste tre religioni e chi è credente. Vivendo a Gerusalemme, inoltre, sono quotidianamente a contatto con le tre religioni monoteistiche, e cerco attraverso lo studio di approfondire le interazioni sociali e la loro conoscenza. La cosa importante, per me, è che indipendentemente dalla religione di appartenenza siano garantite a chiunque le libertà di scelta e di azione. Anna Mahjar-Barducci, scrittrice e giornalista, vive a Gerusalemme. Ha lavorato per il capo-redattore del quotidiano arabo «Asharq Al-Awsat», ha scritto per il libanese «Daily Star» e per il giornale saudita «Al-Arabiya». Nel 2007 ha fondato l'Associazione Arabi Democratici Liberali con sede a Roma. "Italo-marocchina. Storie di marocchini in Europa" è il suo primo romanzo.
(Intervista di Andrea Holzer ad Anna Mahjar-Barducci)
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