Una barca in mezzo al mare, una bandierina con scritto Italia. Un cuore grande e dentro una cinquantina di piccoli cuori. Solo i disegni testimoniano che qui ha abitato qualcuno. Ci sono immagini e scritte in arabo, frasi al contrario, lasciate da sdraiati. Dicono della vita e della noia di chi dormiva qui. Ora è tutto vuoto, le porte socchiuse, i letti azzurri chiusi nella plastica. Operatori, soldati, carabinieri, finanzieri, fanno la guardia a un luogo dove si piangeva, si urlava e si bruciavano i materassi ma che ora è un deserto dei Tartari davanti a un mare chiaro come il cielo appena dopo l’alba. Un mare dove gli occhi non cercano più barconi carichi di immigrati. Ecco quello che chiamavano «lager» di Lampedusa, il centro per clandestini più sovraffollato d’Italia. A febbraio, quando andò a fuoco un padiglione, erano 863. Prima chi lavorava qui correva, non dormiva la notte, rispondeva a un milione di domande. Ora, da quella frontiera immaginaria che si chiama orizzonte, si aspettano carrette che probabilmente non arriveranno più. I letti, a castello, sono dodici per camerata. Su una parete ci sono macchie rosso scuro. Accanto a un cuscino ancora una bottiglia di acqua liscia. In infermeria una chitarra poggiata su una sedia. Tutto si è fermato da quando l’Italia ha avviato la politica dei respingimenti in mare con la Libia. Un poco alla volta il centro si è svuotato. Ora il numero degli ospiti è sceso a zero. Il centro è una fortezza Bastiani dove 89 persone rimangono assunte, perché il loro posto è tutelato, ma non stanno più lavorando: sono in attesa di un’invasione che è finita, e forse lo sarà per sempre. Il ministro per le Politiche europee Andrea Ronchi, ieri in visita qui sull’isola, ne è sicuro: «Lampedusa torna la perla del turismo, questo è il risultato del lavoro del governo. L’Europa ci ha lasciati soli, ha fatto da scaricabarile sull’immigrazione, ma siamo riusciti a essere guida in Europa, abbiamo bloccato l’infame commercio di esseri umani». Si torna indietro nel tempo, a prima che iniziassero gli sbarchi, le polemiche, le rivolte: «Possiamo dire che l’isola è stata restituita alla sua comunità». Due volontarie di Save the Children lo avvicinano: anche l’immigrato clandestino dà lavoro, assegna un significato all’esistenza di molti volontari e associazioni. In un certo senso su quest’isola c’è il complesso di esser definiti razzisti, ma i lampedusani non lo sono, tutt’altro: «Gli immigrati non davano fastidio al turismo, nessun turista li vedeva mai», ti dicono quelli che non condividono le politiche del governo. Ma anche se il turista non li vedeva, qui c’era un’angoscia insidiosa: facevi il bagno e sapevi che da qualche parte, su un letto azzurro, c’era qualcuno che aspettava di tornare a casa o di scappare. Ora non c’è quel pensiero di fondo, quel sottile dubbio che in questo mare, al largo, si potesse morire in traversata. «È un’isola diversa, quest’anno ce la godiamo», confermano a Ronchi due ragazzi di Como che fanno il bagno nella spiaggia della Guitgia. Solo che bisogna ripartire da zero. Il turismo quest’anno è crollato «del 50%, le politiche dei trasporti non ci aiutano, il volo da Milano può costare anche 550 euro», mostra i suoi calcoli l’assessore al Turismo Giovanni Sparma: «Le Pelagie sono al collasso. Hanno inciso negativamente le immagini dell’incendio nel centro dello scorso febbraio, proprio nel momento in cui le famiglie si stavano organizzando per le vacanze». Ma «ancora possiamo salvare la stagione - prova a sperare il sindaco, Bernardino de Rubeis, dell’Mpa - Bisogna riportare un po’ di serenità». Ronchi ha garantito che si farà promotore di un tavolo su Lampedusa con il neoministro per il Turismo Michela Vittoria Brambilla. Alla sala operativa della guardia di Finanza lo schermo radar non segnala nessun barcone in arrivo. Un gruppo di pescatori conferma: «Siamo contenti, ma adesso ci vuole un altro passo». E Luigi Solina, pescatore per trent’anni aggiunge: «Bravo Maroni, bravo il governo, ma ora scrivetelo che non ci sono più sbarchi, sono finiti! Bisogna fare un po’ di pubblicità a quest’isola bella».
venerdì 26 giugno 2009
Clandestini
I respingimenti funzionano: Lampedusa senza clandestini di Emanuela Fontana
Una barca in mezzo al mare, una bandierina con scritto Italia. Un cuore grande e dentro una cinquantina di piccoli cuori. Solo i disegni testimoniano che qui ha abitato qualcuno. Ci sono immagini e scritte in arabo, frasi al contrario, lasciate da sdraiati. Dicono della vita e della noia di chi dormiva qui. Ora è tutto vuoto, le porte socchiuse, i letti azzurri chiusi nella plastica. Operatori, soldati, carabinieri, finanzieri, fanno la guardia a un luogo dove si piangeva, si urlava e si bruciavano i materassi ma che ora è un deserto dei Tartari davanti a un mare chiaro come il cielo appena dopo l’alba. Un mare dove gli occhi non cercano più barconi carichi di immigrati. Ecco quello che chiamavano «lager» di Lampedusa, il centro per clandestini più sovraffollato d’Italia. A febbraio, quando andò a fuoco un padiglione, erano 863. Prima chi lavorava qui correva, non dormiva la notte, rispondeva a un milione di domande. Ora, da quella frontiera immaginaria che si chiama orizzonte, si aspettano carrette che probabilmente non arriveranno più. I letti, a castello, sono dodici per camerata. Su una parete ci sono macchie rosso scuro. Accanto a un cuscino ancora una bottiglia di acqua liscia. In infermeria una chitarra poggiata su una sedia. Tutto si è fermato da quando l’Italia ha avviato la politica dei respingimenti in mare con la Libia. Un poco alla volta il centro si è svuotato. Ora il numero degli ospiti è sceso a zero. Il centro è una fortezza Bastiani dove 89 persone rimangono assunte, perché il loro posto è tutelato, ma non stanno più lavorando: sono in attesa di un’invasione che è finita, e forse lo sarà per sempre. Il ministro per le Politiche europee Andrea Ronchi, ieri in visita qui sull’isola, ne è sicuro: «Lampedusa torna la perla del turismo, questo è il risultato del lavoro del governo. L’Europa ci ha lasciati soli, ha fatto da scaricabarile sull’immigrazione, ma siamo riusciti a essere guida in Europa, abbiamo bloccato l’infame commercio di esseri umani». Si torna indietro nel tempo, a prima che iniziassero gli sbarchi, le polemiche, le rivolte: «Possiamo dire che l’isola è stata restituita alla sua comunità». Due volontarie di Save the Children lo avvicinano: anche l’immigrato clandestino dà lavoro, assegna un significato all’esistenza di molti volontari e associazioni. In un certo senso su quest’isola c’è il complesso di esser definiti razzisti, ma i lampedusani non lo sono, tutt’altro: «Gli immigrati non davano fastidio al turismo, nessun turista li vedeva mai», ti dicono quelli che non condividono le politiche del governo. Ma anche se il turista non li vedeva, qui c’era un’angoscia insidiosa: facevi il bagno e sapevi che da qualche parte, su un letto azzurro, c’era qualcuno che aspettava di tornare a casa o di scappare. Ora non c’è quel pensiero di fondo, quel sottile dubbio che in questo mare, al largo, si potesse morire in traversata. «È un’isola diversa, quest’anno ce la godiamo», confermano a Ronchi due ragazzi di Como che fanno il bagno nella spiaggia della Guitgia. Solo che bisogna ripartire da zero. Il turismo quest’anno è crollato «del 50%, le politiche dei trasporti non ci aiutano, il volo da Milano può costare anche 550 euro», mostra i suoi calcoli l’assessore al Turismo Giovanni Sparma: «Le Pelagie sono al collasso. Hanno inciso negativamente le immagini dell’incendio nel centro dello scorso febbraio, proprio nel momento in cui le famiglie si stavano organizzando per le vacanze». Ma «ancora possiamo salvare la stagione - prova a sperare il sindaco, Bernardino de Rubeis, dell’Mpa - Bisogna riportare un po’ di serenità». Ronchi ha garantito che si farà promotore di un tavolo su Lampedusa con il neoministro per il Turismo Michela Vittoria Brambilla. Alla sala operativa della guardia di Finanza lo schermo radar non segnala nessun barcone in arrivo. Un gruppo di pescatori conferma: «Siamo contenti, ma adesso ci vuole un altro passo». E Luigi Solina, pescatore per trent’anni aggiunge: «Bravo Maroni, bravo il governo, ma ora scrivetelo che non ci sono più sbarchi, sono finiti! Bisogna fare un po’ di pubblicità a quest’isola bella».
Una barca in mezzo al mare, una bandierina con scritto Italia. Un cuore grande e dentro una cinquantina di piccoli cuori. Solo i disegni testimoniano che qui ha abitato qualcuno. Ci sono immagini e scritte in arabo, frasi al contrario, lasciate da sdraiati. Dicono della vita e della noia di chi dormiva qui. Ora è tutto vuoto, le porte socchiuse, i letti azzurri chiusi nella plastica. Operatori, soldati, carabinieri, finanzieri, fanno la guardia a un luogo dove si piangeva, si urlava e si bruciavano i materassi ma che ora è un deserto dei Tartari davanti a un mare chiaro come il cielo appena dopo l’alba. Un mare dove gli occhi non cercano più barconi carichi di immigrati. Ecco quello che chiamavano «lager» di Lampedusa, il centro per clandestini più sovraffollato d’Italia. A febbraio, quando andò a fuoco un padiglione, erano 863. Prima chi lavorava qui correva, non dormiva la notte, rispondeva a un milione di domande. Ora, da quella frontiera immaginaria che si chiama orizzonte, si aspettano carrette che probabilmente non arriveranno più. I letti, a castello, sono dodici per camerata. Su una parete ci sono macchie rosso scuro. Accanto a un cuscino ancora una bottiglia di acqua liscia. In infermeria una chitarra poggiata su una sedia. Tutto si è fermato da quando l’Italia ha avviato la politica dei respingimenti in mare con la Libia. Un poco alla volta il centro si è svuotato. Ora il numero degli ospiti è sceso a zero. Il centro è una fortezza Bastiani dove 89 persone rimangono assunte, perché il loro posto è tutelato, ma non stanno più lavorando: sono in attesa di un’invasione che è finita, e forse lo sarà per sempre. Il ministro per le Politiche europee Andrea Ronchi, ieri in visita qui sull’isola, ne è sicuro: «Lampedusa torna la perla del turismo, questo è il risultato del lavoro del governo. L’Europa ci ha lasciati soli, ha fatto da scaricabarile sull’immigrazione, ma siamo riusciti a essere guida in Europa, abbiamo bloccato l’infame commercio di esseri umani». Si torna indietro nel tempo, a prima che iniziassero gli sbarchi, le polemiche, le rivolte: «Possiamo dire che l’isola è stata restituita alla sua comunità». Due volontarie di Save the Children lo avvicinano: anche l’immigrato clandestino dà lavoro, assegna un significato all’esistenza di molti volontari e associazioni. In un certo senso su quest’isola c’è il complesso di esser definiti razzisti, ma i lampedusani non lo sono, tutt’altro: «Gli immigrati non davano fastidio al turismo, nessun turista li vedeva mai», ti dicono quelli che non condividono le politiche del governo. Ma anche se il turista non li vedeva, qui c’era un’angoscia insidiosa: facevi il bagno e sapevi che da qualche parte, su un letto azzurro, c’era qualcuno che aspettava di tornare a casa o di scappare. Ora non c’è quel pensiero di fondo, quel sottile dubbio che in questo mare, al largo, si potesse morire in traversata. «È un’isola diversa, quest’anno ce la godiamo», confermano a Ronchi due ragazzi di Como che fanno il bagno nella spiaggia della Guitgia. Solo che bisogna ripartire da zero. Il turismo quest’anno è crollato «del 50%, le politiche dei trasporti non ci aiutano, il volo da Milano può costare anche 550 euro», mostra i suoi calcoli l’assessore al Turismo Giovanni Sparma: «Le Pelagie sono al collasso. Hanno inciso negativamente le immagini dell’incendio nel centro dello scorso febbraio, proprio nel momento in cui le famiglie si stavano organizzando per le vacanze». Ma «ancora possiamo salvare la stagione - prova a sperare il sindaco, Bernardino de Rubeis, dell’Mpa - Bisogna riportare un po’ di serenità». Ronchi ha garantito che si farà promotore di un tavolo su Lampedusa con il neoministro per il Turismo Michela Vittoria Brambilla. Alla sala operativa della guardia di Finanza lo schermo radar non segnala nessun barcone in arrivo. Un gruppo di pescatori conferma: «Siamo contenti, ma adesso ci vuole un altro passo». E Luigi Solina, pescatore per trent’anni aggiunge: «Bravo Maroni, bravo il governo, ma ora scrivetelo che non ci sono più sbarchi, sono finiti! Bisogna fare un po’ di pubblicità a quest’isola bella».
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