Sono favorevole all’introduzione di un nuovo reato, quello d’immigrazione clandestina. Pur scrivendo che la nostra giustizia fa pena e che non si risolvono i problemi inventando reati, né, come pensa il Csm, risparmiandoseli (a proposito: Napolitano tuona contro il protagonismo, ma Cossiga impedì che si parlasse delle proposte governative). Ma quello ci vuole, perché non si tratta di alimentare illusioni all’interno dell’Italia, bensì di far giungere un messaggio a chi ne sta fuori: qui si entra in modo regolare, oppure non si entra. Ed aggiungo, a scanso d’equivoci, che i barconi c’entrano poco, perché solo una minoranza di clandestini arriva in quel modo. Anzi, quelli che arrivano via mare sono gli unici passibili d’intercettazione e riaccompagnamento, mentre quelli che si muovono sulla terra ferma non solo sono la grande maggioranza, ma fin quando non li becchi ad attraversare la frontiera possono ben dire di star facendo una passeggiata. Posto il favore verso il nuovo reato, però, si tratta d’intendersi su come utilizzarlo. Serve a poco, ad esempio, stabilire delle multe (a 5 a 10 mila euro). Questa è gente che non li ha, i soldi, ed è largamente probabile che siano già indebitati con i mercanti di carne umana, quelli che l’Onu vuole agevolare, con una fallimentare politica dell’accoglienza. Meno ancora sarebbe saggio condannarli alla detenzione, perché la punizione sarebbe ingiusta, costosa e, per giunta, le nostre prigioni già scoppiano. L’unica misura efficace, pertanto, è il fallimento del tentativo d’immigrazione, mediante immediata espulsione. Anche questo, però, è più facile a dirsi che a farsi, perché si combinano due cose: l’alto numero dei clandestini e la lentezza esasperante della giustizia. Il risultato è che prima dell’espulsione mi perdo l’espellendo, oppure che mi tocca pagare numerosi charter per portarli da dove sono partiti (al netto, naturalmente, dell’effettivo diritto al rifugio). Ciò significa che, anche in questo caso, il codicillo non risolve un accidente. Ma segna una direzione di marcia, indica la volontà di un Paese, che è lo stesso cui l’Unione Europea rimproverava d’essere troppo permeabile alla clandestinità, mettendo a rischio l’equilibrio di Shengen e la libera circolazione delle persone. Introducendo il reato di clandestinità l’Italia s’allinea ad altri Paesi europei, giustamente. E’ l’Europa istituzionale a restare latitante e ciarliera.
venerdì 12 giugno 2009
Clandestinità
Reato d'immigrazione di Davide Giacalone
Sono favorevole all’introduzione di un nuovo reato, quello d’immigrazione clandestina. Pur scrivendo che la nostra giustizia fa pena e che non si risolvono i problemi inventando reati, né, come pensa il Csm, risparmiandoseli (a proposito: Napolitano tuona contro il protagonismo, ma Cossiga impedì che si parlasse delle proposte governative). Ma quello ci vuole, perché non si tratta di alimentare illusioni all’interno dell’Italia, bensì di far giungere un messaggio a chi ne sta fuori: qui si entra in modo regolare, oppure non si entra. Ed aggiungo, a scanso d’equivoci, che i barconi c’entrano poco, perché solo una minoranza di clandestini arriva in quel modo. Anzi, quelli che arrivano via mare sono gli unici passibili d’intercettazione e riaccompagnamento, mentre quelli che si muovono sulla terra ferma non solo sono la grande maggioranza, ma fin quando non li becchi ad attraversare la frontiera possono ben dire di star facendo una passeggiata. Posto il favore verso il nuovo reato, però, si tratta d’intendersi su come utilizzarlo. Serve a poco, ad esempio, stabilire delle multe (a 5 a 10 mila euro). Questa è gente che non li ha, i soldi, ed è largamente probabile che siano già indebitati con i mercanti di carne umana, quelli che l’Onu vuole agevolare, con una fallimentare politica dell’accoglienza. Meno ancora sarebbe saggio condannarli alla detenzione, perché la punizione sarebbe ingiusta, costosa e, per giunta, le nostre prigioni già scoppiano. L’unica misura efficace, pertanto, è il fallimento del tentativo d’immigrazione, mediante immediata espulsione. Anche questo, però, è più facile a dirsi che a farsi, perché si combinano due cose: l’alto numero dei clandestini e la lentezza esasperante della giustizia. Il risultato è che prima dell’espulsione mi perdo l’espellendo, oppure che mi tocca pagare numerosi charter per portarli da dove sono partiti (al netto, naturalmente, dell’effettivo diritto al rifugio). Ciò significa che, anche in questo caso, il codicillo non risolve un accidente. Ma segna una direzione di marcia, indica la volontà di un Paese, che è lo stesso cui l’Unione Europea rimproverava d’essere troppo permeabile alla clandestinità, mettendo a rischio l’equilibrio di Shengen e la libera circolazione delle persone. Introducendo il reato di clandestinità l’Italia s’allinea ad altri Paesi europei, giustamente. E’ l’Europa istituzionale a restare latitante e ciarliera.
Sono favorevole all’introduzione di un nuovo reato, quello d’immigrazione clandestina. Pur scrivendo che la nostra giustizia fa pena e che non si risolvono i problemi inventando reati, né, come pensa il Csm, risparmiandoseli (a proposito: Napolitano tuona contro il protagonismo, ma Cossiga impedì che si parlasse delle proposte governative). Ma quello ci vuole, perché non si tratta di alimentare illusioni all’interno dell’Italia, bensì di far giungere un messaggio a chi ne sta fuori: qui si entra in modo regolare, oppure non si entra. Ed aggiungo, a scanso d’equivoci, che i barconi c’entrano poco, perché solo una minoranza di clandestini arriva in quel modo. Anzi, quelli che arrivano via mare sono gli unici passibili d’intercettazione e riaccompagnamento, mentre quelli che si muovono sulla terra ferma non solo sono la grande maggioranza, ma fin quando non li becchi ad attraversare la frontiera possono ben dire di star facendo una passeggiata. Posto il favore verso il nuovo reato, però, si tratta d’intendersi su come utilizzarlo. Serve a poco, ad esempio, stabilire delle multe (a 5 a 10 mila euro). Questa è gente che non li ha, i soldi, ed è largamente probabile che siano già indebitati con i mercanti di carne umana, quelli che l’Onu vuole agevolare, con una fallimentare politica dell’accoglienza. Meno ancora sarebbe saggio condannarli alla detenzione, perché la punizione sarebbe ingiusta, costosa e, per giunta, le nostre prigioni già scoppiano. L’unica misura efficace, pertanto, è il fallimento del tentativo d’immigrazione, mediante immediata espulsione. Anche questo, però, è più facile a dirsi che a farsi, perché si combinano due cose: l’alto numero dei clandestini e la lentezza esasperante della giustizia. Il risultato è che prima dell’espulsione mi perdo l’espellendo, oppure che mi tocca pagare numerosi charter per portarli da dove sono partiti (al netto, naturalmente, dell’effettivo diritto al rifugio). Ciò significa che, anche in questo caso, il codicillo non risolve un accidente. Ma segna una direzione di marcia, indica la volontà di un Paese, che è lo stesso cui l’Unione Europea rimproverava d’essere troppo permeabile alla clandestinità, mettendo a rischio l’equilibrio di Shengen e la libera circolazione delle persone. Introducendo il reato di clandestinità l’Italia s’allinea ad altri Paesi europei, giustamente. E’ l’Europa istituzionale a restare latitante e ciarliera.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
0 commenti:
Posta un commento