Analisi logica del linguaggio fumoso ma neanche tanto dietro il quale si cela un tentativo di ricatto permanente nei confronti del premier eletto dal popolo italiano nella sua maggioranza sovrana. O no? Ai golpe «bianco togati», con cortese collaborazione di due-tre quotidiani e qualche canale tv, siamo purtroppo abituati, ma non rassegnati, ci mancherebbe visti gli attuali rapporti di forze. Fanno da solerti scrivani del partito del ricatto, quello che il direttore Ezio Mauro vorrebbe armare tutto unito di nuovo se non altro contro Berlusconi, il tandem Bonini-D'Avanzo, che questa volta si sono esibiti in un minuetto separato ma convergente di dico non dico, alludo ma non preciso, insinuo ma mi ritiro, di rara mascalzonaggine, evitando naturalmente e accuratamente di formulare una sola accusa, di descrivere una sola infamia, di quelle che potrebbero giustificatamente non solo far dimettere ma gettare nel fango chi, ai vertici d'Italia, se ne fosse macchiato. Giù le prove se le avete, viene voglia di dir loro, oppure tacete. Invece no, ecco qualche esempio delle accuse abortite. «Quello che colpisce delle sequenze in cui le ragazze vengono ritratte, non è tanto quel che fanno (c'è una doccia, ma non è saffica, tanto per dirne una), ma come appaiono. Alcune sembrano avere tratti slavi. E, nonostante vengano tutte riprese sempre in pieno giorno (normalmente tra le 13 le 16), è come se indossassero un costume di scena. Passeggiano nel parco non in jeans o in scarpe da ginnastica, ma con stivali in velluto (viola, bianchi) scarpe dai tacchi alti, ridottissime minigonne, abiti colorati che ne fasciano i corpi». Capito? Passeggiano nel parco, attività notoriamente sospetta, vestite come qualunque intrattenitrice tv fin dalle 7 del mattino, ma anche come qualunque giovin virgulto, pure aristocratico, che presenzi a un evento mondano. Continuiamo. «Il presidente del Consiglio, quando appare tra loro (in due sole occasioni), indossa un pullover blu, dimostra confidenza. In un caso, le invita (si distingue una ragazza bruna dall'abito giallo acceso) a seguirlo all'interno della villa. In un altro - è il pomeriggio del 17 maggio - da quelle ragazze è circondato. Se ne contano cinque. Giovani. Gli fanno da corona mentre, in un patio della villa circondato da una macchia lussureggiante, il Presidente fa strada verso un kart da golf, di cui si metterà alla guida». Essendo evidente che indossare un maglione, per di più blu, e mettersi alla guida di una macchinetta da golf preludono a orgia sicura. Un altro periodo che svela fino in fondo il tentativo di buttar fango anche sulle attività internazionali, sui doveri diplomatici, su personaggi che hanno nel mondo incarichi importanti: «Dell'ex premier ceco Mirek Topolanek, si è scritto e si è visto (il quotidiano spagnolo El Pais ha pubblicato il 6 giugno scorso la foto di uno dei suoi nudi a bordo piscina). Ma anche in questo caso, Zappadu sembra avere del metodo nel fissare le immagini delle figure maschili che, talvolta, occupano la scena. Come se volesse agganciare nel contesto delle ragazze altri uomini, altri testimoni, che non siano il solo Presidente del Consiglio». Sentite D'Avanzo: «Le foto sono caste ma non innocenti», e a proposito degli ospiti «Sono avanti con gli anni. Hanno i capelli bianchi. Chi sono? Amici del presidente o dignitari stranieri? E in questo caso, di quale Paese?». Si capisce che, dato che ci sono, D'Avanzo e la Repubblica di governi ne farebbero volentieri fuori sette-otto, non solo quello italiano, magari riuscendo ad annullare l'effetto delle ultime elezioni europee, per tornare todos zapateros. La costruzione del ricatto si fonda sul fotografo eletto dalla Repubblica a eroe nazionale della Resistenza, che tra Villa Certosa e l'aeroporto di Olbia, dal 2006 al 2009, ha dichiarato di aver scattato non le settecento sequestrate ma nientemeno che cinquemila foto. Lo ha fatto, certo, alla faccia della sicurezza che dovrebbe circondare il primo ministro, lo ha fatto anche perché non c'era evidentemente nulla da nascondere nella residenza privata, di proprietà privata, del primo ministro. Resta il pericolo di un buco neanche tanto piccolo nel controllo della vita di uno statista al governo. «Nulla di pruriginoso - dice ora delle foto Zappadu, quotidianamente intervistato dalla Repubblica - piuttosto direi immagini politicamente imbarazzanti». Come quella, racconta, della primavera 2008 di Berlusconi ripreso nei giardini della villa in un finto matrimonio con una ragazza. «Ci sono il bouquet di fiori e un gruppo di altre ragazze intorno a loro - dice - che applaudono divertite». Poi ci sono le foto degli spostamenti di Berlusconi da e per il continente con voli di Stato e Fininvest. E Zappadu aggiunge: «Nuove foto usciranno presto e non in Italia». Con l'uomo, già noto per la sua fraterna amicizia con il bandito Graziano Mesina, c'è il suo avvocato, Giammaria Uggias, neoeletto deputato europeo con l'Italia dei valori di Antonio Di Pietro. Intervistato dalla colombiana Radio Caracol, il nostro eroe ha sostenuto serenamente che «in Italia c'è un problema di libertà di stampa, perché ora non si possono fare foto su niente». Zappadu dice che il premier «ha posto molti ostacoli alla stampa italiana». Il fotografo, che è sposato con una colombiana da cui ha avuto due figli, ha detto a Radio Caracol di avere paura: «Ho più paura di Berlusconi che della Farc», ovvero la guerriglia terrorista colombiana, quella per capirci che ha tenuto prigioniera per anni Ingrid Betancourt e molti altri innocenti, sulla quale ha raccontato di aver fatto dei reportage nel passato. Nella fragile e cruenta democrazia colombiana, che evidentemente preferisce a quella italiana, attraverso l'agenzia Ecoprensa, Zappadu ha venduto all'estero le foto, prima che la magistratura italiana procedesse al sequestro. Vada il prode Zappadu a provarsi a scattare foto nel palazzo del presidente colombiano, Alvaro Uribe, tenti di riprendere il re di Spagna Juan Carlos in attività privata. Se ci riesce, se non gli sparano, provi a venderle quelle foto. Scoprirà che in quei Paesi semplicemente non si pubblica. Capito dov'è la censura?
sabato 13 giugno 2009
Ma finitela, maiali!
Quel ricatto quotidiano a Berlusconi di Maria Giovanna Maglie
Analisi logica del linguaggio fumoso ma neanche tanto dietro il quale si cela un tentativo di ricatto permanente nei confronti del premier eletto dal popolo italiano nella sua maggioranza sovrana. O no? Ai golpe «bianco togati», con cortese collaborazione di due-tre quotidiani e qualche canale tv, siamo purtroppo abituati, ma non rassegnati, ci mancherebbe visti gli attuali rapporti di forze. Fanno da solerti scrivani del partito del ricatto, quello che il direttore Ezio Mauro vorrebbe armare tutto unito di nuovo se non altro contro Berlusconi, il tandem Bonini-D'Avanzo, che questa volta si sono esibiti in un minuetto separato ma convergente di dico non dico, alludo ma non preciso, insinuo ma mi ritiro, di rara mascalzonaggine, evitando naturalmente e accuratamente di formulare una sola accusa, di descrivere una sola infamia, di quelle che potrebbero giustificatamente non solo far dimettere ma gettare nel fango chi, ai vertici d'Italia, se ne fosse macchiato. Giù le prove se le avete, viene voglia di dir loro, oppure tacete. Invece no, ecco qualche esempio delle accuse abortite. «Quello che colpisce delle sequenze in cui le ragazze vengono ritratte, non è tanto quel che fanno (c'è una doccia, ma non è saffica, tanto per dirne una), ma come appaiono. Alcune sembrano avere tratti slavi. E, nonostante vengano tutte riprese sempre in pieno giorno (normalmente tra le 13 le 16), è come se indossassero un costume di scena. Passeggiano nel parco non in jeans o in scarpe da ginnastica, ma con stivali in velluto (viola, bianchi) scarpe dai tacchi alti, ridottissime minigonne, abiti colorati che ne fasciano i corpi». Capito? Passeggiano nel parco, attività notoriamente sospetta, vestite come qualunque intrattenitrice tv fin dalle 7 del mattino, ma anche come qualunque giovin virgulto, pure aristocratico, che presenzi a un evento mondano. Continuiamo. «Il presidente del Consiglio, quando appare tra loro (in due sole occasioni), indossa un pullover blu, dimostra confidenza. In un caso, le invita (si distingue una ragazza bruna dall'abito giallo acceso) a seguirlo all'interno della villa. In un altro - è il pomeriggio del 17 maggio - da quelle ragazze è circondato. Se ne contano cinque. Giovani. Gli fanno da corona mentre, in un patio della villa circondato da una macchia lussureggiante, il Presidente fa strada verso un kart da golf, di cui si metterà alla guida». Essendo evidente che indossare un maglione, per di più blu, e mettersi alla guida di una macchinetta da golf preludono a orgia sicura. Un altro periodo che svela fino in fondo il tentativo di buttar fango anche sulle attività internazionali, sui doveri diplomatici, su personaggi che hanno nel mondo incarichi importanti: «Dell'ex premier ceco Mirek Topolanek, si è scritto e si è visto (il quotidiano spagnolo El Pais ha pubblicato il 6 giugno scorso la foto di uno dei suoi nudi a bordo piscina). Ma anche in questo caso, Zappadu sembra avere del metodo nel fissare le immagini delle figure maschili che, talvolta, occupano la scena. Come se volesse agganciare nel contesto delle ragazze altri uomini, altri testimoni, che non siano il solo Presidente del Consiglio». Sentite D'Avanzo: «Le foto sono caste ma non innocenti», e a proposito degli ospiti «Sono avanti con gli anni. Hanno i capelli bianchi. Chi sono? Amici del presidente o dignitari stranieri? E in questo caso, di quale Paese?». Si capisce che, dato che ci sono, D'Avanzo e la Repubblica di governi ne farebbero volentieri fuori sette-otto, non solo quello italiano, magari riuscendo ad annullare l'effetto delle ultime elezioni europee, per tornare todos zapateros. La costruzione del ricatto si fonda sul fotografo eletto dalla Repubblica a eroe nazionale della Resistenza, che tra Villa Certosa e l'aeroporto di Olbia, dal 2006 al 2009, ha dichiarato di aver scattato non le settecento sequestrate ma nientemeno che cinquemila foto. Lo ha fatto, certo, alla faccia della sicurezza che dovrebbe circondare il primo ministro, lo ha fatto anche perché non c'era evidentemente nulla da nascondere nella residenza privata, di proprietà privata, del primo ministro. Resta il pericolo di un buco neanche tanto piccolo nel controllo della vita di uno statista al governo. «Nulla di pruriginoso - dice ora delle foto Zappadu, quotidianamente intervistato dalla Repubblica - piuttosto direi immagini politicamente imbarazzanti». Come quella, racconta, della primavera 2008 di Berlusconi ripreso nei giardini della villa in un finto matrimonio con una ragazza. «Ci sono il bouquet di fiori e un gruppo di altre ragazze intorno a loro - dice - che applaudono divertite». Poi ci sono le foto degli spostamenti di Berlusconi da e per il continente con voli di Stato e Fininvest. E Zappadu aggiunge: «Nuove foto usciranno presto e non in Italia». Con l'uomo, già noto per la sua fraterna amicizia con il bandito Graziano Mesina, c'è il suo avvocato, Giammaria Uggias, neoeletto deputato europeo con l'Italia dei valori di Antonio Di Pietro. Intervistato dalla colombiana Radio Caracol, il nostro eroe ha sostenuto serenamente che «in Italia c'è un problema di libertà di stampa, perché ora non si possono fare foto su niente». Zappadu dice che il premier «ha posto molti ostacoli alla stampa italiana». Il fotografo, che è sposato con una colombiana da cui ha avuto due figli, ha detto a Radio Caracol di avere paura: «Ho più paura di Berlusconi che della Farc», ovvero la guerriglia terrorista colombiana, quella per capirci che ha tenuto prigioniera per anni Ingrid Betancourt e molti altri innocenti, sulla quale ha raccontato di aver fatto dei reportage nel passato. Nella fragile e cruenta democrazia colombiana, che evidentemente preferisce a quella italiana, attraverso l'agenzia Ecoprensa, Zappadu ha venduto all'estero le foto, prima che la magistratura italiana procedesse al sequestro. Vada il prode Zappadu a provarsi a scattare foto nel palazzo del presidente colombiano, Alvaro Uribe, tenti di riprendere il re di Spagna Juan Carlos in attività privata. Se ci riesce, se non gli sparano, provi a venderle quelle foto. Scoprirà che in quei Paesi semplicemente non si pubblica. Capito dov'è la censura?
Analisi logica del linguaggio fumoso ma neanche tanto dietro il quale si cela un tentativo di ricatto permanente nei confronti del premier eletto dal popolo italiano nella sua maggioranza sovrana. O no? Ai golpe «bianco togati», con cortese collaborazione di due-tre quotidiani e qualche canale tv, siamo purtroppo abituati, ma non rassegnati, ci mancherebbe visti gli attuali rapporti di forze. Fanno da solerti scrivani del partito del ricatto, quello che il direttore Ezio Mauro vorrebbe armare tutto unito di nuovo se non altro contro Berlusconi, il tandem Bonini-D'Avanzo, che questa volta si sono esibiti in un minuetto separato ma convergente di dico non dico, alludo ma non preciso, insinuo ma mi ritiro, di rara mascalzonaggine, evitando naturalmente e accuratamente di formulare una sola accusa, di descrivere una sola infamia, di quelle che potrebbero giustificatamente non solo far dimettere ma gettare nel fango chi, ai vertici d'Italia, se ne fosse macchiato. Giù le prove se le avete, viene voglia di dir loro, oppure tacete. Invece no, ecco qualche esempio delle accuse abortite. «Quello che colpisce delle sequenze in cui le ragazze vengono ritratte, non è tanto quel che fanno (c'è una doccia, ma non è saffica, tanto per dirne una), ma come appaiono. Alcune sembrano avere tratti slavi. E, nonostante vengano tutte riprese sempre in pieno giorno (normalmente tra le 13 le 16), è come se indossassero un costume di scena. Passeggiano nel parco non in jeans o in scarpe da ginnastica, ma con stivali in velluto (viola, bianchi) scarpe dai tacchi alti, ridottissime minigonne, abiti colorati che ne fasciano i corpi». Capito? Passeggiano nel parco, attività notoriamente sospetta, vestite come qualunque intrattenitrice tv fin dalle 7 del mattino, ma anche come qualunque giovin virgulto, pure aristocratico, che presenzi a un evento mondano. Continuiamo. «Il presidente del Consiglio, quando appare tra loro (in due sole occasioni), indossa un pullover blu, dimostra confidenza. In un caso, le invita (si distingue una ragazza bruna dall'abito giallo acceso) a seguirlo all'interno della villa. In un altro - è il pomeriggio del 17 maggio - da quelle ragazze è circondato. Se ne contano cinque. Giovani. Gli fanno da corona mentre, in un patio della villa circondato da una macchia lussureggiante, il Presidente fa strada verso un kart da golf, di cui si metterà alla guida». Essendo evidente che indossare un maglione, per di più blu, e mettersi alla guida di una macchinetta da golf preludono a orgia sicura. Un altro periodo che svela fino in fondo il tentativo di buttar fango anche sulle attività internazionali, sui doveri diplomatici, su personaggi che hanno nel mondo incarichi importanti: «Dell'ex premier ceco Mirek Topolanek, si è scritto e si è visto (il quotidiano spagnolo El Pais ha pubblicato il 6 giugno scorso la foto di uno dei suoi nudi a bordo piscina). Ma anche in questo caso, Zappadu sembra avere del metodo nel fissare le immagini delle figure maschili che, talvolta, occupano la scena. Come se volesse agganciare nel contesto delle ragazze altri uomini, altri testimoni, che non siano il solo Presidente del Consiglio». Sentite D'Avanzo: «Le foto sono caste ma non innocenti», e a proposito degli ospiti «Sono avanti con gli anni. Hanno i capelli bianchi. Chi sono? Amici del presidente o dignitari stranieri? E in questo caso, di quale Paese?». Si capisce che, dato che ci sono, D'Avanzo e la Repubblica di governi ne farebbero volentieri fuori sette-otto, non solo quello italiano, magari riuscendo ad annullare l'effetto delle ultime elezioni europee, per tornare todos zapateros. La costruzione del ricatto si fonda sul fotografo eletto dalla Repubblica a eroe nazionale della Resistenza, che tra Villa Certosa e l'aeroporto di Olbia, dal 2006 al 2009, ha dichiarato di aver scattato non le settecento sequestrate ma nientemeno che cinquemila foto. Lo ha fatto, certo, alla faccia della sicurezza che dovrebbe circondare il primo ministro, lo ha fatto anche perché non c'era evidentemente nulla da nascondere nella residenza privata, di proprietà privata, del primo ministro. Resta il pericolo di un buco neanche tanto piccolo nel controllo della vita di uno statista al governo. «Nulla di pruriginoso - dice ora delle foto Zappadu, quotidianamente intervistato dalla Repubblica - piuttosto direi immagini politicamente imbarazzanti». Come quella, racconta, della primavera 2008 di Berlusconi ripreso nei giardini della villa in un finto matrimonio con una ragazza. «Ci sono il bouquet di fiori e un gruppo di altre ragazze intorno a loro - dice - che applaudono divertite». Poi ci sono le foto degli spostamenti di Berlusconi da e per il continente con voli di Stato e Fininvest. E Zappadu aggiunge: «Nuove foto usciranno presto e non in Italia». Con l'uomo, già noto per la sua fraterna amicizia con il bandito Graziano Mesina, c'è il suo avvocato, Giammaria Uggias, neoeletto deputato europeo con l'Italia dei valori di Antonio Di Pietro. Intervistato dalla colombiana Radio Caracol, il nostro eroe ha sostenuto serenamente che «in Italia c'è un problema di libertà di stampa, perché ora non si possono fare foto su niente». Zappadu dice che il premier «ha posto molti ostacoli alla stampa italiana». Il fotografo, che è sposato con una colombiana da cui ha avuto due figli, ha detto a Radio Caracol di avere paura: «Ho più paura di Berlusconi che della Farc», ovvero la guerriglia terrorista colombiana, quella per capirci che ha tenuto prigioniera per anni Ingrid Betancourt e molti altri innocenti, sulla quale ha raccontato di aver fatto dei reportage nel passato. Nella fragile e cruenta democrazia colombiana, che evidentemente preferisce a quella italiana, attraverso l'agenzia Ecoprensa, Zappadu ha venduto all'estero le foto, prima che la magistratura italiana procedesse al sequestro. Vada il prode Zappadu a provarsi a scattare foto nel palazzo del presidente colombiano, Alvaro Uribe, tenti di riprendere il re di Spagna Juan Carlos in attività privata. Se ci riesce, se non gli sparano, provi a venderle quelle foto. Scoprirà che in quei Paesi semplicemente non si pubblica. Capito dov'è la censura?
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3 commenti:
Sento puzza di un abile ordito straniero. Zappadu va in Colombia dove il presidente colombiano è amico dei "narcos", ma quello è nei fatti territorio americano in stile Kossovo, tanto per intenderci. E per il Berlusca sono pronti altri due trappoloni: il viaggio in Usa da Obama e il G8 all'Aquila. Questo schifo di campagna elettorale, a quanto pare non finisce mai. Nemmeno dopo il voto e i risultati.
Sul serio Nessie, io non riesco a capacitarmi di tutto questo...
Eppure è semplice: Berlusconi sta cercando di fare innanzitutto i "fatti nostri". Cioè dell'Italia. E questo non piace alle potenze straniere. Usa e GB in testa.
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