La storia di un flop non annunciato
Fermo Prende il via a pieno regime l’era Cesetti in Provincia. Il centrosinistra comincia a ragionare sui nomi che andranno a comporre la squadra di governo. Già oggi il presidente andrà nella sede provinciale per incontrare il segretario generale e mettere a punto la tabella di marcia. Entro venti giorni dalla proclamazione (che dovrebbe arrivare oggi) deve esserci l’insediamento del Consiglio. Cesetti dovrebbe presentare la giunta “auspicabilmente entro il 10 luglio”. Questi i tempi dei vincitori.
Cronistoria di una sconfitta: Aria tesa e nubi all’orizzonte invece, nel centrodestra dove si fatica ancora a digerire una sconfitta tanto inaspettata quanto pesante. Il clima è, più che mai, da fratelli coltelli. Saturnino Di Ruscio, ieri mattina, era come sempre alle otto in Comune “a svolgere il mio ruolo di sindaco”. Ha poca voglia di parlare, per ora. Ma nel centrodestra si respira aria da resa dei conti. Due le correnti di pensiero che si fronteggiano: quelli che ce l’hanno con Gianni Basso e quelli che invece se la prendono con Franca Romagnoli, la coordinatrice provinciale del Pdl, considerata la principale sponsor di quel Di Ruscio che “non è riuscito a vincere neppure a casa sua” e che lei ha invece sostenuto senza se e senza ma, pure a costo di provocare spaccature e divisioni nella coalizione. La sconfitta del centrodestra è l’epilogo di una campagna elettorale cominciata male e finita peggio. Tanto Cesetti ha azzeccato tutte le mosse, quanto Di Ruscio e Co. le hanno sbagliate tutte. Partito come favoritissimo, il centrodestra è riuscito a perdere sul campo tutto il margine di vantaggio accumulato nel tempo.
Primo errore: Colpa dell’ambizione sfrenata che ha accecato sia Saturnino Di Ruscio che Gianni Basso. Due sindaci, il primo in carica, il secondo a fine corsa, che avevano il sogno (legittimo) di diventare presidente della Provincia. “Li ho pregati di mettersi d’accordo - racconta Remigio Ceroni, onorevole e coordinatore regionale del Pdl - non c’è stato verso di farli ragionare”. E’ mancata, da ambo le parti, l’umiltà di fare un passo indietro per favorire la coesione. E’ mancata a Basso, convinto - lo va ripetendo ancora oggi - di essere l’unico in grado di vincere e di avere appeal sull’elettorato. E’ mancata a Di Ruscio per gli stessi identici motivi. C’è una piccola differenza, tra i due però: il sindaco di Fermo è riuscito a creare fin da subito intorno a sé l’appoggio dei partiti della coalizione. Era ancora inverno quando Alleanza nazionale (non c’era ancora il Pdl) e la Lega uscirono allo scoperto per garantire sostegno a Di Ruscio. Seguirono a ruota l’Udc di Casini e un movimento civico che coinvolgeva anche diversi sindaci del Fermano. Mancava solo la componente di Forza Italia, che ha provato fino alla fine a mediare. Ma di fronte alla cocciutaggine degli altri partiti (della Romagnoli in primis), ha dovuto ripiegare, forse ob torto collo, su Di Ruscio.
Secondo errore: A quel punto, per il bene di quella coalizione al quale Basso si appella oggi per giustificare quell’accordo raffazzonato e poco credibile siglato con Di Ruscio a cinque giorni dal ballottaggio, il sindaco di Montegranaro avrebbe dovuto fare un passo indietro. Era nelle cose. Ma invece non c’è stato. Per ripicca, si è inventato un rocambolesco passaggio nell’Mpa di Raffaele Lombardo, ha messo insieme una lista civica e la Destra e ha lanciato la sfida “mortale”. Da questo momento in poi la campagna elettorale prende una piega sbagliata. I due passano più tempo a beccarsi tra di loro che a combattere Cesetti. Il primo turno si chiude con il candidato della Sinistra davanti e con Di Ruscio e Basso entrambi delusi dal risultato ottenuto (Di Ruscio era convinto di vincere al primo turno, Basso era sicuro - così diceva - di arrivare al 13-15%).
Terzo errore: E’ a quel punto che il centrodestra prende coscienza del rischio di una sonora sconfitta. Si prova a correre ai ripari ma la gatta frettolosa fa i figli ciechi. Nella concitazione di quelle ore, va in scena un nuovo braccio di ferro tra Basso e Di Ruscio. Il primo vuole l’apparentamento, il secondo - che è notoriamente vendicativo (vedi caso Romanella) - non vorrebbe neppure fare un accordo. Si tratta sui posti, la coalizione si logora, i sostenitori dell’uno e dell’altro sono nervosi. Si arriva ad un accordo raffazzonato, che non accontenta né l’uno né l’altro. Quel lunedì 15 giugno, quando all’ex Ferdin Di Ruscio e Basso si stringono la mano, la tensione si taglia a fette. Di Ruscio è costretto a mandar giù l’amaro calice regalando la vicepresidenza a Basso, questi a dire che “Di Ruscio è il miglior candidato alla presidenza che esiste”. Era chiaro a tutti che bluffasse. La conferma è arrivata da lui stesso l’altro ieri. “Di Ruscio? Candidatura sbagliata, l’ho sempre detto”, dice Basso a commento della sconfitta. Ma se Di Ruscio avesse vinto non ne avrebbe fatto il vice? C’è poi un altro mistero. Di Ruscio ha clamorosamente perso a Fermo. Ma anche a Montegranaro è successo qualcosa. Basso e Co. imputano la sconfitta al tradimento di Endrio Ubaldi che ha dichiarato di votare per Di Ruscio ma avrebbe lavorato sotto sotto per Cesetti. Vero? Non vero? E’ un altro capitolo di veleni. Sta di fatto che Basso bluffava anche quando diceva, per alzare il prezzo, che a lui sarebbero scattati due consiglieri e che quegli ottomila e passa voti erano tutti suoi personali. Non era così. Romanella docet.
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