venerdì 26 giugno 2009

Gli ipocriti

Le prediche dei cattolici ipocriti di Luigi Amicone

Nel Vangelo di Matteo Gesù designa «farisei» e «falsi profeti» come «lupi vestiti da agnelli». Sembra proprio fare al caso nostro. Con il suo tratto tipicamente mellifluo, come di un san Paolo trascinato in catene e recluso nelle viscere di Roma in attesa di essere suppliziato dal Nerone di turno - e invece egli predica dalla prima pagina di Repubblica, simbolo di un potere ultrasecolarizzato, irreligioso e conformista – il teologo Vito Mancuso ha scomodato ieri i profeti e la lunga schiera dei «beati» cattolici-democratici, per fiancheggiare la Famiglia Cristiana di don Sciortino nella richiesta di «una netta e pubblica condanna dei comportamenti dell’attuale capo del governo per il disprezzo della morale cattolica che essi rivelano». Già, per questo tipo di cattolico, con la postura da vittima sacrificale e la realtà simbiotica al fior fiore del clero potente, superbo, curiale, che ha in Romano Prodi e Dario Franceschini i suoi preclari referenti politici, non contano i fatti di governo, contano i «comportamenti morali». Già, per costoro il sostegno all’otto per mille con cui la chiesa campa e lavora tra la gente, la difesa della scuola cattolica, il decreto per Eluana, la difesa della famiglia intesa come alleanza tra uomo e donna, non sono nulla. Per loro qualunque Costantino sarebbe stato da mandare al rogo perché, come predicava Savonarola, è la «morale cattolica» che conta. Che peccato. Chiedono la condanna di Silvio Berlusconi per il suo «disprezzo della morale cattolica». Ma siamo sicuri che il cattolicesimo insegna che un politico debba essere giudicato in base alla sua condotta rispetto alla «morale cattolica» piuttosto che per l’efficacia e bontà della sua azione di governo (anche nei confronti della Chiesa)? Non solo c’è da dubitarne, ma è totalmente fuori da ogni dottrina teologica e sociale della chiesa questa posizione che rinvia alle più classiche delle eresie, il manicheismo. In realtà la chiesa insegna, a prescindere da qualunque credo o nefandezza morale di cui si possa macchiare l’autorità politica, che «si facciano suppliche e preghiere per i re e per tutte le autorità, affinché possiamo menare una vita quieta e tranquilla con tutta pietà e onestà» (San Paolo, 1 Tim. 2, 1-2). Ma non occorre scomodare i santi, parecchi dei quali furono assassini (san Paolo), dissoluti (san Camillo de Lellis), fornicatori (sant’Agostino), per rammentare che la Chiesa, fin dagli inizi paolini (meditate Paolini, meditate), non invitò mai a sostenere Principi e Imperatori perché i loro comportamenti non erano disdicevoli rispetto alla cosiddetta «morale cattolica». La chiesa, certo, ha sempre chiamato alla conversione dei cuori. Ma «conversione», cattolicamente parlando, è il conformarsi dei cuori e, a Dio piacendo, delle conseguenti azioni umane, a Gesù Cristo, a imitazione della vita di Gesù, non alla morale. O c’è bisogno che si ricordi al chierico Mancuso (che certamente sarebbe stato tra gli astanti farisei schifati dalla pubblica moralità del Nazareno), questo Gesù che «andava con i pubblicani e siedeva con le prostitute»? È significativo che il teologo dell’agonia catto-democratica badi bene a definirsi cattolico osservante. Che ipocrisia. Quanti politici fanno a gara per mettersi sotto le ali del cattolicesimo per sostenere tutto e il contrario di tutto? Comodo essere per i Dico della Bindi, per la moralità secondo Luxuria, per l’idea di sacralità della vita secondo Beppino Englaro e poi dire, da Dario Franceschini a Romano Prodi: «Ma io sono cattolico!». Il diavolo però fa le pentole. È il coperchio che dimentica sempre. E infatti, puntuale, l’angelico Mancuso dice di avere una ispirazione profetica. Mentre basta leggere la carrellata che Mancuso fa della storia della chiesa per capire che il suo approccio è quello dell’«ateo perfetto» Eugenio Scalfari. Suppone di non sapere, il teologo sois disant «cattolico», che la visione della storia della Chiesa che egli offre - visione centrata sull’idea di un continuum di alleanza tra il Trono e l’Altare - non è una visione della chiesa. Ma la caricatura grottesca della chiesa. Quando sessant’anni orsono Pier Paolo Pasolini venne denunciato dai preti filo democristiani e venne poi espulso dal Partito comunista italiano «per indegnità morale» a causa della sua omosessualità, in una lettera a un compagno partigiano scrisse: «Non mi meraviglia la perfidia democristiana, mi meraviglia la vostra disumanità». Ecco, i cascami dell’ultimo cattolicesimo democratico riescono a compiere il miracolo che non riuscì né ai democristiani né ai comunisti. Il miracolo di unire la perfidia democristiana alla disumanità comunista.

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